banda http://blografando.splinder.com

lunedì 24 settembre 2007

New York, Ahmadinejad attacca: "Israele razzista, non lo riconosciamo".

Giornata fitta di appuntamenti per il leader iraniano. Incontra i giornalisti nel suo albergo, poi in videoconferenza. Tafferugli alla Columbia University.

"Perchè non mi fanno parlare in un paese libero?". Orgoglioso perchè "in Iran non ci sono omosessuali" Il rettore dell'università lo attacca in pubblico: "E' un crudele dittatore. L'occidente prova repulsione"

(Corriere della Sera) NEW YORK - L'Iran non riconosce Israele, perché "è un regime basato sulla discriminazione e l'occupazione": lo ha detto il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, rispondendo in videoconferenza da New York ai giornalisti a Washington. Ahmadinejad ha anche ribadito i propri interrogativi sull'Olocausto, chiedendosi perché "se è davvero una realtà, non vengono permesse più ricerche". Inoltre se l'Olocausto è avvenuto in Europa, "perchè devono pagarne le conseguenze i palestinesi?".

Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad in visita ufficiale negli Stati Uniti è un fiume in piena di dichiarazioni, annunci e appelli; ha un'agenda fitta di appuntamenti con i giornalisti e domani è atteso al Palazzo di Vetro sulla First avenue. Un blitz mediatico che non piace affatto alla Casa Bianca e a molti opinionisti statunitensi, anche democratici. Ahmadinejad ha già dimostrato di essere un abile comunicatore, uno che sa sfruttare tempi e modi della comunicazione. New York, poi, è un proscenio perfetto per mandare messaggi e dettare l'agenda della politica estera internazionale. Il leader iraniano aveva chiesto di poter andare a visitare Ground Zero. Una scelta che assomiglia tanto a una provocazione. Non se ne parla neppure, gli ha risposto la Casa Bianca. "Una farsa" l'ha definita il segretario di Stato Condoleezza Rice: "Abbiamo detto più volte che siamo pronti a cambiare se gli iraniani cambiano e sospendono il processo di arricchimento dell'uranio". Una condizione imprescindibile.

Prima tappa del blitz mediatico è stato l'incontro con un gruppo di ebrei ortodossi anti-sionisti che si batte per lo smantellamento pacifico dello stato di Israele.

"Ahmadinejad non è contro Israele, non è contro gli ebrei. Ha fatto del bene a Israele con donazioni di beneficenza" ha detto Ysroel Dovid Weiss, portavoce del gruppo che lo ha incontrato nel suo albergo a Midtown. Poi il presidente iraniano si è diffuso nello spiegare ai giornalisti che l'Iran "ha sempre avuto una politica difensiva, non offensiva" e che non ha mai cercato di "espandere il suo territorio". Ahmadinejad non crede poi che gli Stati Uniti stiano preparandosi ad attaccare l'Iran. E' solo propaganda e rabbia: "Molto di questo tipo di discorso nasce da rabbia. Inoltre serve a scopi elettorali interni in questo paese. Terzo, serve come copertura per il fallimento della politica in Iraq".

Dopo le esternazioni nella hall dell'albergo, il leader
iraniano ha preso parte alla video-conferenza con i giornalisti del National Press Club di Washington mentre fuori c'erano cori di proteste organizzati da organizzazioni filo israeliane. "Sono sorpreso che in un paese che dice di avere la libertà di espressione, ci siano persone che vogliono prevenire altre dal parlare" ha detto. E poi, nuovo maestro di libertà: "L'Iran si oppone al modo in cui il governo americano gestisce le vicende mondiali. E' sbagliato e punta allo spargimento di sangue". E se fosse potuto andare a Ground zero, avrebbe "sollevato domande sulle cause di fondo che hanno provocato la strage". Infine: "L'Iran è il paese più libero e più illuminato del mondo. Comprese le donne". Chi dice il contrario, come Amnesty International e Reporters sans frontieres, "non è mai stato in Iran".

Il dibattito alla Columbia University è cominciato con un attacco durissimo del presidente Lee Bollinger: "E' un crudele dittatore. Oggi sento sulle mie spalle il peso del mondo civilizzato moderno che anela a esprimere la repulsione verso quello che lei rappresenta". Secca la replica: "Solo insulti, è stato un trattamento non amichevole". Nei pressi del campus, che ha chiuso i cancelli, ci sono tafferugli e disordini. Poi il presidente iraniano ha cercato di spiegare che il suo paese è "il più libero del mondo"; non è vero che chi protesta viene arrestato; la condizione femminile è "eccellente". E poi: "Da noi non ci sono omosessuali come qui da voi". Pegah, infatti, giovane donna omosessuale, finiva sulla forca se non avesse trovato asilo in Inghilterra. Sul nucleare, infine, "è un nostro diritto quello di avere il nucleare pacifico. I tecnici dell'Aiea non hanno trovato nulla".

Per oggi può bastare. Domani sarà il grande giorno, all'Assemblea Generale dell'Onu.

Sphere: Related Content

Lachapelle rilegge Michelangelo

Domani a Milano una mostra del celebre fotografo americano.
(ANSA)- Il fotografo David La Chapelle presentera' domani a Milano una mostra ispirata ai capolavori michelangioleschi del ciclo 'Deluge' (Diluvio).L'evento si terra' a Palazzo Reale, nel cuore della settimana della moda milanese. Con le sue 350 immagini, e' la piu' ampia e completa esposizione dedicata al fotografo americano, lanciato a 18 anni da Andy Warhol. La Chapelle nel ciclo 'Diluvio' denuncia la corsa al consumismo e la caduta di valori universali quali l'alleanza tra i popoli e la pietà.

Sphere: Related Content

Grillo, la Sinistra e trecentomila qualunquisti.

(Marcello Franciosa - www.iniziativa.info) E’ un fatto: la Sinistra italiana ignora la piazza e non sa raccogliere e indirizzare i fermenti e le effervescenze che da questa derivano. Gli ultimi dieci anni insegnano. Vari movimenti non partitici sono nati dalla necessità di dare voce a determinate urgenze del cittadino, dalla precarizzazione del lavoro, alla necessità di essere informati in maniera obiettiva, dalla globalizzazione selvaggia, all’esigenza di una giustizia uguale per tutti.

Che cosa ha fatto la Sinistra e più in generale la politica di fronte a queste domande? Ha demonizzato la piazza ed ha sempre screditato i promotori nella loro persona, chiamandoli populisti, qualunquisti, incoscienti.
I Partiti, che dovrebbero trovare nelle richieste del popolo ispirazione ed orientamento, rinunciano a questa fonte essenziale soltanto per continuare a mantenere se stessi, soggetti in agonia che i cittadini hanno abbandonato da anni. Facciamo qualche passo indietro. Pochi anni fa Nanni Moretti critica la Sinistra parlamentare, sostenendo che continuando in quel modo avrebbe sicuramente assicurato a Berlusconi la vittoria. Nasce, successivamente, un movimento di onesti e normalissimi cittadini che dietro al simbolo del girotondo chiedono che la politica torni ad occuparsi di vita civile e lasci finalmente libera l’informazione di fare il suo mestiere. La Sinistra , invece di ascoltare con attenzione e lucidità le richieste del suo elettorato, accusa Moretti di tacere il nome dei responsabili del cattivo andamento della Sinistra partitica, mancando completamente il cuore della questione, invece di fare autocritica e fermarsi a riflettere. Andiamo più indietro. Nasce il movimento dei No Global che raccoglie anime ed orientamenti ideologici eterogenei, progressisti, cattolici, anarchici, eccetera, uniti dal comune bisogno di rendere il mondo più equo. I nostri politici invece di lasciarsi ispirare da quest’autentica rinascita della coscienza politica, cioè della volontà di partecipare e di dire la propria, si colloca in un atteggiamento di ambiguità. In fondo i No Global sono degli idealisti che vanno trattati con l’atteggiamento paternalistico del genitore che guarda il figlio con ironia, ben sapendo che prima o poi l’erede scenderà a compromessi, sporcandosi le mani.
Ultime elezioni. Dopo cinque anni di Governo Berlusconi, in cui l’Italia ha rischiato di diventare una dittatura latino-americana, l’Unione si aspetta di stravincere. Sorpresa: supera l’acerrimo nemico per pochi voti. Copione già visto: non fa autocritica, non si chiede il motivo di quest’effettiva sconfitta, ma canta vittoria e raduna un esecutivo variopinto, che ricorda i tempi del Pentapartito, distribuendo poltrone ai varie e inconciliabili orientamenti della sua grottesca coalizione. Basta un raffreddore del Senatore Scalfaro per rischiare di tornare alle urne.
Tutto questo è accaduto ed accade oggi perché questa Sinistra è altrove. Ha perso il legame con il suo elettorato e non è riuscita ad ampliarlo laddove più facilmente avrebbe potuto. Ha smarrito, in primo luogo, i legami con il territorio, con le periferie d’Italia dove ci si sente abbandonati dallo Stato, e basta fare un salto al parco “La pinetina” di Tor Bella Monaca o per capire di cosa parliamo. La gente sta male e vive sempre più male, senza cultura vera, senza poli di aggregazione, senza politiche sociali concrete, che vadano al di là delle dichiarazioni d’intenti per affrontare i nuclei dei problemi, fatti di emarginazione, povertà, precariato, crescente impossibilità di istruirsi ed acculturarsi.
Destra e Sinistra sono la stessa cosa, diceva Nanni Moretti nel suo film Ecce Bombo. I cittadini hanno sempre di più questa impressione. Non basta votare per un altro Partito per cambiare le cose perché il germe malsano di questa classe dirigente sembra aver contaminato tutto. La politica si fa per acquisire una posizione di potere per diventare un piccolo signore feudale che distribuisce favori ai suoi feudatari. Si ricorre allora alla piazza, ad altre forme civili di protesta, alle raccolte di firme per affrontare con logica e praticità questioni fondamentali ed urgenti.
Il V-Day non è nato dal nulla, i nostri politici si accorgono di Grillo l’8 settembre, ma il suo sito è tra il più visitati del mondo. Si parla di una manifestazione di qualunquisti e populisti, una giornata a cui non dare eccessivo peso. Cosa dire allora delle centinaia di serate in cui Beppe Grillo ha riempito palasport interi, esauriti settimane prima dell’evento? Qualunquisti che pensano solo a lamentarsi, invece di mettersi a lavorare duramente perché il Paese ne ha bisogno. Peccato che questi spettatori, manifestanti e internauti siano già lavoratori ma precari, oppure persone che in pochi anni hanno visto il loro stipendio dimezzarsi a causa dell’Euro, senza che nessun politico facesse o almeno proponesse qualcosa per impedirlo. Grillo, da comico e quindi talvolta in modo paradossale, parla di grandi questioni sociali, etiche, economiche, un grande pubblico lo segue con attenzione e civiltà. Non è, infatti, accaduto alcun incidente e nemmeno un trascurabile atto di vandalismo al V-Day. Il blog del comico viene contattato ogni giorno da migliaia di utenti. Questo è un grande ritorno della politica. I cittadini si riappropriano in modo libero e trasversale del dibattito, parlando di argomenti fondamentali, come l’eccessivo ed incomprensibile costo della politica o la necessità di avere in Parlamento, che dovrebbe essere l’avanguardia etica e culturale del paese, persone dalla fedina penale irreprensibile, come richiesto, d’altronde, ad ogni privato cittadino che voglia ricoprire un incarico pubblico. Tutto questo però viene demonizzato dalla classe politica attuale perché il suo compito non è più servire i cittadini e soddisfare i loro bisogni ma mantenere in vita se stessa. Per questi motivi concentra il suo dibattito su temi svianti che non vengono risolti, (che fine hanno fatto DICO e PACS?), per evitare di affrontare i veri problemi quotidiani di un’Italia che langue. La classe politica dovrebbe ascoltare il disagio della strada e della piazza, sporcarsi le mani, informarsi in modo diretto, ma preferisce i salotti e i brunch.
Si criticano le forme e, troppo facile, si ignorano i contenuti. Ci si offende per l’uso della parola Alzheimer, e riflettiamo su quante famiglie che hanno in casa questo dramma sono state lasciate sole dalle Istituzioni che oggi si indignano, ma s’ignora la questione fondamentale di un leader, Prodi, che non c’è, non comunica e non convince nessuno.
Il direttore del Tg2 Mauro Mazza interviene in prima persona per assimilare Grillo agli ispiratori ideologici dei delitti terroristi e parla di un fenomeno nato con il V-Day senza accorgersi di compiere un errore giornalistico grave: il fenomeno Grillo, anche se ignorato dai media ufficiali, dura da anni.
Ciampi ha dichiarato: «Non voglio entrare nel merito della questione, dico solo che la politica si deve fare soprattutto nell'alveo delle istituzioni». Ma cosa fare se queste ultime non ascoltano più nessuno?

La protesta in piazza è una risposta democratica e trecentomila firme dovrebbero bastare.

Sphere: Related Content

Romania: Un candidato presidenziale democristiano promette di richiudere gli omosessuali in ghetti .

(Ansa) - Gigi Becali, leader del partito democristiano romeno 'La nuova generazione' e finanziatore della squadra di calcio 'Steaua Bucarest', ha promesso di richiudere gli omosessuali in ghetti se alle elezioni del 2009 sara' eletto presidente della Romania. ''Creero' quartieri per gay e lesbiche, affinche' ci restino dentro e ci lascino stare tranquilli'', ha dichiarato il fine settimana Becali, che e' attualmente il politico più popolare in Romania dopo il capo dello stato Traian Basescu. ''Basta con i sex shop nel centro citta', dove li vedono i ragazzi che vanno a scuola'', ha annunciato promettendo anche che chiudera' i club per gay.
Il Consiglio nazionale antidiscriminazione (Cna) avviera' un'inchiesta sulle affermazioni di Becali, denunciate dall'associazione Accept, che difende i diritti degli omosessuali in Romania.

Da circa tre anni, da quando e' apparso sulla scena politica romena, Becali ha protestato piu' volte contro i gay. Considerata reato durante il regime comunista, l'omosessualita' e' stata depenalizzata nel 2001. Per ora Becali si candida per un seggio a europarlamentare e sara' capolista del suo partito alle elezioni romene per il Parlamento europeo, previste per il 25 novembre.
E' sicuro comunque che otterra' almeno il 15% dei voti. La popolarita' di Becali e' dovuta soprattutto alle sue opere di beneficenza: ha costruito chiese e case per la popolazione romena gravemente colpita dalle alluvioni due anni fa.

Sphere: Related Content

Alla festa del libro degli autori di Pordenone l`Aldo Busi Show.


(Dagospia) L'obiettivo della "festa del libro con gli autori" di Pordenone, quest'anno all'ottava edizione, sembra proprio essere quello di superare il Festivaletteratura di Mantova. E se nella provincia lombarda tutti ripetevano che la rassegna era più piccola, «meno autori più qualità» - che in soldoni voleva dire un appuntamento al ribasso - qui dicono a denti stretti che la manifestazione cresce, che c'è tantissimo pubblico. Lo dicono per esempio gli occhi azzurri e i capelli biondi della ragazza che mi dota del programma del festival. Lei è uno degli "angeli" di Pordenone. Una miriade di ragazzini che sciamano per la città e scortano turisti, curiosi e giornalisti fra dibattiti e presentazioni.
Vedo cose che nessun umano avrebbe immaginato mesi fa: stand con la V dei Vaffanculo di Beppe Grillo, l'antipolitica sbarcata nella piazza, col pubblico che corre verso una conferenza di Marco Travaglio. Arrivo al teatro Verdi. Manca un'ora al Busi show. Ci saranno mille persone in coda per entrare. E poi una parata di autorità: militari, polizia, politici. C'è pure Riccardo Illy. Ed eccolo, finalmente: Busi c'è… ed esplode sul palco. Urla, applausi, gente che resta fuori dal teatro.

«Pordenone eccomi!», esordisce, braccia aperte. È Mosè di fronte al suo popolo, luccica. È antipolitico pure lui, anzi, prepolitico, un corpo animale che si muove e atteggia a statua michelangiolesca. Inveisce contro i politici, contro il governo Prodi «che per me è morto, visto che nel programma c'erano i Dico e non li ha fatti: ma sarebbe stato lo stesso per qualsiasi altra cosa».

Intrattiene il pubblico. Una ragazza gli chiede, timida, che ne pensa delle fiabe. E lui risponde: nelle fiabe c'era il bacio della donzella al principe, ma non era un bacio, in realtà era una fellatio. Infine, Busi si manifesta in se stesso. Annichilisce la meccanicità di tutti i Faxbasino del mondo e si spoglia. Prima la camicia, dopo qualche minuto canottiera e calze, infine i pantaloni: «Le mutande no, perché per me è più intimo e difficile tenerle che calarle».

La rockstar Busi infastidisce, ma convince. Irrita ma conferma la sua unicità. Avevo chiesto un'intervista anche a lui: impossibile, mi risposero. Lui si concede, perché esiste, ma lo fa a mo' di marchetta. E vuole parecchie migliaia di euro, è off limits. Al teatro, invece, la folla può fare domande; chissà forse ci chiederanno un forfait alla fine. Busi si spoglia e proclama: «Essere il più grande scrittore italiano era facile, sono l'unico. Ma essere il più bel sessantenne d'Italia no e guardate qui!». Poi si fa serio e parla delle sue opere: «Si bastano da sole non le promuovo».

Allora prendo il microfono e gli chiedo: ma perché va in tivù allora? Insomma, perché interpreta il personaggio Aldo Busi, invece di fare il Faxbasino invisibile? «Ma i miei libri non vendono di più se io vado in televisione» risponde «la tivù è lavoro, ma non ha niente a che fare col mio essere scrittore». E poi addosso alla letteratura italiana: «Non sono per leggere a tutti i costi, non serve a nulla leggere solo un libro di Camilleri o il libro di un giornalista». Meglio non leggere. «A che serve un libro di un giornalista? A che serve far dire a Saviano che la camorra esiste? Avevamo bisogno di lui per saperlo? Lei istituzioni dov'erano? Serviva immolare uno di 26 anni, che pure un po' se la mena anche?».

Lo scrittore è solo lui, Busi: «Non sono Pasolini» urla «non sono Arbasino o la Tamaro, teneteveli». E sigilla il tutto: «Mi hanno processato a Trento per "Sodomie in corpo 11". Purtroppo non mi hanno condannato alla galera. Sarei stato sollevato d'andarci: lì devi farti inculare per forza». Risate, qualche applauso, qualche protesta: un successo. Si chiedeva il bell'Aldo nel recente "E io, che ho le rose fiorite anche d'inverno?": morendo, che cosa lascerei, a parte me e tutta la gratitudine che mi devo? A me lascerà questo: una fiammella d'entusiasmo, subito cancellata dallo splendore degli occhi celesti dell'assistente all'ufficio stampa del festival che mi chiede: «Hai ricevuto i buoni pasto?».

Sphere: Related Content

Sphere: Related Content

Stasera in onda su La7 "Arancia meccanica"

(Napoli gaypress) Alex, il nostro eroe, fa a botte, ruba, stupra e uccide con gioia e senza alcun rimorso: è un perfetto esempio di animale predatore in ottime forze. Alla fine viene catturato e imprigionato, e viene sottoposto ad un esperimento scientifico che lo condiziona contro la violenza e il sesso. Questo condizionamento rende Alex sicuro per la società ma gli porta via anche il suo libero arbitrio, trasformandolo in “un’arancia meccanica”, sana e compatta all’esterno ma bloccata al suo interno da meccanismi condizionati di azioni riflesse del tutto fuori dal suo controllo.

Martedi 25 settembre in Tv accade qualcosa di importante. Non va in onda solo un film, non si tratta di una semplice prima visione.

Il 25 settembre va in onda su la7 alle 22.30 “Arancia Meccanica” di Stanely Kubrick“La meccanica dell’Arancia” in cui si raccontano le vicissitudini del film, dalla realizzazione all’uscita e non solo… preceduto dallo special

Il film infatti è stato protagonista di numerose vicende che lo hanno consacrato come capolavoro. La violenza che il film denunciava (attraverso la messa in scena di situazioni violente) ha causato all’epoca dell’uscita del film atti di emulazione che hanno spinto lo stesso regista a ritirare il film dalle sale ed a vietarne la proiezione in pubblico.

Paradossalmente questa scelta invece che condannare il film lo ha reso quasi mitico. Citato sia visivamente che musicalmente (le elaborazioni musicali sono di Wendy Carlos, già collaboratrice -col nome di Walter- di Kubrick prima di cambiare sesso) è un film (che sia, prima in vhs e poi in dvd) continua ad essere noleggiato, visto ed apprezzato. Il libro di Anthony Burgess (da cui è tratto, fatte le dovute differenze tra prodotto letterario e cinematografico) è ristampato continuamente. Per non parlare delle influenze iconografiche che giungono fino ai giorni nostri.

A quasi quarant’anni di distanza è scioccante ed attuale nella tenatica che tratta e Kubrick si dimostra ancora di più il grande regista che molti riconoscono in lui. Ma Kubrick è soprattutto un regista che ha del cinema una concezione quasi filosofica (come dimostrato dal precedente “Odissea nello spazio”) che lo porta ad essere ben più di un semplice realizzatore di film.

All’epoca il film in Italia fu denunciato per oscenità (poi ci fu la giusta sentenza di assoluzione). La trasmissione del film in televisione (seppur in seconda serata, secondo le leggi vigenti) segna una svolta importante oltre che un evento culturale.

Sphere: Related Content

Per il suo 60° «Arlecchino» di Strehler sul palco della Scala

(Il Giornale) Partono questa sera al Teatro degli Arcimboldi le registrazione di Zelig aperte al pubblico. Al Teatro San Babila stasera prende il via la rassegna delle compagnie amatoriali con La cena dei cretini di Veber, per proseguire il 27 con Nuvole del Teatro del Pentagono e il 29 con Se devi dire una bugia dilla grossa del gruppo a Piedi nudi sul palco diretta da Alessandro Testa.
Ad aprire le celebrazioni per il decennale dalla scomparsa di Giorgio Strehler domani il Teatro della Scala ospiterà gratuitamente il pubblico per la rappresentazione dell'Arlecchino servitore di due padroni con Ferruccio Soleri. Sonata a Kreutzer di Tolstoj per la regia di Claudio Beccari è lo spettacolo con Giancarlo Dettori in programma domani al Teatro Filodrammatici. Domani al teatro Grassi va in scena La fine è il mio inizio, l'adattamento firmato da Mario Maranzani del libro dell'autore toscano Terzani.
Al Leonardo martedì è in programma Psychomuzical, spettacolo diretto da Dennis Gaita. La Locanda Almayer, spettacolo ideato e diretto da Gianlorenzo Brambilla torna da domani sulla scena del Teatro Libero. Al Teatro Oscar domani I Pandemonium Teatro sotto la direzione di Pippo Franco daranno vita a In un vecchio palco della Scala. Maria Stefanache firma la messinscena di Elettra di Euripide prevista da martedì al Teatro Out Off.
Torna da domani al Teatro Smeraldo, Stomp. Martedì al Teatro La Scala della vita andrà in scena Le due Marianne di Emilio De Marchi.
Mercoledì Moni Ovadia sulla scena del Teatro Strehler darà vita a La bella Utopia.
Al Teatro Caboto giovedì è in programma Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, per la regia di Giacomo Agosti.
Venerdì prende il via al Teatro dell'Elfo il Festival Milanoltre con la messinscena di Dave St.Pierre, Un peau del tendesse, bordel de merde!. Gianluca Guidi sarà il protagonista dei E sottolineo se... la resistibile ascesa di Gianluca G., il 28 al Teatro Nuovo. Brecht e le sue donne è lo spettacolo in cartellone da venerdì al Teatro della Memoria. Al Pim Spazio Scenico sabato approda Eeva Muilu con l'assolo Vermiculus. Sabato nell'ambito della rassegna Parole di Teatro al Teatro Studio Frigia Cinque Danilo Caravà dirigerà A muse to death , seguito da Passi di Paolo Bignami; domenica sarà la volta del lavoro di Pino Adduci, The Likeness e di Frate Sore di Anna Ceravolo..

Sphere: Related Content

Investito sull'Adriatica, muore trans rumeno

(Corriere di Romagna) RIMINI – Non c'è l'ha fatta il transessuale rumeno di 19 anni investito venerdì notte sulla Statale 16 Adriatica all’altezza del ristorante ''Il Gufo'' Rimini, assieme ad altri due viados, un brasiliano di 27 anni ed un portoghese di 35, da un trentenne riminese che stava percorrendo l’arteria in direzione nord al volante di un’Alfa 147. Nella nottata di sabato, infatti, è subentrata la morte celebrale. Migliorano le condizioni degli altri due feriti.

Il drammatico incidente, secondo una prima ricostruzione effettuata dagli agenti della locale Polizia Municipale, è stato innescato da un’errata manovra di un 19enne di Rimini, al volante di una Panda, che ha tagliato la strada al conducente dell’Alfa.

Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118 che hanno trasportato i feriti all'ospedale ''Infermi''. Resta critico il quadro clinico del 19enne, mentre per il 27enne brasiliano la prognosi è ancora riservata. Per quanto concerne il portoghese i medici hanno emesso una prognosi di 30 giorni.

Sphere: Related Content

Arriva in Italia la "gayband" Bearforce 1

Sono tutti muscolosi e ben piazzati, con la faccia scura e peli da far invidia agli scaricatori di porto. Sono i Bearforce 1, una gay band nata negli Usa e adesso in tour in Europa.
Lontani dai soliti stereotipi del mondo gay, i 4 componenti non amano lustrini e mossettine da diva, eppure sanno divertirsi e divertire con la loro musica dance.
I Bearforce1 sono in quattro: Ian, Peter, Yuri e Robert. Tre olandesi e un irlandese conosciutisi durante un viaggio a New York. Lo scorso hanno deciso di formare una gay band diversa dalle altre, lontane dal glamour e dai colori fluo tipici della musica gay. A cosa si ispirano per le loro performance? al ballo delle pon pon girls dei licei americani, alle festicciole delle casalinghe vestite solo di biancheria intima, alla musica elettronica, al bere vodka a fiumi.

Sphere: Related Content

Roma: Gay street false dichiarazioni

Questa mattina il quotidiano "La Repubblica" scrive che i residenti del Primo Municipio starebbero preparando un esposto alla polizia per denunciare episodi che a loro giudizio si sarebbero verificati nel corso dell'iniziativa "Gay Street Roma 2007".

"Le dichiarazioni di Fabio Nicolucci , portavoce del comitato Celio, ci lasciano molto perplessi – dichiara Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma – non ci risulta nel modo più assoluto che i comportamenti descritti si siano mai verificati, né tanto meno che siano stati richiesti alle forze dell'ordine interventi finalizzati alla repressione di questo tipo di atti.
Prendiamo le distanze da questo tipo di dichiarazioni: la Gay Street ha rappresentato un momento insostituibile ed unico di aggregazione e di promozione culturale per tutti i cittadini di Roma e la comunità lesbica, gay, bisessuale, trans, accompagnata da un dialogo costante e rispettoso nei confronti dei residenti"

"Dopo la fase sperimentale, certe polemiche ci paiono strumentali. – aggiunge Marrazzo - E' assurdo che si presuma inoltre che autori di certi episodi descritti siano solo le cittadine lesbiche e i cittadini gay. Forse i passanti e frequentatori abituali della zona eterosessuali o meno hanno
smesso di frequentare i locali circostanti? Inviteremo le migliaia di persone che hanno partecipato alle iniziative culturali che si sono verificate nel corso della manifestazione a portare la loro testimonianza su tutto ciò che è avvenuto."

Conclude Marrazzo: "La Gay Street non è un ghetto né un piccolo regno feudale nel centro storico: abbiamo chiesto che venisse riconosciuto il valore simbolico di un'area storica della nostra città attraverso valide iniziative culturali. Tutto questo rende Roma più accogliente, più Europea e plurale. Chiediamo al più presto un appuntamento al Presidente del Primo Municipio Giuseppe Lobefaro, per dimostragli attraverso nostre testimonianze che, al contrario di quanto afferma, i problemi di ordine pubblico si sono posti proprio quando, a pedonalizzazione conclusa, decine di persone hanno rischiato di rimanere ferite a causa del transito dei veicoli in una strada
affollata ."

Sphere: Related Content

Noi siamo Chiesa incontra mons. Bagnasco. ''Un segno di disponibilità al dialogo'' .

(Matteo Spicuglia- www.korazym.org) Il prossimo 10 ottobre, il presidente della Cei incontrerà i rappresentanti italiani del movimento cattolico progressista, nato in Austria. Il coordinatore nazionale Vittorio Bellavite, spiega a Korazym.org le aspettative di "Noi siamo Chiesa".

"Un segno di disponibilità al dialogo", fanno sapere da ambienti della Conferenza episcopale italiana. Certo è che l'incontro tra mons. Angelo Bagnasco e il movimento "Noi siamo Chiesa" farà discutere. Da una parte, il presidente dei vescovi italiani, dall'altra i rappresentanti italiani della realtà internazionale del cattolicesimo progressista, che dal 1995 chiede aperture sul ruolo delle donne nella Chiesa (con accesso ai ministeri ordinati) e sull'accoglienza dei divorziati risposati e degli omosessuali, un maggior coinvolgimento dei laici, una riflessione sull'obbligo del celibato per i sacerdoti e il primato della coscienza sui temi della morale. Una piattaforma sostenuta a livello internazionale dall'International Movement We Are Church (IMWAC), nato in Austria in seguito ad una sottoscrizione di un "Appello dal popolo di Dio" a Giovanni Paolo II, con cui si chiedeva il rinnovamento ecclesiale della Chiesa cattolica, sull'onda dello spirito del Concilio Vaticano II. "Noi siamo Chiesa" può essere considerato così un esempio delle realtà che interpretano l'evento ecclesiale degli anni '60 come una rottura rispetto al passato. Istanze che il 10 ottobre saranno sottoposte all'attenzione del presidente della Cei, mons. Angelo Bagnasco. "È il primo incontro di questo tipo", spiega a Korazym.org, Vittorio Bellavite, coordinatore nazionale di "Noi siamo Chiesa", che considera importante la notizia, "data l'assenza di dialogo con le gerarchie fino ad oggi".

Come si è arrivati all'incontro?
"È nato in modo molto semplice, da una lettera che il nostro movimento ha inviato a mons. Bagnasco subito dopo la sua nomina alla presidenza della Cei. Nell'occasione, lo avevamo salutato, augurandogli buon lavoro e chiedendogli di incontrarlo. Dopo qualche mese, la proposta è stata accolta".

L'incontro del 10 ottobre è una novità per la vostra storia...
"Sì, è il primo incontro assoluto di questo livello. Con il cardinale Ruini non abbiamo mai avuto occasioni simili, anche sul piano formale. In ogni caso, non c'è mai stato dialogo".

Cosa direte a mons. Bagnasco?
"Sarà un incontro di conoscenza, molto lineare. L'obiettivo è dire che cosa facciamo, chi siamo e soprattutto, quali idee abbiamo. Sulla base di questa chiarezza, chiederemo la possibilità di dialogare e di confrontarci, anche su singoli problemi".

Lei insiste molto sulla dimensione del dialogo. Proposte anche radicali, ma nessuna volontà di rottura?
"Non abbiamo mai seguito la strada della rottura, ma devo dire che da parte della gerarchia non c'è mai stata la disponibilità a parlare. Ogni richiesta ha sempre incontrato il silenzio".

La vostra piattaforma internazionale è molto complessa. Nel caso italiano, quali sono le priorità da raggiungere?
"Per prima cosa, un passo indietro della Chiesa nel confronto con la politica. Non ci sono piaciute le posizioni di questi anni. Di mons. Bagnasco, posso dire che non è la fotocopia del suo predecessore, anche se ha preso posizioni conformiste. Tuttavia, non vogliamo giudicare. Questa è una fase di attesa. Con l'incontro, speriamo di iniziare un confronto, consapevoli che su certi temi entra in gioco il Magistero e un vescovo da solo non può fare nulla".

Sphere: Related Content

Malattie, reddito, vizi quanti segreti in ufficio.

(Elsa Vinci - La Repubblica) ROMA - Vincenzo, dipendente di una grossa società di Frosinone, aveva preso tre settimane di malattia, con certificati del pronto soccorso e del medico curante, per una lombosciatalgia. Solo che il datore di lavoro lo ha fatto pedinare per quindici giorni da detective privati assoldati per spiare i dipendenti, e ha scoperto che Vincenzo guidava la macchina, si chinava per aprire la saracinesca del garage di casa, portava le buste della spesa, e la sera andava ad animare un club privè gestito da sua moglie a da poco inaugurato. Vincenzo ha perso il posto, ma il motivo lo sanno in pochi, il padrone, qualche collega, i parenti, un paio di amici e gli avvocati che hanno cercato, senza successo, di farlo reintegrare. Se la microriforma sulla privacy contenuta nel decreto Bersati dovesse passare al Senato, la sua azienda potrebbe distribuire il suo curriculum con macchia ad altre imprese. Che lo escluderebbero.
La Cassazione ha ingolfato il Massimario sul diritto alla privacy dei dipendenti di aziende pubbliche e private: vietando lo spionaggio persino dei fannulloni e degli assenteisti. Quest'anno ha reintegrato un dipendente dell'Eni, controllato in un garage con telecamere a circuito chiuso. Ma l'impresa allunga lo sguardo indiscreto nella posta elettronica, si insinua nelle passeggiate on line degli impiegati al lavoro con internet. Le condanne della Suprema Corte e le sanzioni del ufficio del Garante non frenano quella che il presidente dell'Authority, Francesco Pizzetti, nell'ultima relazione al Parlamento ha definito "bulimia da raccolta dati".

Il reddito, il titolo di studio, le attitudini professionali e personali, le gravidanze, le malattie invalidanti, sono solo alcuni dei dati custoditi nell'archivio di ogni datore di lavoro. Il Garante ha annunciato per il 2008 un provvedimento che disciplini la gestione delle banche dati. Intanto ci sono imprese che si rivolgono all'Authority per chiedere se è possibile installare le telecamere in bagno, oppure come i Semolifici Andriesi, con appena diciannove dipendenti, per sapere se è possibile prelevare le impronte digitali dei lavoratori per certificarne la presenza. L'ufficio del Garante ha suggerito di utilizzare il classico capoturno.
Il prelievo delle impronte digitali non è quel che si dice una rarità. Lo scorso anno è stato vietato a un'azienda di costruzioni con 300 dipendenti. Sul trattamento dei dati biometrici, Pizzetti annuncia lavori in corso. L'Authority denuncia da tempo che ci sono banche, grandi alberghi, industrie sedotte dall'idea di regolare gli ingressi al lavoro fotografando l'iride, unica, irripetibile, assolutamente personale.
Il caso degli operai della Luxottica e della Safilo ha fatto discutere: tuta senza tasche e marsupio trasparente imposti per scongiurare i furti nei reparti produttivi. Alla Telecom spiavano i dipendenti per scoprire non solo se si dedicavano allo spionaggio industriale ma pure per catalogarne le abitudini.
C'è chi è stato cacciato soltanto per aver parlato male del capo. Un operaio della Mdj di Termoli è stato reintegrato dal giudice di Larino perché il suo licenziamento sarebbe avvenuto in seguito allo spionaggio di due professionisti del settore travestiti da lavoratori interinali. E c'è chi è stato messo alla porta perché gay. La Cassazione con la sentenza 14390 ha vietato di utilizzare i dati sensibili per i provvedimenti disciplinari e nel sancire l'ingiustizia subita da un omosessuale ha sottolineato che in questi casi la "tutela dei dati appartenenti alla species dei supersensibili riceve una tutela rafforzata in ragione dei valori costituzionali".

Sphere: Related Content

La libertà sessuale è tutelata dall’articolo 2 della Costituzione. Il gay ha diritto alla sua sessualità.

(Cassazione 16417/2007) L’omosessualità è una condizione dell’uomo degna di tutela, in quanto la libertà sessuale deve essere intesa come libertà di vivere senza condizionamenti e restrizioni le proprie preferenze. Il principio è stato sancito dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione che si è pronunciata sulla vicenda di un immigrato senegalese che aveva proposto ricorso al Giudice di pace di Torino contro l’ordinanza di espulsione sostenendo di non poter fare rientro nel proprio paese a causa della sua omosessualità, esibendo come prova la tessera dell’Arcigay. Il Giudice di Pace gli aveva dato ragione, ritenendo l’omossessualità “condizione degna di tutela”, ma la decisione era stata contestata dalla Procura di Torino che aveva fatto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha ritenuto che non sia sufficiente dichiararsi gay per ottenere il permesso a rimanere in Italia e che la semplice iscrizione ad una associazione non costituisce una prova certa di omossessualità, e per questo ha ordinato nuove indagini al fine di approfondire l’effettiva condizione di omossessualità dell’immigrato e l’esistenza di una legge punitiva in Senegal; non ha tuttavia mancato di sottolineare – e qui sta la portata innovativa della decisione – che l’omossessualità è un diritto, e la scelta è da tutelare in nome della libertà sessuale, che va intesa come libertà di vivere senza condizionamenti e restrizioni le proprie preferenze, “espressione del diritto alla realizzazione della propria personalità, tutelato dall’art.2 della Costituzione”. Per questo motivo la sentenza è stata accolta e commentata con favore dalle associazioni omossessuali e da alcuni esponenti politici, tra i quali Franco Grillini ed il Ministro della Famiglia Rosy Bindi. (24 settembre 2007). Suprema Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, sentenza n.16417/2007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Mario Adamo Presidente
Dott. Carlo Piccininni Rel. Consigliere
Dott. Luigi Macioce Consigliere
Dott. Vittorio Ragonesi Consigliere
Dott. Bruno Spagna Musso Consigliere

Ha pronunciato la seguente:

S E N T E N Z A

Sul ricorso proposto da:

Ufficio Territoriale del Governo di Torino in persona del Prefetto, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ex lege;

-ricorrente-

Contro

F.C.;

-intimato-

Avverso il decreto del Giudice di Pace di Torino emesso nel procedimento n. 259/04 in data 21.12.2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16.4.2007 dal Relatore Cons. Carlo Piccininni;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio Golia, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto e Diritto

Con decreto del 21.12.2004 il giudice di Pace di Torino accoglieva il ricorso proposto da C. F. , cittadino senegalese, avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti ai sensi dell' art. 14, comma 5 ter, d.lgs. 286/98[1], ravvisando la sussistenza di una delle ipotesi previste dall'art. 19 del detto decreto.

In particolare la disposizione citata vieta l'espulsione verso stati in cui lo straniero potrebbe essere oggetto di persecuzioni, fra l'altro per motivi sessuali, e dalla documentazione acquisita sarebbe emerso sia che il F. è omosessuale, sia che l'omosessualità in Senegal è punita con la reclusione da uno a cinque anni.
Avverso il detto decreto la Prefettura di Torino proponeva ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, cui non resisteva il F. , con il quale denunciava l'erroneità della decisione sostenendo che non fosse configurabile la prospettata ipotesi della persecuzione, non potendo considerarsi tale la previsione della reclusione, che peraltro non risultava essere stata inflitta, e lamentando che comunque la semplice iscrizione a due associazioni frequentate da omosessuali, in mancanza di ulteriori dati (quali ad esempio la data di adesione) sarebbe inidonea a dimostrare l'effettiva omossessualità dell'iscritto.

La doglianza è fondata nei termini e nei limiti appresso precisati.
Al riguardo va innanzitutto osservato, in via preliminare, che è del tutto condivisibile l'affermazione contenuta nel decreto impugnato, secondo la quale l'omosessualità va riconosciuta "come condizione dell'uomo degna di tutela, in conformità ai precetti costituzionali", assunto da cui discende che la libertà sessuale va "intesa anche come libertà di vivere senza condizionamenti e restrizioni le proprie preferenze sessuali", in quanto espressione del diritto alla realizzazione della propria personalità, tutelato dall'art. 2 della Costituzione.

Partendo da tale corretta premessa , tuttavia, il giudice di pace è pervenuto a conclusioni che non appaiono sorrette da adeguata motivazione.
Egli ha infatti ritenuto sussistere l'ipotesi prevista dall'art. 19, comma 1, D.Lgs. 286/98 (che stabilisce il divieto di espulsione dello straniero, ove potenzialmente esposto a persecuzione, fra l'altro per motivi di sesso ricorrenti nella specie) in ragione di un duplice dato, vale a dire la configurabilità di un fatto persecutorio nella previsione della omosessualità come reato, punito con la reclusione da uno a cinque anni, nello stato di appartenenza del soggetto espulso (SEnegal), e l'accertata omosessualità del F.

Come rilievo preliminare sul primo dato sopra considerato sembra intanto utile precisare che per persecuzione si deve intendere una forma radicale e spietata di lotta contro una minoranza, che si manifesta con maltrattamenti, soprusi, coercizioni e modalità comunque contrarie alla tutela dei diritti umani.
Tale strategia di aggressione può però essere attuata non solo con vessazioni di carattere materiale, ma anche sul piano giuridico sicché, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, per integrare il concetto di persecuzione è sufficiente – in via del tutto astratta e salve le ulteriori specificazioni sul punto – la semplice previsione del comportamento che si intende contrastare come reato punibile con la reclusione (tanto piu' ove le modalità di attuazione del trattamento penitenziario nello stato senegalese avessero carattere vessatorio e fossero lesive della dignità umana), non essendo a tal fine necessaria anche la concreta emanazione di una condanna.

Tuttavia, oltre al fatto che non è stato accertato se l'ordinamento giuridico senegalese preveda degli istituti che consentano il differimento della esecuzione della pena o la sua attuazione al di fuori delle strutture penitenziarie (quali a titolo esemplificativo la sospensione della pena o l'affidamento al servizio sociale), il punto di decisiva rilevanza che è rimasto in ombra nella decisione impugnata è quello relativo all'identificazione dell'oggetto del precetto penale dettato nella legislazione senegalese.
Ed invero, contrariamene a quanto ritenuto dal ricorrente, la statuizione relativa al divieto di espulsione non è errata perché in contrasto "con le basi del principio di autodeterminazione e sovranità dello stato straniero inteso come sistema di norme", e ciò in quanto la questione da affrontare non è quella concernente la possibile interferenza della decisione con l'autonomia legislativa degli altri Stati, ma piuttosto quella di soddisfare l'esigenza di evitare ingiuste sopraffazioni nei confronti di cittadini stranieri, aprioristicamente legate ad un fatto di appartenenza (razza, sesso, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali).

Tuttavia, fermo restando quanto sinora esposto, il semplice richiamo alla rilevanza penale attribuita all'omosessualità nello stato senegalese non vale di per sé ad integrare gli estremi del fatto persecutorio, essendo questo configurabile soltanto laddove la sanzione penale sia prevista con riferimento alla qualità dell'agente, e non necessariamente anche in realzione alle pratiche che dalla stessa eventualmente conseguano.
Ai fini dell'accertamento della ravvisabilità o meno di un fatto persecutorio occorre cioè stabilire, venendo al concreto, se la legislazione senegalese preveda come reato il fatto in sé dell'omosessualità (ipotesi che certamente varrebbe in sé ad integrarne gli estremi), ovvero soltanto l'ostentazione delle pratiche omosessuali non conformi al sentimento pubblico di quel paese atteso che , in tale ultimo caso, il divieto non si sottrarrebbe al principio di ragionevolezza.

Solo nella prima ipotesi, infatti, sarebbe ravvisabile un fatto persecutorio, alla stregua dei principi generali di libertà e dignità delal persona.

L'accoglimento dell'opposizione del F. , come detto, è stata determinata dall'ulteriore dato relativo alla prova che sarebbe stata raggiunta in ordine alla sua omosessualità.
In particolare è stato già rilevato che detta prova è stata ricavata dall'essersi egli "iscritto all'Arci Gay in tempi non sospetti, subito dopo il suo ingresso in Italia, e di essere socio da diversi anni di un altro club riservato agli omosessuali".

Si tratta certamente di elementi indiziari significativi, che però non risultano tali da conferire la certezza necessaria alla dichiarata omosessualità del F.
Giova innanzitutto premettere, in proposito che la natura della fattispecie in esame richiede una rigorosa attenzione nell'esame del materiale probatorio, poiché è una ipotesi derogatoria rispetto alla disciplina generale dell'espulsione e per di piu' , ove diversamente considerata, potrebbe dare adito a strumentalizzazioni e ad agevoli elusioni della disciplina generale, strumentalizzazioni che non possono comunque essere escluse solo per il tempo trascorso dalla data di iscrizione ai Club (cui il giudicante ha annesso significativa rilevanza), non necessariamente riconducibile ad una genuinità di intenti.

Orbene, alla luce di quanto ora esposto è da ritenere che la semplice iscrizione (nel caso in esame duplice ) ad un club di omosessuali non rappresenti una prova sufficiente a dare dimostrazione di una omosessualità dichiarata dell'iscritto, la quale pure potrebbe provarsi con il ricorso alla prova orale.

Indipendentemente da quanto detto a proposito della possibile strumentalità delle adesioni (che già di per sé renderebbe insufficiente la prova della omosessualità, ove non ulteriormente confortata), va infatti rilevato che dal provvedimento del giudice di pace non si evince che vi sia stato accertamento in ordine alla limitazione della iscrizione in favore di omosessuali, che al contrario dell'art. 8 dello Statuto dell'Arci Gay, quale riportato nel ricorso, si desume che l'iscrizione non soffre di limitazioni sul piano sessuale (la stessa è invero consentita a tutti coloro che si riconoscono nelle finalità dell'associazione), che non solo non vi sono ragioni di ordine logico che possano indurre a prevedere limiti di iscrizione in relazione agli orientamenti sessuali, ma sono viceversa individuabili chiare ragioni in senso opposto, non essendovi motivo di operare discriminazioni sulla base di opzioni personali sul piano sessuale (eterosessuale o omosessuale), a fronte di iniziative di sostegno in favore dell'associazione per le finalità da essa perseguite.

In conclusione il ricorso deve essere accolto, con cassazione del decreto impugnato e rinvio al giudice di Pace di Torino in persona di altro giudicante, per una nuova delibazione in ordine all'opposizione del F., alla luce delle considerazioni sinora svolte.

In giudice di rinvio provvederà infine anche alla liquidazione delle spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvio al giudice di pace di Torino in persona di altro giudicante, anche per le spese del presente giudizio.

Roma, 16.4.2007.

Il Consigliere estensore Il Presidente

DEPOSITATO IN CANCE LLERIA IL 25 LUGLIO 2007.

Sphere: Related Content

Un parlamento con troppi condannati


(Il blog di Beppe Grillo) 24 condannati in via definitiva ci rappresentano. Nessuno di loro, dopo l’otto settembre, ha fatto un passo indietro. Si è dimesso. Chi lo avesse fatto sarebbe diventato un eroe, il precursore di una nuova politica. Che ha radici in parole dimenticate: morale, etica, giustizia. Che si ispira a servitori dello Stato come Ambrosoli, Borsellino, Falcone, Livatino, Chinnici, Dalla Chiesa.
Ci sono state altre stagioni della politica, migliori di questa. Vi immaginate Moro, Berlinguer, De Gasperi eletti in Parlamento condannati per estorsione, banda armata o tangenti?
Ho gridato che bisogna distruggere i partiti. Quelli che rappresentano gruppi di potere e appetiti forti. Lontani dai cittadini, ma vicino alle municipalizzate e alle banche, ad appalti e inceneritori.
Chi ha eletto i magnifici 24? I segretari di partito, non i cittadini a cui è stato negato il voto di preferenza con un piccolo golpe. Una dozzina di persone ha deciso per tutti.
Si chiama oligarchia, non democrazia.
Se i condannati sono l'’effetto, le cause sono i capi dei partiti e per questo vanno giudicati.
Berlusconi è primo assoluto con 10 condannati netti, il 40% del totale.
Seguono distaccati Bossi con 3 condannati e, a pari merito, Casini e Fini con 2 condannati.
Vi è infine un gruppone formato da RNP, PRI, Nuovo Psi, Margherita, DS, Dc-Psi e PRC con 1 condannato.
Il capo azienda di Forza Italia ha detto che i suoi elettori mi considerano la peggiore costola della sinistra. Non mi offendo. Mi hanno dato del fascista, di uno di sinistra che parla con un linguaggio di destra, del neo qualunquista, del delinquente, del terrorista. Mi metta dove gli pare.
Alle prossime elezioni aumenti però i condannati nella sua lista, li porti al 100%. Tra amici e conoscenti dovrebbe farcela.

Sphere: Related Content

Grillini: scarsa laicita' per Veltroni e Fassino, lasciano morire il testamento biologico

'Gli interventi di Fassino e Veltroni su etica e laicita' in relazione alla questione cattolica mi sembrano acrobazie verbali che tentano di conciliare l'inconciliabile ed eludono il tema decisivo del tasso di laicita' del nascente PD'. Lo sostiene Franco Grillini del Forum delle Liberta', appartenente alla 'Costituente Socialista', e anche presidente onorario dell'Arcigay.

'Quando si e' al Governo del paese la natura laica del proprio partito, e il Pd e' la forza politica preponderante della maggioranza - aggiunge Grillini - si dimostra con i fatti e con gli atti del Governo stesso e della maggioranza parlamentare che lo sostiene. E i fatti sono questi: i Dico mandati a morire in Senato, il pacchetto antiviolenza che si tenta di 'scorporare' per eludere la parte del provvedimento riguardante gli omosessuali (sul quale c'e' gia' il pesante veto del Vaticano), il divorzio breve la cui discussione non decolla in Commissione, l'orrida legge 40 sulla quale si e' scelto di non intervenire, il testamento biologico gia' morto nella culla dopo l'ennesimo niet d'oltre Tevere. Di che cosa parliamo allora? Di quale acrobazia tra 'principi non negoziabili' e 'decisoni condivise'? Che cosa si e' condiviso finora? E su che cosa si e' negoziato?' 'La verita', quella che e' definita dai fatti (che in quanto tali sono difficilmente contestabili) - conclude -, e' che il Pd nasce come somma tra un partito a vocazione laica e uno a vocazione clericale. Per fare il Pd si e' rinunciato a far passare in questa legislatura qualsivoglia provvedimento laico e di garanzia dei diritti individuali di liberta' prova ne sia la penosa esclusione delle organizzazioni omosessuali dalla conferenza della Famiglia del ministro e candidato Pd Bindi. Il Pd nasce a sovranita' eticamente limitata. Sarebbe onesto riconoscerlo in un momento in cui la politica dice spesso il contrario di quello che fa suscitando l'ira dei tanti 'grillini''.

Sphere: Related Content