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venerdì 2 novembre 2007

Digitale terrestre: Non solo calcio, arriva il porno in pay per view.

(Tv blog) Spesso si sente dire, dai soliti maligni sia chiaro, che il Digitale Terrestre non sarebbe altro che un favore che Berlusconi fece a se stesso per salvare Rete 4 dallo spostamento sul satellite e avere la possibilità di vendere le partite di calcio in pay per view. Niente di più falso. Da Gennaio il monopolio delle offerte commerciali, che poi monopolio non è vista la presenza seppur debole di La7 Cartapiù, verrà ulteriormente intaccato da una nuova società di telecomunicazioni che offrirà contenuti Porno, con film naturalmente Hard Core, in pay per view sulle frequenze del DTT nazionale in diretta concorrenza con la già nota Conto Tv.

Il Digitale Terrestre si conferma terreno fertile per gli scontri fra diversi operatori. Pur senza Sky e il satellite con il suo Hot Club si potrà scegliere dove apprezzare le interpretazioni delle varie Selen, Milly D’Abbraccio o magari della “nostra” Lea di Leo, basterà un decoder DTT già abilitato per la ricezione di Mediaset Premium o di La7 Cartapiù.
La società italo/francese Glamour Plus ha già pronte 500mila schede da 20 euro l’una valide per 5 notti di programmazione a luci rosse, insomma anche in questo particolare settore il Digitale Terrestre sembra avere costi da “discount” rispetto al satellite.

L’ingresso della Glamour Plus sul mercato avverrà grazie alla piattaforma, la prima “multioperatore” (aperta cioè a più soggetti che vogliano offrire diversi tipo di contenuti) dell’imprenditore delle tv locali Maurizio Giunco. Pangea, questo è il nome “paleogeografico” scelto, partirà all’inizio del 2008, ma gli accordi per avviare la vendita di smart card legate alla programmazione del porno sono già stati sottoscritti.

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Lane Garrison passerà 40 mesi in galera.


(Televisionando) Tre anni è quattro mesi: è la condanna inflitta all’ex star di Prison Break Lane Garrison, che in maggio si era dichiarato colpevole di omicidio colposo, guida in stato di ebbrezza (il livello di alcol nel sangue risultò oltre il doppio del consentito) ed aver fornito alcool a minorenni. L’attore - che ha rinunciato all’appello - era finito nel dicembre scorso contro un albero mentre guidava la sua Land Rover dopo aver dato un passaggio a tre giovani: due ragazze quindicenni, Michelle Ohana e Chen Sagi, erano sopravvissute ma un diciassettenne Vahagn Setian, era rimasto ucciso.


A nulla sono servite le 3,600 firme che chiedevano al giudice di infliggere la massima pena prevista: Garrison rischiava fino a sette anni di galera, ma il giudice Judge Elden Fox non li ha ritenuti “necessari”, spiegando “Penso l’imputato sia un essere umano che ha compiuto un grosso errore, ed il crimine che ne è risultato ha devastato tre famiglie”. Alla sentenza hanno assistito anche gli amici di Setian, che indossavano (vedi foto in alto) una maglietta con davanti nome, foto e data di nascita/morte del ragazzo, e dietro la scritta “Dream as if you’ll live forever. Live as if you’ll die today”. Oltre ai mesi di galera, Garrison dovrà pagare 300.000 dollari di spese varie, di cui 257,996.61 ad Ohana, che nell’incidente è rimasta gravemente ferita. Nessun commento da parte dell’attore, che parlando Mercoledì spiegava: “Il rimorso che sento è genuino, e lo provo ogni giorno”, aggiungendo “mi sento veramente dispiaciuto neicontronti della famiglia Setian, cui nessuno riporterà indietro il loro figlio”.

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Un film con Lenny Kravitz.

(Mtv) Il rocker americano sarà un infermiere in "Push" di Lee Daniels.

Il rocker americano farà parte del cast del film "Push", diretto dal regista Lee Daniels, già al lavoro sul crudo "Monster's Ball".

Kravitz interpreterà il ruolo di un infermiere alle prese con un ragazzo afroamericano, obeso e analfabeta, scaraventato nel violento quartiere di Harlem.

Non si conosce ancora la data di uscita della pellicola. Quello che invece è certo è che nel febbraio 2008 il cantante pubblicherà il suo nuovo album,l intitolato "It's Time For A Love Revolution".

Lenny Kravitz al cinema.

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Erezioni improvvise.

(River blog) Le erezioni capitano spesso nei momenti sbagliati. Questa è una scena di “Mutant X”. L’attore Victor Webster non riesce a “contenersi” e la camera riprende il pacco in erezione.

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Ecco la mutanda salva prestazione sessuale.

(Tulife) Un’azienda croata ha lanciato un nuovo modello di intimo maschile che può essere considerato l’ultima frontiera erotica della mutanda. Si tratta del “Ballbra”, uno slip high tech studiato per migliorare le prestazioni sessuali e rendere più piacevole il momento dell’orgasmo. I pregi del Ballbra sono molteplici. Principalmente racchiude i testicoli in una sacca tenendoli ben separati dal pene durante l’amplesso. In questo modo si evitano spiacevoli schiacciamenti involontari durante gli amplessi più focosi e il membro ha maggiore libertà d’azione. Inoltre, la pressione esercitata sui testicoli imprigionati aumenterebbe sensibilmente il piacere e renderebbe l’orgasmo esplosivo. È consigliato anche indossarlo per la masturbazione solitaria.Dal punto di vista tattile il Ballbra è morbido e confortevole, piacevole da indossare e da toccare.
Disponibile sia in versione g-string che boxer, è disponibile nei colori nero, rosso e bianco. Ci sono poi i modelli deluxe, in seta, bombati o alla marinaretta, con righe orizzontali bianche e blu. Come per i reggiseni, anche il Ballbra è venduto in più taglie e per scegliere quello giusto bisogna misurare con cura sia la larghezza che la lunghezza dei testicoli stando in piedi.

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Inghilterra: Una scuola per Strip-men.

(Tulife) Strip man non si nasce. Si diventa. Per questo motivo in Gran Bretagna è nata una vera e propria scuola dedicata agli uomini che vogliono imparare l’arte dello spogliarello. Non solo per intraprendere questa professione, ma anche per aggiungere un po’ di passione nella vita di coppia. La scuola si chiama “Adonis Male Stripper School” e in Gran Bretagna si tratta del primo istituto del genere. La Adongais Male Stripper School, che ha già aperto 5 sedi in altrettante città della Gran Bretagna, è diretta da un esperto del settore, lo spogliarellista Stuart Lewington, il cui nome d’arte è Justin “Serpente nei pantaloni”.

Le sue lezioni sono molto semplici e sono in grado di soddisfare le richieste dei suoi studenti: ci sono i corsi serali full immersion che per 150 euro insegnano i fondamenti dello strip tease; oppure i corsi da otto settimane con lezioni avanzate. www.malestripperschool.com

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Don Barbero: Aprrezzavo Don Benzi nonostante le divergenze.

Il prete dissidente: divisi su omosessualità e laicità.

(Apcom) - L'uno avrebbe fatto Zapatero cardinale, l'altro considerava il premier spagnolo una sciagura per il suo paese. Posizioni che più diverse non si può. Eppure don Franco Barbero, sacerdote dimesso dallo stato clericale dalle autorità vaticane per le sue posizioni pro-gay e a favore del matrimonio dei sacerdoti, ricorda don Oreste Benzi, morto la notte scorsa all'età di 82 anni, con parole di rispetto. "Al di là delle nostre differenze teologiche, ho sempre apprezzato il suo impegno di solidarietà. Prima delle idee metto sempre l'operato delle persone", spiega il capo della comunità 'dissidente' di Pinerolo.

"Tra noi c'erano molto differenze. Eravamo lontani nelle idee ma vicini nel cuore. E' bello che nell'unica Chiesa si possano esplicitare le differenze", afferma don Barbero, interpellato telefonicamente. E' rimasto famoso un confronto a distanza tra i due sacerdoti realizzato dal programma televisivo 'Le Iene' sul tema dell'omosessualità. "Le relazioni omosessuali sono contro natura, nocive al bene della società, sono una deviazione", disse don Benzi. "Gay e lesbiche, fate l'amore sotto il sorriso di Dio", affermò don Barbero. "Purtroppo non l'ho mai conosciuto di persona, le nostre interviste vennero realizzate separatamente e poi assemblate", ricorda oggi il sacerdote dissidente. "Ma si può essere diversi senza inimicizia", aggiunge.

"Avevamo una visione della laicità molto diversa", ricorda don Barbero. "Per me bisogna concorrere tutti a costruire con idee e comportamenti diversi una società di giustizia, tenerezza e rispetto. Penso che la Chiesa sia il popolo di Dio, l'insieme dei figli e delle figlie di Dio, responsabili e liberi, la raccolta di differenze", spiega. "La sua visione era più classica. Sosteneva una Chiesa che chiedeva obbedienza al magistero". Ma, aggiunge il sacerdote dissidente, "pur nella differenza del nostro modo di pensare e operare, penso che su tante cose essenziali fossimo vicini".

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Amici, Marco Carta vince la sfida e resta nella scuola.


(Televisionando) Marco Carta, il cantante sardo titolare di un banco della scuola di Amici di Maria De Filippi, vince la prima sfida esterna ai danni del giovane Manuel Antognelli, uno dei tanti provinati non ammessi tra i primi 18. Membro esterno è il critico musicale di QN, Marco Mangiarotti. Nel video la preparazione dei due sfidanti.

Intanto Francesco conquista il diritto all’immunità dopo essere stato giudicato il “meno peggio” da Steve, ideatore della prova immunità che ha coinvolto i ballerini (Luca, Gennaro, Gianluca, oltre ovviamente Francesco). Il compito affidato era di fare da contorno ad una cantante con una coreografia improvvisata in grado di esaltare l’esibizione canora. Gennaro e Luca hanno peccato di eccessivo protagonismo, Francesco ha interpretato meglio il proprio ruolo, di Gianluca non è dato sapere.

Se i cantanti sono stati i primi ad andare in sfida e le cantanti perdono tempo a litigare tra loro (su tutte le solite Simonetta e Maria Luigia), sono forse i ballerini ad avere la vita più dura nella scuola. Gennaro è stato interrogato a sorpresa e ha raccolto una serie di insufficienze che si aggiugono ai commenti poco lusinghieri seguiti alla sua esibizione di sabato nel passo a due con Valentina. Alessandra, Maura e Garrison sono i più insoddisfatti della sua resa e continuano a dubitare sul proprio giudizio di ammissione nei confronti del diciottenne calabrese.

Chi vede sempre più traballare il proprio banco è Susy Fuccillo, la cui permamenza nella scuola è stata messa in discussione dalla maestra Celentano. La ballerina ha sostenuto in settimana una valutazione collegiale da parte della commissione danza chiamata a decidere sulla sua “sorte”, ma per motivi di audience la sentenza verrà emessa solo sabato, durante la diretta pomeridiana.

Che qualcuno ci spieghi la valenza educativa di tanta insensibilità. La mitica signorina Grant della serie tv cui il reality dichiara di ispirarsi, Saranno Famosi, parlava di fatica e sudore (”Voi fate sogni ambiziosi, successo, fama, ma queste cose costano ed è esattamente qui che si incomincia a pagare, col sudore “), ma qui ormai si assiste solo ad uno stucchevole chiacchiericcio da bega di paese: chi ha il ginocchio più bello, l’espressione migliore, il collo del piede perfetto…

Che senso ha far entrare una ragazza considerata tozza e con poco talento per poi “umiliarla” facendo confronti fuori luogo con Anbeta (la commissione ha messo a confronto i fisici delle due ballerine) e proporre la sua esplusione dopo due settimane. Certo che si tratta di scelte autoriali, mirate ad avere materiale su cui montare casi e puntate e ad aumentare l’interesse e l’ascolto, ma così si scredita il corpo docente, la sua validità e la sua competenza. Chiaro poi che gli allievi si sentano autorizzati a disconoscerne l’autorità. Di tutto questo abbiamo parlato in un altro articolo, proprio agli inizi della trasmissione, ma qui davvero non si capisce come si possa arrivare alla fine dell’edizione.
Sono proprio sicuri gli autori che così attireranno più pubblico? Non rischiano, piuttosto, di alienarsi definitivamente le fasce più “adulte”, già subissate di prepotenze ed abusi nella vita reale per potersi sobbarcare anche quelle dell’ex talent show della De Filippi? Sarà una scelta commerciale, il pubblico adolescente è molto più devoto del volubile 25-30enne, ma vorremmo davvero capire qualcosa di più su questa impostazione autoriale.
Intanto, coraggio Susy, oltre Amici c’è di più.

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Irlanda: pronta la legge sulle unioni civili.

(Yahoo notizie) Il Ministro della Giustizia irlandese, Brian Lenihan ha dichiarato di voler pubblicare un disegno di legge entro il 30 marzo prossimo impegnandosi solennemente perché diventi legge durante la legislatura di questo governo. “Il governo mi ha chiesto di preparare una norma che consenta la registrazione delle unioni civili tra coppie dello stesso sesso – ha dichiarato Lenihan -. Questa legge fornirà protezione anche ad altre relazioni che si collocano fuori dal matrimonio tradizionale, siano esse tra persone eterosessuali che omosessuali.

Attualmente le coppie gay e lesbiche non possono sposarsi secondo la legislazione irlandese e di conseguenza non possono godere dei benefici garantiti alle coppie eterosessuali sposate. Una legge che permettesse le unioni civili era stata promessa nel programma di governo della coalizione che ha vinto le elezioni. Il responsabile giustizia dei Verdi Ciarán Cuffe aveva dichiarato che la proposta del governo avrebbe garantito alle coppie gay e lesbiche che avessero registrato la loro convivenza presso una nuova agenzia, gli stessi diritti delle coppie eterosessuali. “Questo è un passo ancora più avanti nella legislazione sull'uguaglianza irlandese”, ha commentato.

Lo scorso luglio all'inaugurazione di un nuovo centro della comunità LGBT a Dublino, il primo ministro irlandese Bertie Ahern promise che avrebbe spinto per una legislazione che garantisse alle coppie gay e lesbiche gli stessi privilegi delle coppie eterosessuali.

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Le grandi star passano dal set di Hollywood al palco di Londra.

Dopo le prove teatrali di Nicole Kidman (protagonista di The blue room ormai quasi dieci anni fa) e Daniel Radcliffe (il maghetto apparso seminudo in Equus lo scorso anno), è ora la volta di Christian Slater e di Ewan McGregor, entrambi in cartellone in prestigiosi teatri del West End di Londra.

Christian Slater (nella foto) ha debuttato lo scorso 15 ottobre in Swimming with Sharks, messa in scena di una commedia americana scritta e diretta da George Huang e interpretata da Kevin Spacey e Frank Whaley. L’opera è in scea al Vaudeville Theatre per la regia di Michael Lesslie, che ha fatto la sapiente scelta di Slater come protagonista. L’attore, oltre ad attrarre pubblico con il solo nome, è davvero incendiario e irresistibile nella sua interpretazione di Buddy Ackerman, un super produttore hollywoodiano. La storia è spietata e forte, e si può risolvere nella eterna domanda: riuscirà uno sceneggiatore idealista, assunto come schiavo da un potente uomo d’affari, a realizzare il suo sogno e ad avere una possibilità a Hollywood?

Dopo Christian Slater tocca ad Ewan McGregor che debutterà invece a fine novembre in Othello al Donmare Warehouse Theatre. Sulle scene sarà Iago, personaggio terribile, odiato da tutti e amato da ogni attore.

Altra star in scena in questo periodo è Patrick Stuart che, nonostante abbia raggiunto la fama attraverso grandi produzioni americane, è come Daniel Radcliffe un inglese puro, proveniente addirittura dalla Royal Shakespeare Company. Fino alla fine di novembre il più noto Professor Xavier (in X-men) o meglio conosciuto come Capitano Picard (in Star Trek) interpreterà Macbeth nella più sanguinosa e forte tragedia shakespeariana al Gielgud Theatre.
Se molte star americane rinunciano ai loro stratosferici ingaggi cinematografici pur di poter calcare un palcoscenico londinese, non sempre il nome in cartellone poi conquista anche il pubblico. Sono molti gli attori amati al cinema che hanno avuto amare sorprese e aspre critiche per le loro interpretazioni teatrali: un caso su tutti è quello di Julia Roberts, protagonista l’anno scorso nella commedia drammatica (in tutti i sensi) Three days of rain.

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Antigay americani: La fine degli evangelici. Sì, un’altra volta.

(Christian Rocca - Il Foglio) Il New York Times ha dichiarato finita l’era politica del movimento evangelico con un lunghissimo articolo del suo reporter addetto al mondo conservatore e alla destra religiosa, David Kirkpatrick. L’autore è lo stesso che nel 2004 aveva seguito per il Times l’incontenibile ascesa dei fondamentalisti religiosi e la loro presa di potere del Partito repubblicano. Almeno, così si diceva allora. Ora, con la stessa naturalezza, si dice l’opposto: “La straordinaria storia d’amore degli evangelici con Bush è finita in modo straziante a causa della guerra in Iraq e per quello che molti di loro vedono come un insufficiente risultato di politica interna. Questa delusione ha affilato la divisione nel mondo evangelico, in particolar modo sugli approcci teologici e generazionali a proposito dell’alleanza col Partito repubblicano”.

La notizia della morte del movimento politico evangelico sembra decisamente esagerata, proprio come l’idea che Bush e la destra religiosa stessero instaurando una teocrazia cristiana grazie a una politica estera ideologica e a una interna ispirata al Vangelo. “L’intera cosa del collasso evangelico è una stupidaggine, facilmente ignorabile se non fosse che alcuni di noi non possono fare a meno di divertirsi a tenere ancora conto del Times – ha scritto il cattolico Richard John Neuhaus, direttore della rivista First Things – Prima hanno spaventato i lettori creando lo spauracchio di un monolitico assalto teocratico e ora si autoconsolano dicendo che le forze nemiche sono state disperse, ma sia il monolite sia il collasso sono proiezioni della loro eccitata immaginazione”.
Quando il Times e altri giornali liberal raccontavano di questo movimento politico evangelico compatto e coeso dietro George W. Bush, e di una Casa Bianca occupata manu militari dalla destra religiosa, in realtà non tenevano conto delle continue lamentele di leader cristianisti nei confronti del presidente, accusato di strumentalizzare gli evangelici e di prendersi gioco di loro. L’anno scorso, per esempio, era uscito il libro di David Kuo, il numero due dal 2001 al 2003 all’Office of Faith-Based Initiatives della Casa Bianca, la centrale operativa delle iniziative bushiane ispirate dalla religione. In “Tempting Faith”, Kuo ha raccontato che, al di là delle parole, l’Amministrazione Bush non ha fatto nulla per gli evangelici, che li ha soltanto sfruttati per cinici motivi elettorali, dopo essersi accorto che nel 2000 quattro milioni e mezzo di fedeli erano rimasti a casa e non erano andati a votare per lui nella sfida con Al Gore. Non solo. Kuo ha scritto che lo stratega di Bush, Karl Rove, era solito descrivere gli evangelici come “matti” e “stupidi”. Insomma era sufficiente ascoltare i leader religiosi per capire, già allora, quanto la “minaccia teocratica” fosse inesistente e come l’influenza delle istituzioni religiose sulla politica americana fosse inferiore a quella di altri gruppi di pressione.
Improvvisamente anche per il New York Times quel pericolo teocratico non c’è più e, anzi, pare che in un battibaleno gli evangelici siano cambiati, siano diventati più buoni e sostengano i democratici. L’analisi di David Kirkpatrick, consolidata dalle dichiarazioni di alcuni leader evangelici, è che il movimento si sia stancato della guerra culturale su aborto e gay ed embrioni e che, grazie all’avvento di nuovi e più moderni leader, si voglia dedicare a sconfiggere la povertà nel mondo, ad ampliare la copertura sanitaria in America, a combattere le malattie infettive, a curare l’ambiente e a prevenire i genocidi. Temi che, al contrario dell’aborto, consentono alla sinistra di competere con la destra.
Eppure è il Partito democratico a essere più attento alle questioni religiose. Le iniziative della “religious left” sono sempre più frequenti, il Congresso democratico aumenta i fondi per promuovere l’astinenza sessuale, i centri studi liberal invitano a intercettare il voto evangelico, i candidati democratici parlano di Dio e di religione, Hillary Clinton ha organizzato un formidabile apparato per rispondere alle esigenze degli elettori devoti, Barack Obama si è fatto rappresentare da un predicatore furiosamente anti gay. Sicché è possibile che Bush abbia spento l’entusiasmo degli evangelici e che qualcuno di loro non sia più interessato alla battaglia elettorale, ma forse anche perché reputa già vinta la battaglia culturale.
Il rapporto tra gli evangelici e la grande stampa liberal non è mai stato semplice, i due mondi non comunicano e non si capiscono. Qualche anno fa il Washington Post definì gli evangelici “poveri, non istruiti e facilmente manipolabili”, ma quando negli anni Settanta è cominciata l’ultima ondata di partecipazione politica attiva degli evangelici, il movimento si è schierato con Jimmy Carter, il primo presidente cristiano rinato.
Da allora sono state parecchie le volte in cui i leader evangelici, delusi dal rapporto con Washington, hanno invocato il ritiro dalla politica attiva. Oggi sono evidenti le divisioni spirituali, i conflitti generazionali e il declino dei vecchi leader politici della Jesus Machine, ma non al punto da poter annunciare la fine del peso degli evangelici. I capi della destra religiosa minacciano di non votare Rudy Giuliani o John McCain o Mitt Romney, ma lo stesso fatto che nei sondaggi questi continuino ad avere il sostegno dei repubblicani, non sembra un segno del collasso del ruolo politico della destra religiosa, ma la prova che il mondo liberal confonde le posizioni estreme di alcuni personaggi a loro paradossalmente cari, come Pat Robertson e James Dobson, con il diffuso e sereno sentimento religioso della comunità di fede.
Il New York Times sostiene che il consenso repubblicano per un pluridivorziato, abortista e pro gay come Giuliani dimostri l’estinzione del sacro fuoco della destra religiosa. Altri osservatori, come il professore liberal della New York University Jeff Sharlet, credono che ci sia un’altra spiegazione, tutt’altro che moderata. Per buona parte del Ventesimo secolo, ha scritto Sharlet, gli evangelici hanno avuto un nemico chiaro ed evidente: il comunismo. La fine della Guerra fredda ha spazzato via l’avversario, lasciando spazio al loro altro grande tema, quello della purezza sessuale. L’11 settembre ha introdotto nello scenario un nuovo nemico, il fascismo islamico, facilmente assimilabile all’antica avversione nei confronti dell’ideologia comunista. In questi anni il movimento evangelico è stato indeciso su dove concentrare le proprie energie, se nella battaglia contro il sesso o nello scontro di civiltà, tanto che l’anno scorso è stato convocato un incontro con mille predicatori per dibattere la questione. Sharlet, così, arriva a una conclusione opposta a quella del New York Times, cioè che il successo di Giuliani non significa la fine della destra religiosa, piuttosto che gli evangelici potrebbero aver raggiunto un consenso in quel dibattito: il nemico è l’islam radicale e Giuliani è l’uomo che può vincere questa battaglia, esattamente come negli anni Ottanta è stato l’attore hollywoodiano Ronald Reagan, noto per aver firmato la legge sull’aborto più permissiva d’America ai tempi in cui governava la California, ad aver entusiasmato gli evangelici e preso i loro voti per sconfiggere l’impero del male sovietico.

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Teatro: Sergio Rubini ed Enrico Rava per Camilleri a Palermo.

(Agi) Con "Requiem per Chris" di Andrea Camilleri, protagonisti Sergio Rubini ed Enrico Rava, il Palermo Teatro Festival entra nel vivo del suo cartellone teatrale. Lo spettacolo debutta domani in prima nazionale e sara' replicato domenica. La performance che riunisce uno dei piu' interessanti attori italiani di cinema e teatro e un grande jazzista si avvarra' delle musiche dal vivo di Mauro Negri (sax contralto e clarinetto), e della "Enrico Rava New Generation" formata da Giovanni Guidi (pianoforte), Francesco Ponticelli (contrabbasso) e Joao Lobo (batteria).
Sergio Rubini e Enrico Rava portano in scena un soggetto pressocche' inedito (unica rappresentazione a Parma nel settembre 2006) di Andrea Camilleri, scritto per un film che non e' stato mai realizzato: una "storia siciliana" che si conclude in una New Orleans segnata dalla catastrofe dell'uragano Katrina. La storia e' quella di Chris Lambertine, personaggio che incarna le origini e la storia del jazz afro-americano, morto suicida, giovanissimo, nel 1917. Uno strano viaggio nello spazio e nel tempo, dove la Sicilia fascista, che attende l'imminente disastro della guerra a fianco della Germania, s'intreccia con frammenti di storia del jazz delle origini di New Orleans, per concludersi su un tetto della citta' martoriata dall'uragano Katrina. Filo rosso sono la tromba di Enrico Rava e la sua ossessione per quella piu' misteriosa di Chris Lambertine. (AGI)

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Pestaggio contro gay a Roma: Le parole di Fabrizio Marrazzo.

(Apcom) - Le istituzioni devono attivarsi al più presto contro "il dilagare dell'omofobia". E' quanto chiede l'Arcigay esprimendo solidarietà nei confronti dei tre ragazzi gay insultati e 'pestati' ieri all'interno della stazione Termini a Roma.

"Vogliamo esprimere la nostra solidarietà ai tre ragazzi che hanno subito le violenze - afferma Fabrizio Marrazzo (al centro della foto), presidente di Arcigay Roma - Purtroppo la vicenda conferma il clima d'omofobia e di violenza che dilaga in tutta Italia".

Marrazzo ricorda anche che "non è la prima volta che si verifica un episodio del genere", visto che a marzo l'Arcigay aveva denunciato un'analoga vicenda accaduta all'interno dello Shopping Center della Stazione Termini. "Le stazioni romane, come confermano anche le vicende di queste ultime ore, non sono sempre luoghi sicuri - conclude Marrazzo - Per questo chiediamo un incontro ai vertici delle società Ferrovie dello Stato per poter discutere di sicurezza anche per le persone lesbiche e gay".

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Omaggio di Roma a Pasolini, tra cinema e teatro.

(Ansa) Roma torna a rendere omaggio a Pier Paolo Pasolini. Nella settimana in cui ricorre il 32esimo anniversario della morte dell'intellettuale, ucciso brutalmente al Lido di Ostia il 2 novembre 1975, nella capitale si rincorrono le iniziative per commemorarlo.

E al teatro del Lido (Ostia), sbato 2 novembre arriva la prima romana dello spettacolo teatrale ''Volevoesserepasolini.com'', di e con Oliviero Beha. Il giornalista mette in scena il suo malessere ''per una degenerazione che ha decisamente oltrepassato il concetto pasoliniano di mutazione antropologica'', guidato dalla regia di Beppe Arena.

Nello stesso teatro, domenica 3 novembre si tiene la quarta edizione di ''Pier Paolo Pasolini una vita futura''. Quest'anno il progetto dedica uno spazio al cinema meno noto dell'intellettuale, con la proiezione di una serie di lungometraggi introdotti da Giovanni Greco. Informazioni: www.teatrolido.it - 06-56201611. Ancora il 2 novembre, L'officina dei Sapori dedica un ''Omaggio a Pier Paolo Pasolini'' con una mostra fotografica, aperta per tutta la giornata, alla quale segue la proiezione serale di ''Mamma Roma'', celebre film del '62 che narra le speranze di riscatto di una prostituta, Mamma Roma appunto, interpretata da Anna Magnani. Informazioni: www.saporisaperi.it - 06-43599470.

Dal 6 all'11 novembre, al teatro Vascello, la compagnia Triangolo Scaleno porta in scena ''Calderon'', unico dramma teatrale pubblicato in vita da Pasolini. Il titolo fa riferimento all'autore spagnolo del XVII secolo Pedro Calderon de la Barca, dalla cui opera ''La vita e' sogno'' l'autore riprese il tema del Potere, perno intorno a cui ruota questa rappresentazione teatrale. Informazioni: www.teatrovascello.it - 06-5881021.

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Ravenna e le unioni civili.

Raccolte più di 60 firme a favore dell'istituzione di un registro .

(Ravennanotizie.it) È stato sottoscritto un documento firmato da più di 60 personalità del mondo della scuola, cultura, istituzioni culturali, Università di Ravenna in merito alla istituzione del registro delle unioni civili, a seguito della petizione popolare che sarà discussa dal consiglio comunale il prossimo 5 novembre.

"Quasi tutti i paesi, in Europa - si legge nel documento -, si sono dotati di una legislazione che riconosce e regolamenta, in vario modo, le convivenze, con pieno riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto, basate su relazioni affettive e di solidarietà, a prescindere dall’orientamento sessuale dei conviventi. Comprendiamo, quindi, e sosteniamo le ragioni della petizione promossa mesi fa dalla assemblea ravennate di Usciamodalsilenzio, un movimento di donne che è sorto in Italia all’inizio del 2006, per riprendere la parola, dopo troppo silenzio, sui temi della libertà femminile, sui diritti e sulle leggi che li regolano. La petizione, sottoscritta da 2000 cittadine e cittadini di ogni età residenti nel comune di Ravenna, consegnata al comune il 27 luglio scorso, contiene una richiesta di notevole rilevanza simbolica: l’istituzione, presso l’anagrafe, di un registro delle Unioni Civili delle coppie di fatto. Il registro è stato istituito in molti comuni italiani, già da molto tempo. Recentemente, a seguito di una petizione popolare, è stato istituito anche presso il comune di Roma. E’ una occasione per avviare una pubblica riflessione anche nella nostra città”.

“Crediamo che chi abbia una visione religiosa della vita non debba in alcun modo temere le relazioni che si fondano su affettività, reciprocità, affetto, amore - prosegue il documento -. L’Europa ha, attraverso esperienze storiche - prosegue il documento - spesso tragiche, finalmente messo al centro della propria ragion d’essere l’universalità dei diritti e il pieno riconoscimento delle differenze, anche nell’ambito degli orientamenti sessuali. E, per noi, è coppia di fatto qualunque unione “si senta” tale, qualunque sia il suo presupposto, purché desiderato e liberamente voluto. Non è l’amore nelle sue varie forme che può preoccupare. E’, piuttosto, l’impossibilità, a volte disperata, di perdonare, o di potere o volere aiutare, o di riuscire ad accogliere chi non è come noi".

"Ci auguriamo quindi - conclude il documento - che il consiglio comunale esamini in tempi brevi la petizione, e che deliberi l’istituzione del registro delle Unioni Civili. Saranno poche le coppie che si registrano? La civiltà della universalità dei diritti riconosce il diritto di chiunque, anche di uno solo, in questo caso almeno due. La democrazia non è tale se si occupa solo o prevalentemente delle maggioranze. Il Novecento che abbiamo alle spalle ne è testimone”.

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Mre: “Costituzione e rispetto dell’individuo siano le nostre bussole”.

Sul dibattito riguardante la famiglia e le unioni civili, sviluppatosi in Consiglio regionale, è intervenuto il Movimento dei Repubblicani Europei, che esprime “conforto” e “preoccupazione”: “rassicurati dalla consapevolezza di aver fatto bene a svolgere un ruolo propositivo su determinati temi, anche all’interno del laboratorio dell’Ulivo prima e del Partito democratico oggi; allarmati dalla possibilità che il taglio di questa discussione possa allontanarci, in preda ad opposti ideologismi, dal nostro obiettivo: interpretare i cambiamenti della società e capirne le esigenze, per poter legiferare secondo gli interessi dei cittadini”.

La nota, a firma Achille Alberani, membro della Costituente nazionale del Pd e coordinatore regionale del Mre, Sergio Ginocchietti, membro della Costituente regionale del Pd e coordinatore del Mre di Bologna e Andrea Tarroni, consigliere nazionale del Mre e consigliere comunale dell’Ulivo a Ravenna, si propone di non dimenticare l’equità richiamata dalla Costituzione. “Sappiamo che compito del governo della Regione e dello Stato è di fare una politica coerente ed organica per la famiglia così come definita dall’articolo 29 della Carta: “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Altresì dobbiamo garantire, a tutti, diritti civili e sociali (come sancito dall’articolo 2 e 3 della Costituzione) senza discriminare coloro che affidano i propri progetti di vita a forme diverse di convivenza, siano esse tra persone di sesso diverso o dello stesso sesso”.

L’interesse del Mre si rivolge alla tutela di questa ultima fascia di persone, che scelgono un altro tipo di convivenza, “non solo gli omosessuali, ma anche quegli anziani che decidono di gestire l’ultima parte della propria esistenza attraverso un rapporto di solidarietà con un parente, con un amico, con un altro anziano col quale è legato da un rapporto di affinità. Ci riferiamo a quanti sono già stati sposati e ora sono separati, ma non divorziano perché non possono. Divorziare costa, e tanto”.

L’invito è a non far finta di niente nonostante qualcuno dica: “Sono pochi, non è una priorità”, perché “in termini di diritti civili la marginalità non esiste. Dobbiamo ragionare in senso laico, nel suo significato di slegato dalle ideologie”.

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Unioni civili. Se ne discute lunedì in Consiglio comunale.

L’assemblea di donne "Usciamo dal silenzio" invita le cittadine e i cittadini a partecipare alla seduta del Consiglio comunale di lunedì 5 novembre alle ore 20,45 in Municipio (Piazza del Popolo). Il Consiglio avrà al primo punto dell’ordine del giorno la petizione popolare indirizzata al sindaco Fabrizio Matteucci, in cui si richiede l’istituzione di un registro dell’unioni civili. La petizione è stata promossa dall’assemblea di donne "Usciamo dal silenzio" che ha lavorato quattro mesi per raccogliere e presentare, a sostegno della petizione, 2000 firme.

Attraverso l'istituzione del registro delle unioni civili la pubblica amministrazione si impegna a un primo loro riconoscimento pubblico, affermandone così i diritti civili e sociali, e soprattutto, promovendo il rispetto all'identità e ai progetti di vita delle persone.
La petizione è già stata discussa lo scorso 17 ottobre in commissione affari istituzionali, partecipazione e sicurezza unitamente alla commissione pari opportunità dove è stata accolta e sostenuta dal gruppo di Rifondazione comunista, Comunisti Italiani, Gruppo misto, Ulivo, anche se quest’ultimo ha deciso di lasciare libertà di coscienza ai suoi consiglieri. .

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A caccia di un nuovo santuario gay: La candidatura di Washington e di Fort Lauderdale.

(Queerway) Pensando all'immagine istituzionale di Washington, è facile dimenticare che il turismo è la seconda fonte di creazione del PIL di questa città, subito dopo l'indotto legato all'attività governativa e, almeno stando ai risultati di uno studio recente, che Washington è una delle prime 10 destinazioni gay degli Stati Uniti.
Victoria Isley, vice-presidente marketing del Washington D.C. Convention & Tourism Corporation, afferma che circa 15 milioni di persone visitano D.C. ogni anno. A partire dal 1999, l'organizzazione della Isley ha condotto ricerche che l'hanno portata a concludere che un parte significativa di questi turisti è rappresentato dal turismo gay, il che fa della città una delle prime città americane apprezzate dai turisti gay.

D.C., in un certo senso, è una destinazione gay unica perché, anche se la città ha una consistente popolazione gay e delle policy cittadine decisamente gay-friendly, manca di altre attrazioni che possano attrarre in modo specifico il turismo gay, come per esempio una vita notturna attiva o spiagge a tema.
In realtà, il giornale Travel & Leisure afferma che Washington ha una delle peggiori vite notturne tra le 25 città prese in esame nel suo recente sondaggio America's Favorite Cities 2007. La stessa indagine, poi, ha messo D.C. a metà classifica per quanto riguarda l'atteggiamento gay-friendly. Un'altro recente studio condotto on-line da Community Marketing ha messo D.C. al nono posto tra le destinazioni maggiormente visitate dai turisti gay.

"La risposta migliore che si riesce ad avere è di essere nominati tra le 10 principali destinazioni gay e lesbo" afferma la Isley. Lei ed il Washington D.C. Convention & Tourism Corporation hanno rinnovato i loro sforzi per raggiungere i turisti gay nel 2003 attraverso un nuovo sito web, www.PrideInDC.org, e attraverso una campagna pubblicitaria sulla stampa specializzata.
"Se si da' un'occhiata alle principali pubblicazioni dedicate al turismo gay e lesbo, si nota la tendenza ad avere un approccio pubblicitario provocante" ricorda Isley. "Abbiamo capito che era necessario avere un certo senso di auto-ironia, ma che anche essere veritieri rispetto ai servizi che offriamo". Il che, secondo la Isley, significa proprio incarnare lo spirito di Washington.

"Un esempio perfettamente calzante potrebbe essere la nostra comunità teatrale", continua. "Washington ha una comunità teatrale molto attiva e molti teatri hanno direttori artistici gay e lesbiche".
Nonostante l'approccio focalizzato al mercato gay, tuttavia, la città non raccoglie dati circa i turisti gay che visitano il distretto.
"Le persone gay che vengono in città, ovviamente, non si identificano come gay, ma, allo stesso tempo, noi siamo in grado di misurare il quota di turismo gay in città". Ad affermarlo è Bob Witeck della Witeck-Combs, una società specializzata nel gay marketing. La Witeck ritiene che Washington probabilmente non avrà mai l'attrattività verso il turismo gay di una città che "ha una spiaggia", ma stima che probabilmente i gay rappresentano il 5-10 percento del turismo locale.
Fort Lauderdale, invece, è una città che conosce bene il numero dei turisti gay - 800.000 - che contribuiscono per un miliardo di dollari all'anno all'economia locale, almeno secondo Richard Gray, il vice del Broward County Tourist Development Council.
L'indagine di Community Marketing posiziona Fort Lauderdale al quinto posto delle destinazioni maggiormente visitate dai gay in America ed il Numero di Novembre di Out Traveler nomina la città "Città preferita per i soggiorni gay" sulla base delle scelte dei suoi lettori.
Dieci anni fa, quando lavorava come vice-presidente dell'International Gay Travel Association, Gray aveva notato che Fort Lauderdale stava cominciando ad interessare il mercato.

"Nessuno era veramente interessato a Fort Lauderdake, e io ho cercato di far capire agli operatori del mercato che stava diventando veramente un santuario Gay". Dieci anni dopo, il mercato è esploso, anche se le recenti uscite anti-gay di Jim Naugle, il sindaco della città, hanno fatto temere per una inversione di tendenza.
Naugle, infati, aveva annunciato questa estate che la città avrebbe speso 250 mila dollari per installare dei bagni pubblici dotata di apertura automatica delle porte per evitare episodi di sesso omosex. Nonostante la protesta montante, Naugle ha alimentato il caso con altri commenti omofobici.
Il Bay Area Reporter, un pubblicazione gay di San Francisco, ha pubblicato un editoriale invitando i suoi lettori a boicottare Fort Lauderdale e, anche se non sembra che ci sia stato un seguito su larga scala, il mercato turistico della Florida sembra aver risentito della vicenda. Non si è ancora accertato nessun danno di lungo termine, afferma Gray, ma i danni immediati ci sono stati.

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I Simpson "corteggiano" Gordon Brown

(Sfera pubblica blog) Come accaduto a Blair, anche per Brown arriva l’invito dalla famiglia dei “gialli”. “Dopo anni di attesa per raggiungere il “top”- scrive il Daily Mirror, mantenendo fede al suo consueto stile irriverente – Gordon Brown, finalmente c’è riuscito: apparirà nei Simpson!”. Per ora si tratta solo di una proposta, ma se il premier britannico dovesse accettare, la sua caricatura alla “Simpson” si aggiungerà alla lunga schiera di personaggi famosi che hanno invaso le strade di Springfield, la città “non meglio identificata” sede del fortunato cartoon americano.

Guest star.
Attraverso la matita dell’instancabile Matt Groening, creatore e vera mente della serie, sono già passati in tanti. Moltissime le celebrità provenienti dal mondo della musica e del cinema. Consistente la presenza dei politici, specialmente americani. Dai presidenti Usa del passato, con Richard Nixon, John Fitzgerald Kennedy e Gerald Ford, fino a giungere a tempi più recenti con Bill Clinton, George Bush senior e, naturalmente, il super bersagliato George W.Bush.


Cameo scozzese.
Mentre Ford, Clinton e Bush senior avevano partecipato alla serie affidando la loro voce a dei doppiatori, l’ex primo ministro britannico recitò personalmente la sua piccola parte. Nel 2003, infatti, Blair registrò il suo cameo di 50 secondi a Downing Street, riducendo il proprio “disturbo” e concedendo ai fan della serie, e non solo, una performance originale e imperdibile. Per Brown, ora, si profila un impegno dello stesso tenore. La sua “comparsata” sarà infatti breve e a fianco dell’unico personaggio scozzese, proprio come il primo ministro, della serie: il giardiniere Willie. Personaggio spesso ritratto con il tipico gonnellino in “tartan” ma che nella versione italiana, a causa di un esilarante doppiaggio in un forte accento sardo, sembra avere origini tutt’altro che “scottish”.

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Ghettizzazione: Un parco dell’amore gay per la città del futuro?

(Queerblog) La tendenza alla ghettizzazione non è una prerogativa del mondo gay, soprattutto se si parla di sesso. Ora persino un paese del casertano, Aversa, ha proposto un Parco dell’amore o – come lo ha chiamato il sindaco con singolare originalità – “Drive-in per le attività ludiche”, dove raccogliere gli incontri sessuali delle coppiette.

Con la solita scusa dell’ordine pubblico, della decenza e dei bambini che sono costretti a vedere scene indecorose in pieno centro abitato, si vuole spostare ciò che non si vuole vedere dentro un recinto circoscritto. I viziosi porcelloni vadano a fare le loro schifezze lontano dagli occhi innocenti dei bambini e della gente perbene.

L’opzione del parco o drive-in rientra nella logica del quartiere a luci rosse, già proposto in altre città, tra cui Roma. Le coppiette, i puttanieri e tutte le varie sottocategorie dei lussuriosi sembrano dunque necessitare di spazi ad hoc, che siano le antiche case chiuse o un parcheggio o un bosco. E ai gay nessuno ci pensa? Ovvio che no: se non riconosci socialmente una categoria, figuriamoci se ti preoccupi dei loro bisogni primari.

Gli audaci esponenti dell’imprenditoria gay potrebbero proporre un “Parco dell’amore gay” o una “Piazzola di sosta omoerotica”, dopo gli hotel e i resort. Posti del genere esistono già, ma non ancora ufficializzati. E nessuno ancora ci ha fatto i soldi. Magari, finalmente, tra uno struscio e un’orgetta, potremmo usufruire di servizi adeguati, come un punto ristoro con distributore di preservativi e clinex. Immagino le polemiche che susciterebbe una simile proposta, sia da parte degli etero con famiglia che dei gay… Intanto guardate cosa hanno fatto a Vinci, in Toscana, e a Bari.

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Dio odia i gay.

(Siddhartino) E' arrivata una condanna record, ben 11 milioni di $, per un gruppo di attivisti della Westboro Baptist Church, una chiesa di fondamentalisti del Kansas, che nel marzo 2006 avevano organizzato un picchettaggio con tanto di cartelli e insulti durante il funerale di un marine Matthew Snyder, dichiaratamente gay, morto in guerra in Iraq.
Nei cartelli si potevano leggere frasi come: "dio odia i gay", "Grazie dio per aver voluto punire l'America!", "dio è il vostro nemico".
I membri della chiesa, setta, dichiarano di perseguire il proprio credo religioso diffondendo il messaggio secondo il quale la morte dei soldati americani nei paesi medio-orientali è una sorta di "vendetta divina" per punire l'eccessiva tolleranza degli Stati Uniti nei confronti dell'omosessualità. La condanna effettivamente sembra un po' esagerata, 11 milioni di dollari sono tanti per violazione della privacy e per tentativo di infliggere sofferenze emotive, credo che il messaggio sia piu' che altro...ehm..."non si rompono le palle ai funerali dei poveri militari morti per la patria, la democrazia...", ma per carità in questi casi come si diceva una volta...melius abundare quam deficere.....:)

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Tutti i party di San Francisco, uomini e donne affascinanti.

(Pianeta.com) Di siti web esteri e nazionali che raccontano il nigthlife style ce ne sono tanti, solitamente ben curati e allo stesso tempo accattivanti. Tra questi non si può certo non citare DonovanSF dove i party di San Francisco vengono raccontati a colpi di foto e le belle ragazze qui non mancano!

Foto di qualità e specialmente tante, probabilmente alcune migliaia vi attendono nella fotogallery di donovansf.com

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Antonio Di Pietro: Il coraggio di dire "ho sbagliato".

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Quo vadis, Tonino?
di Marco Travaglio L'Unità.

Premesso che in Italia le commissioni parlamentari d’inchiesta sono enti inutili, anzi dannosi, non essendo mai servite a nulla, se non a produrre «verità» di maggioranza e di minoranza (cioè balle di partito), a insabbiare le colpe dei nemici e a esaltare i meriti degli amici, a confondere le idee anche a quei pochi che pensano di averle chiare, qualcuno dovrebbe difendere Di Pietro da Di Pietro. Come spesso gli accade da 15 anni, cioè da quando è sotto i riflettori, Tonino è in preda a un cupio dissolvi autodistruttivo che lo porta ad allontanare da sè i migliori che gli stanno vicino per asserragliarsi nel suo super-ego con pochi yesmen che gli danno sempre ragione. Il No alla commissione sul G-8, in sé, non è nulla di scandaloso. Sebbene prevista dal programma dell’Unione (pag. 77), l’inchiesta parlamentare non avrebbe portato a nulla, a parte il solito volar di stracci. Diciamoci la verità: a parte la sinistra «radicale», la commissione non la voleva nessuno. Se il centrosinistra non osa urtare nemmeno Pollari e Pompa, anzi li copre di prebende, figurarsi se ha il coraggio di mettersi contro la squadra di Gianni De Gennaro, ex capo della Polizia ora capogabinetto del ministro Amato.
Cos’è che non va, allora, nel No di Di Pietro? Il fatto che sia arrivato a sorpresa, non annunciato e non spiegato. E a braccetto con la Cdl. E per giunta in tandem con Mastella. Intendiamoci: gli inciuci con i berluscones li fanno più o meno tutti, nel centrosinistra. Ma Di Pietro non può permettersene neppure il sospetto: i suoi elettori non lo tollerano. Il fatto poi di ritrovarsi sullo stesso fronte di Mastella, attualmente è peggio che votare con Berlusconi. Ed è la seconda volta in sette giorni. Una settimana fa i due litiganti avevan affondato la maggioranza sulla società Ponte sullo stretto, meritandosi il plauso di Cuffaro (Totò aveva elogiato Tonino chiamandolo «uomo d’onore», ritenendololo un gran complimento). Anche su quella questione, è possibile che Di Pietro abbia le sue ragioni: dice che sciogliere subito la società comporterebbe uno spreco di 500 miliardi, mentre la soluzione che ha in mente lui costerebbe un decimo. Ma allora bisogna spiegare tutto e bene, possibilmente prima che la gente si trovi dinanzi al fatto compiuto. E magari prima di perdere per strada uno dei fiori all’occhiello, Franca Rame, ucita dal gruppo Idv proprio per la faccenda del ponte. Chi non frequenta il blog del ministro, cioè quasi tutti, non ci ha capito nulla. E i mezzi per spiegare non gli mancano, visto che è sempre in tv e sui giornali. Invece il No sul G-8 s’è capito benissimo. Ma era meglio se non si capiva.
In due interviste al Giornale e alla Stampa, Di Pietro non dice quel che sarebbe ragionevole: la commissione si sarebbe trascinata per anni in inutili scambi di accuse e ricatti senza cavare un ragno dal buco, ed è molto meglio lasciar lavorare i tribunali. No, dice una monumentale sciocchezza: «Questa indagine ha senso solo se viene compiuta a 360 gradi e riguarda sia i comportamenti dei manifestanti che quelli dei poliziotti. La sinistra massimalista vuole indagare esclusivamente sui poliziotti e un partito della legalità come l’Idv non può accettare una legalità a metà». Ma le commissioni parlamentari devono occuparsi delle deviazioni delle istituzioni, non di quelle dei cittadini comuni. Se un black-bloc spacca una vetrina, viene processato per aver spaccato la vetrina, ma la cosa è piuttosto normale: è il loro mestiere. Se un poliziotto fracassa il cranio a uno studente che dorme, e altre centinaia di agenti fanno altrettanto, c’è un problema nella polizia e ha senso che il Parlamento s’interroghi. Perché il mestiere della polizia non è quello di spaccare crani di giovani dormienti, ma quello di prendere i black-bloc. Se valesse l’assurda par condicio tra black-bloc e agenti, a quando una commissione sui topi d’appartamento e i palpeggiatori da tram?
Fino a un mese fa Di Pietro andava a gonfie vele. È uno dei migliori ministri del governo, senz’altro il più popolare. Sulle nuove leggi vergogna non ha sbagliato un colpo, opponendosi all’indulto e (più tardivamente) alla legge-bavaglio di Mastella. Complici l’asse con Grillo e la solidarietà a De Magistris, i sondaggi danno il suo partito come l’unico in crescita nell’ Unione. E, col ripristino del falso in bilancio e la modifica della Cirielli, ha vinto un’altra battaglia. E allora perché si agita? Perché dà l’impressione di smarcarsi dal governo proprio quando il governo, finalmente, dà ragione a lui? Ci fa sapere?

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Caro Travaglio,
la sua rubrica su l’Unità di ieri a me dedicata dal titolo «Quo vadis, Tonino» mi ha fatto molto riflettere. Potrei sostenere con mille presumibili buone ragioni la posizione presa da me e dall'Italia dei Valori in merito al nostro voto sulla società Ponte sullo Stretto di Messina (ponte che, sia chiaro, nemmeno io voglio fare né sto facendo fare) e più ancora sulla istituzione di una Commissione d'inchiesta sul G8 di Genova (che condividiamo, purchè ad essa non vengano attribuiti anche poteri giudiziari che dovrebbero spettare solo ai giudici e purchè si stabilisca che si deve occupare non solo di valutare i misfatti commessi dalla Polizia, ma anche quelli commessi dai black bloc e soprattutto dai loro mandanti politici). Commissione che lei stesso annovera tra quelle che definisce «...enti inutili, anzi dannosi, non essendo mai servite a nulla se non a produrre verità di maggioranza e di minoranza, cioè balle di partito, a insabbiare le colpe dei nemici e ad esaltare i meriti degli amici, a confondere le idee anche a quei pochi che pensano di averle chiare...» (Mitrokhin e Telecom Serbia docent!).
Presumibili buone ragioni che chi ha voglia di valutarle può leggerle sul mio blog www.antoniodipietro.it.
Ma il punto è un altro e lei l'ha giustamente centrato (forse rovinandomi la digestione, ma certamente aprendomi gli occhi e di questo la ringrazio): io ed il mio partito ci siamo ritrovati di fatto allineati sulle stesse posizioni del partito di Berlusconi e di quello di Mastella. So nel mio intimo che non è questo quello che volevo e voglio (e mi scuso con gli elettori per l'imbarazzo creato). Ma purtroppo questo è il messaggio che è passato e la colpa, devo ammetterlo, non è solo delle strumentalizzazioni altrui (che peraltro ci sono state e ci sono a iosa) ma anche mia.
Ho sbagliato nel comunicare male e tardi quelle che io ritengo essere - forse sbagliando ma certamente in buona fede - le mie «buone ragioni di merito». Ho sbagliato soprattutto nel non essere riuscito a trovare una soluzione politica nell'ambito della coalizione su materie che - con il dialogo e la reciproca comprensione - potevano trovare una giusta soluzione (per esempio, intervenendo sulla stesura del testo della legge istitutiva della Commissione di inchiesta, in modo da assicurare che essa non debordasse in un «processo» ai processi giudiziari in corso e che fossero stabiliti precisi paletti e garanzie di funzionamento).
È vero anche che nemmeno gli «altri» della coalizione hanno voluto far nulla per trovare un punto di mediazione, ma il loro errore non annulla il mio.
Una cosa è certa, però e di questo la ringrazio di averne dato atto: in materia di politica giudiziaria, l'Italia dei Valori sta facendo il proprio dovere, tanto è vero che siamo riusciti da ultimo a far inserire nel «pacchetto sicurezza» importanti norme quali il ripristino del reato di falso in bilancio e le eliminazione della legge ex-Cirielli sulla prescrizione.
Vorrei continuare in questa direzione e quindi rispondo alla sua domanda «Quo vadis, Tonino?» nell'unico modo possibile: vado diritto per la mia strada, ma - d'ora in poi - con più attenzione ai compagni di viaggio.

Antonio Di Pietro


Non capita tutti i giorni che un ministro risponda alle critiche di un giornale. E non capita quasi mai che lo faccia per dire «ho sbagliato». Da cittadino, gliene sono grato. E credo che gliene siano grati anche i lettori e gli elettori.

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Roma violenta e omofoba. Le aggressioni al Tasso, al Newton e a Ostia, Denuncia al prefetto Mosca.

(Tea Maisto - La Repubblica, edizione di Roma) Aggressioni, intimidazioni, scritte omofobe e razziste. Lo scenario è quello delle scuole e nel mirino di gruppi neofascisti finiscono gli studenti. A lanciare l´allarme sono intellettuali, politici, associazioni e sindacati che hanno preso carta e penna per scrivere una lettera aperta che presenteranno al fianco degli studenti lunedì alla Casa della Memoria.

«Nelle scuole della capitale - si legge nella lettera - gruppuscoli di neofascisti, usati e strumentalizzati dai soliti noti, stanno provando a propagandare e praticare una cultura inaccettabile di violenza, sessismo, razzismo, prevaricazione. L´anno scorso si sono susseguite provocazioni, scritte e proclami vergognosi. E non sono mancate purtroppo le aggressioni squadriste che in diversi casi hanno determinato il ricovero di studenti. Ricordiamo, fra le altre, quelle del Tasso e del Newton,ancora senza responsabili».

Tra i firmatari ci sono Alessandro Portelli, storico e delegato del Comune alla memoria, Rosario Bentivegna, medaglia d´oro della Resistenza, il filosofo Gianni Vattimo, il calciatore Cristiano Lucarelli. In campo anche politici: il senatore Giovanni Russo Spena (Prc), Mauro Bulgarelli (Verdi), Marco Rizzo (europarlamentare Pdci). E ancora: l´Associazione partigiani di Roma, ArciGay Roma e Cobas della scuola. Nella lettera si ricordano gli episodi di questo anno scolastico appena iniziato: «Il corteo nazionale del 12 ottobre, al termine del quale uno studente è stata ricoverato con 15 punti in testa. L´aggressione agli studenti del liceo Tasso di pochi giorni fa, ad opera di chi sostiene di volantinare ma lo fa armato di cinghie e manganelli. Il pestaggio brutale di tre ragazzi in un parco di Ostia».

Le richieste dei firmatari sono chiare e sono dirette al ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni affinché prenda tutti i provvedimenti per far sì che non possa esserci spazio di propaganda nella rappresentanza studentesca per chi si definisce fascista. Infatti si legge ancora nella lettera: «Ci preoccupa soprattutto che le scuole, luogo privilegiato di cultura e partecipazione, possano essere terreno per una propaganda vergognosa e squallida che tenta, sfruttando la crisi di memoria storica, di riportarci nei periodi peggiori della nostra storia. Riteniamo inaccettabile che, ai diversi organi della rappresentanza studentesca, si candidino gruppi dichiaratamente fascisti, che nelle loro pubblicazioni prendono persino la difesa del terzo Reich».

Ma intellettuali, politici e studenti si rivolgono anche al prefetto Carlo Mosca perché «è difficile accettare che in una città che si vuole esempio di legalità si possano aggredire studenti in pieno giorno. Ma, soprattutto, facciamo appello a tutta la cittadinanza democratica affinché si ricominci a parlare della nostra storia, di cosa sia stato il fascismo ed il neofascismo, e di cosa sia stata la resistenza. Non dobbiamo ignorare il clima di tensione che si sta creando nelle scuole».
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ROMA. TRE RAGAZZI GAY AGGREDITI.
Tre giorni di progniosi per uno di loro.

(AdnKronos) ''Roma continua ad essere terreno di caccia di bande piu' o meno organizzate che picchiano e minacciano gay, lesbiche e transessuali. L'ultimo episodio e' stato perpetrato ai danni di tre ragazzi gay la notte di Halloween''.
Lo denuncia il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. A quanto riferisce il Circolo 'mario Mieli', ''i tre ragazzi, usciti da poco dalla serata Muccassassina, erano alla Stazione Termini e, in attesa di tornarsene a casa, erano alla ricerca di un bar dove fare colazione. Mentre scendevano le scale mobili sono stati raggiunti ed accerchiati da un gruppo di ragazzi italiani che hanno apostrofato i tre ragazzi con epiteti offensivi.

Nonostante cio' i ragazzi hanno mantenuto la calma ed hanno tentato di allontanarsi ma uno del gruppo ha bloccato loro la strada ed ha preso a cazzotti uno dei tre. A quel punto con un cellulare e' stato chiamato il 113 che e' intervenuto ed e' riuscito a bloccare tre dei componenti del gruppo. Nel frattempo il ragazzo gay picchiato e' stato medicato al Pronto Soccorso della Stazione Termini con un referto di 7 giorni di prognosi''.

La consulente legale del Circolo Mario Mieli si e' gia' attivata per sostenere i tre ragazzi.

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Atti osceni al lago, parroco patteggia. Sotto choc la comunità di Due Carrare.

Due sacerdoti sotto accusa.

(Irene Zaino - Il Mattino di Padova) E’ davvero un momentaccio per i preti della diocesi padovana. Dopo lo spolverone sollevato dall’ex parroco di Monterosso, finisce nella bufera anche la parrocchia di Santo Stefano a Due Carrare. Don Armando Rizzioli, 71 anni (di cui 50 trascorsi nella Chiesa), nominato a capo dell’antichissima abbazia benedettina dalla metà degli anni Novanta e tuttora in carica, nei giorni scorsi ha patteggiato una pena di otto mesi di reclusione. Pesanti le accuse a suo carico: corruzione di minore e atti osceni in luogo pubblico. La vicenda risale al 19 luglio scorso, mentre il sacerdote si trovava in spiaggia nel Veronese, a Torri del Benaco, di fronte al Lago di Garda. Impossibile per i moltissimi vacanzieri non notare lo strano atteggiamento dell’uomo che, incurante dell’età, già da qualche giorno aveva attirato la curiosità di tutti aggirandosi per la riva in perizoma. Ma passi pure l’abito talare un po’ troppo succinto. Il fatto è che l’anziano amava anche atteggiarsi in maniera piuttosto eloquente davanti ai turisti, ovviamente attoniti. In diritto penale, il «giochetto» si chiama atti osceni in luogo pubblico. Con l’aggravante della corruzione di minore. Perché quel giorno il sacerdote deve aver proprio raggiunto l’apice, lasciandosi andare all’autoerotismo davanti ad un bambino di 9 anni che, insieme al padre, stava facendo il bagno nel lago. Immediata la denuncia del genitore ai carabinieri del luogo. Mercoledì scorso, c’è stata l’udienza di fronte al giudice dell’udienza preliminare Giorgio Piziali che ha «sigillato» il patteggiamento ad otto mesi di carcere concordato tra l’accusa e la difesa. Don Armando non finirà però dietro le sbarre: la pena è stata sospesa in quanto incensurato. Bocca cucita da parte del settantunenne religioso che ieri non ha rinunciato a celebrare la tradizionale ricorrenza dei morti insieme alla comunità di Santo Stefano ancora ignara. «Sono tutte falsità e non intendo replicare - ha detto - non ho patteggiato io, ma il mio avvocato». Allibito il sindaco Sergio Vason, presente alla commemorazione. «Lo conosco dal 1998, ha il suo carattere, ma questo non me l’aspettavo proprio. Non sarebbe da lui, nonostante abbia avuto una brutta malattia dalla quale, però, negli ultimi tempi sembrava essersi ripreso». Intanto già da tempo più di qualche fedele sarebbe «migrato» alla vicina parrocchia di San Giorgio. «Don Armando è stato molto male qualche anno fa - ha raccontato una signora del posto - da allora ogni tanto piange durante la messa oppure si arrabbia con i presenti e per questo qualcuno ha preferito cambiare chiesa. Ma più di questo non si è mai sentito». Certo è che da qui in poi sarà dura per il parroco riconquistare la fiducia dei fedeli.

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E' morto a 101 anni Igor Moiseiev, padre del teatro della danza.

(Il Messaggero) Si è spento a Mosca, all'età di 101 anni, Igor Moiseiev, leggendario maestro di danza e fondatore dell'omonima compagnia di balletto conosciuta in tutto il mondo e considerato il padre del 'Teatro della danzà, per aver dato nuova vita sul palcoscenico, secondo le leggi del teatro, alla danza folcloristica. Dopo il primo spettacolo, esattamente 70 anni fa, intitolato Le danze dei popoli dell'USSR (1937-38), la compagnia cercò di sviluppare rappresentazioni più mature con trame e personaggi ben definiti. Il progetto fu sospeso a causa dalla guerra, durante la quale furono rappresentati spettacoli ispirati alla vita dei combattenti. Dopo la guerra, lo spettacolo Le Danze dei Popoli Slavi (1945) presentò numerose danze folcloriche dell'Europa orientale. La compagnia raggiunse quindi l'Asia: lo spettacolo Pace e Amicizia (1953) incluse danze coreane, mongole e cinesi e fu un trionfo. Nel 1955 lo scroscio di applausi al Palais de Chaillot di Parigi ridusse in polvere, almeno per un momento, la cortina di ferro. Ben presto la compagnia di Moiseiev si esibì a New York.

Ancora una volta furono i primi sovietici a farlo e, nuovamente, fu un successo. La tournè negli Stati Uniti (1958) aprì una nuova era nelle relazioni tra Russia e America. Moiseiev e i suoi ballerini visitarono poi tutti i continenti e fondarono una scuola di danza che dimostrò brillantemente i traguardi raggiunti nello spettacolo intitolato Il cammino verso la danza (1965), per il quale Moiseiev fu insignito del premio Lenin. L'Igor Moiseiev Ballet fu la prima compagnia di danza del paese ad ottenere il titolo «accademico».

Nel 2001 fu organizzato al Teatro Bolshoi un gala per celebrare il 95mo anniversario di Igor Moiseev, che per l'occasione ricevette due onorificenze: la medaglia Mozart dell'Unesco per l'eccezionale contributo alla cultura del mondo musicale e il premio del Governo di Mosca “Leggenda del secolo”.

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A Milano con il nuovo spettacolo: Cornacchione: «Il mio B-Day».

Per tre sere in scena solo a Milano il nuovo spettacolo del comico. «Dedicato a Berlusconi, Bossi e alla Brambilla».

(Maria Teresa Veneziani - Il Corriere della Sera) «Dopo Grillo è cambiato tutto nella satira. Per contare qualcosa devi farti un partito o dare un bollino a qualcuno». Antonio Cornacchione, di fare l'arlecchino della politica, servo di due padroni, proprio non se la sente. «Quando lo Smeraldo mi ha proposto di rifare il "Povero Silvio" mi sono detto: "In un momento di rigurgito antipolitico devo scendere in campo per difendere la buona politica, e gli unici politici seri riuniti sotto il vessillo delle 3 B: Berlusconi, Bossi e la New Entry Michela Brambilla».

È nato così il «B-Day di Cornacchione», tre serate, dal 2 al 4, in esclusiva per Milano. Uno spettacolo tra comizio e convention sulle note trionfali della "band azzurra" di Carlo Fava. Com'è il B-Day? «Un anti V-Day. Grillo è arrivato un po' ultimo. Il primo comico sceso in campo è stato Silvio: paladino dell'antipolitica, in una notte si è fatto un partito, altroché bollini...».

Dove sbaglia Grillo? «Si fa presto a dire abbasso la politica. Diciamo la verità: se spariscono i partiti chi lo assume mio nipote in Comune o alla Guardia Forestale? Se devo dare la tangente, dove vado a portarla, da Grillo?».

Perché le piace tanto Michela Brambilla? «È un po' Silvio in giarrettiera. Lui l' ha scelta facendo un casting a Mediaset. Se non va bene in politica farà un reality».

La tv della libertà la guarda? «Mi piace tantissimo. C'è "Uno mattina della libertà", il "Caffé della libertà", il "Forum della libertà", la "Ruota della fortuna delle libertà". La sera l' "Hotline della libertà": chiama Alfredo Biondi e la linea resta occupata per un' ora».

Che cosa ci fa un cantautore come Fava con lei?
«Diciamo le stesse cose, lui con la musica. Analizziamo la situazione, l'imminente caduta del governo e il ritorno di Silvio. Tutto comincia con un momento catartico: mandiamo anche noi a quel Paese qualcuno. E smascheriamo i tre politici che vorrebbero sostituire Silvio: Fini, Casini, Formigoni».

Perché dice in giro che Bossi come leghista le fa un baffo?
«Come ho visto io la Lombardia non l'ha vista nessun leghista. Da quando i miei mi hanno portato via da Montefalcone, nel Molisano, a un anno e mezzo, sono stato a Casteggio, Pavia, Garbagnate, Cormano, sul Lago Maggiore, Milano. E ora vivo tra Gratosoglio e Abbiategrasso».

Convive con un figlio di 10 anni. E i Pacs?
«Cercherò di farmi eleggere in Parlamento con Silvio, lì i privilegi per i conviventi già li hanno».

Le piace Milano?
«Sarebbe più bella se tutti non la vedessero solo come città da attraversare in auto».

È vero che per poco non finisce ragioniere all'Ansaldo?
«Sì. Il primo colloquio andò benissimo, io dissi che fare politica a scuola è un bene perché cresce il cittadino che è in te. La volta dopo mi misero in mano un bilancione, sembrava il programma dell'Unione. Non ci capivo niente. M'è scappato "andiamo malino", una battuta, ma non l'hanno capita».

Parliamo di politica seriamente...
«L'unico ragionamento politico è questo: i comunisti sono funzionali al sistema. Noi governiamo 30 anni minimo, dobbiamo fare un debito pubblico incredibile per accontentare tutti. Arrivano i comunisti, un anno e mezzo, mettono a posto i conti, perché da Berlinguer in poi loro sono capaci: sacrifici, tasse... La gente se la prende con loro e noi torniamo per altri 30 anni».

Ma il suo pubblico è berlusconiano? «È trasversale e scappano anche turbolente risse in sala. Uno è arrivato con la bandiera di Forza Italia, lo hanno fischiato e quando l' ho difeso volevano darmele».

B-DAY, LA FESTA DELLA BUONA POLITICA
Antonio Cornacchione con Carlo Fava. Smeraldo, ore 21, dal 2 al 4 novembre. Tel. 02.29.00.67.67, www.ticketone.it

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Il nudo messo a fuoco.

Al Getty Museum di Los Angeles una mostra ricostruisce la storia del corpo senza veli in fotografia.

(Eleonora Attolico - L'Espresso) Un torso di Chuck Close, una donna di schiena di Durieu, un'odalisca di Brassaï ed ancora straordinarie modelle di Man Ray e Frederick Sommer. Sono solo alcuni esempi della mostra di fotografia dedicata al nudo maschile e femminile aperta in questi giorni al Getty Museum di Los Angeles.

Il museo americano ha appena annunciato una nuova serie di esposizioni volte ad enfatizzare lo stretto legame tra storia dell'arte e la fotografia. Si comincia dunque con una grande retrospettiva intitolata ?In Focus : The Nude?(il nudo messo a fuoco), che parte dai primi dagherrotipi di metà Ottocento fino ad arrivare ai giorni nostri. Sono 29 i maestri selezionati, alcuni dei quali furono anche grandi artisti come ad esempio Edgar Degas, Eugène Delacroix, Thomas Eakins e lo stesso Man Ray. Con la nascita della fotografia, nel 1839, i soggetti nudi furono subito immortalati proprio per legare questo nuovo mezzo espressivo ai tradizionali canoni estetici ed artistici. La mostra, curata da Paul Martineau, è organizzata cronologicamente per cogliere l'evoluzione delle tecniche e delle rappresentazioni iconografiche.

E se nella seconda metà dell'Ottocento la nudità voleva essere un richiamo ai all'Antica Grecia, come si può osservare nelle ?Figure maschili al bagno? del 1884 di Thomas Eakins, val la pena ricordare che i primi dagherrotipi svolsero subito anche un ruolo pratico. Molti artisti, tra cui Edgar Degas, utilizzarono le fotografie per realizzare nudi femminili quando le modelle in carne ed ossa non erano disponibili.

Con le avanguardie artistiche della prima metà del Ventesimo secolo maestri come Brassaï e Man Ray stravolsero il corpo in chiave surrealista talvolta distorcendolo come nella ?Odalisca? di Brassai del 1934-35. Il loro insegnamento fu ripreso dai grandi fotografi contemporanei. Come ad esempio Chuck Close che, insieme a Jerry Spagnoli, presenta un busto del 2001 assorbendo, per stile e composizione, i parametri della cultura dadaista e surrealista. Il busto femminile diventa quasi maschile con un ventre piatto e muscoloso creando la confusione transgender tipica del nostro tempo.

J.Paul Getty Museum ?In Focus : The Nude?
Getty Center - 1200 Getty Center Drive
Los Angeles, California 90049
Tel : 001 310 440 73 30
Fino al 24 febbraio 2008
Chiuso il Lunedì. Martedì, Giovedì e Domenica :10-18
Venerdì e Sabato : 10-21

(nella foto: Thomas Eakins (Stati Uniti, 1844-1916). Figure maschili al bagno, 1884. Stampa all'albumina d'argento. Credit : The J.Paul Getty Museum, Los Angeles)

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"Io, farmacista ideale del papa, nel mio negozio niente condom".

Gallo: ma per le mie scelte pago un prezzo, sono nel mirino dei gay e perdo clienti.

(Niccolò Zancan - La Repubblica, edizione di Torino) È un farmacista felice: «Finalmente il Papa ha detto quello che ho sempre pregato che dicesse». Niente preservativi nel suo negozio? «Mai. Da cinque anni. Non sono un medicinale da banco, dunque non ho l´obbligo di tenerli». E la pillola del giorno dopo? «Purtroppo il regolamento mi impone di venderla su ricetta. Mi adeguo. Ma come suggerisce Raztinger accompagno l´acquisto con le dovute parole di riprovazione».
La farmacia Algostino è una del più antiche di Torino. È sotto i portici di Piazza Vittorio, a due portoni dalla casa del sindaco Sergio Chiamparino. Dietro al banco c´è Mario Gallo, 54 anni, folgorato sulla via di Medjugorje.
La madonna e i suoi messaggi sono ovunque. In vetrina, accanto ai dentifrici, su due schermi piatti che mandano in onda a ripetizione immagini sacre e preghiere. Accetta di parlare, ma non vuole che si scattino fotografie. Perché Mario Gallo è un farmacista felice, assai devoto, ma da un po´ di tempo è anche un farmacista molto preoccupato: «La lobby degli omosessuali mi odia. Mia moglie non voleva che mi facessi intervistare, teme ritorsioni, siamo in trincea. Ma io non intendo vergognarmi delle mie idee, non ritratto né mi nascondo. Dunque parliamo».

Lei è un farmacista obiettore?
«Ho letto attentamente quanto c´è scritto sul sito del vaticano. Non si parla esplicitamente di obiezione di coscienza. Il Papa ha detto soltanto che il farmacista cattolico deve dire la sua al cliente. Sempre. Ed io lo faccio».

Come giudica la presa di posizione di Ratzinger?
«Sacrosanta. Io voglio una chiesa cattolica fondata sulla roccia, non sulla sabbia».

Cosa dice a una donna che chiede una pillola anticoncezionale?
«Che Dio ha creato l´uomo a sua immagine e somiglianza. Le spiego che anche lei ha la possibilità meravigliosa di fare altrettanto».

Alla fine le vende il farmaco?
«Sì, ma solo perché sono obbligato».

Per la pillola abortiva?
«Spiego semplicemente che si tratta di un omicidio».

Cosa dicono i clienti del suo fervore?
«Qualcuno apprezza. In pochi, per la verità. Ricordo una ragazza che all´inizio sembrava perplessa, quasi scocciata, ma dopo un po´ di giorni è tornata a ringraziarmi».

Se uno entra nel negozio e le chiede dove sono i preservativi?
«Gli spiego che non li vendo. E gli spiego anche perché».

Come vanno gli affari?
«Non bene, lo ammetto. Da cinque anni è un disastro. La lobby degli omosessuali mi fa la guerra perché non vendo i profilattici. Un noto avvocato, il nome non lo dico, mi ha proprio insultato: "Lei e i suoi discorsi della Madonna di Medjugorje sa dove può ficcarseli...". Ma sono certi cattolici, i più tremendi: si vergognano, si dileguano. Qui non entrano».

Cosa le è successo cinque anni fa?
«Ho fatto il viaggio a Medjugorje. Preciso: stavo benissimo, non avevo nessun malato per cui pregare. La curiosità mi era venuta leggendo un libro comprato alla libreria delle Paoline. Sono partito scettico, ma in Bosnia sono rimasto allibito: ho visto la Madonna scendere dal cielo. Una cosa sconvolgente. Pensi che prima andavo in chiesa e non sentivo nulla».

Perdoni la sfacciataggine, con sua moglie come fa?
«In che senso?».

Coitus interruptus?
«Ma non scherziamo! Io avrei accettato da Dio tutti i figli che voleva donarmi. Purtroppo me ne ha mandati soltanto due».
Il farmacista Mario Gallo ci conceda senza venire meno al suo impegno di predicatore cattolico: «Rifletteteci, su quanto vi ho appena detto. Io vi chiedo un pensiero elevato».

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