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sabato 3 novembre 2007

Appuntamenti di novembre.

Domenica, 04 novembre 2007
Mantova – Sungay box c/o Tom
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Venerdi, 09 novembre 2007
Torino – Concert: Rufus band c/o Evadamo
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Venerdi, 09 novembre 2007
Roma – Tokyo Party c/o Muccassassina
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Sabato, 10 novembre 2007
Firenze – Hardsexparty c/o Fabrik
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Sabato, 10 novembre 2007
Brescia – Sandy Chambers c/o Outlimits
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Sabato, 10 novembre 2007
Marghera (VE) – Xplosion c/o Porto de Mar
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Domenica, 11 novembre 2007
Firenze – Babylon c/o Fabrik
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Venerdi, 16 novembre 2007
Milano – Zodiac c/o KitschMe
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Venerdi, 16 novembre 2007
Roma – Space of sound c/o Muccassassina
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Sabato, 17 novembre 2007
Milano – Party d’autunno c/o T-Bear
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Data: Sabato, 17 novembre 2007
Milano – Playroom sex party c/o Billy Holiday
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Sabato, 17 novembre 2007
Firenze – Bear Butch c/o Fabrik
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Sabato, 17 novembre 2007
Padova – Playboy vs Playgirl c/o Flexo
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Venerdi, 23 novembre 2007
Bologna – Festival: Cuor di Turchia c/o Teatri di vita
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Sabato, 24 novembre 2007
Firenze – Porn Live Show c/o Fabrik
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Sabato, 24 novembre 2007
Milano – Matinee party c/o Billy Holiday
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Domenica, 25 novembre 2007
Milano – Presentazione libro: Fiori nel fango c/o Libreria Babele
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Domenica, 25 novembre 2007
Bologna – Presentazione libro: Alpha males c/o Libreria Igor
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Giovedi, 29 novembre 2007
Milano – Qimanji c/o Ondanomala
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Giovedi, 29 novembre 2007
Genova – Incontro sul tema Aids c/o Sala Sivori
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Sabato, 01 dicembre 2007
Milano – Gotica c/o KitschMe
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Sabato, 01 dicembre 2007
Milano – Sublime c/o Sexy Boutique

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Nascere omosessuali, lettera di un lettore di "Italians".

(Italians di Beppe Severgnini- Il Corriere della Sera)

Caro Beppe, cari Italians,
sono un ragazzo di 20 anni, che studia scienze politiche a Padova, a cui piace viaggiare, leggere, uscire con gli amici, che, se può, consulta il giornale tutti i giorni. Si direbbe che io sia un ragazzo «normale», credo con la testa sulle spalle. Ma se vi dicessi che sono anche omosessuale la vostra opinione su di me cambierebbe? Ho paura che un po’ di atavico ribrezzo per il «diverso» si scatenerebbe anche dentro di voi, nonostante mi dimostriate ogni giorno tramite questo forum di essere persone serie e di mente aperta. E' proprio per questo motivo che ho deciso di intervenire, di dire la mia. Sento la necessità di mettere le cose in chiaro, di smentire luoghi comuni, di zittire voci ignoranti e mosse dal solo pregiudizio.
Tanto per cominciare vorrei specificare una volta per tutte che io NON ho deciso di essere omosessuale, ma semplicemente sono nato così e non ci posso fare niente. Secondo: gli omosessuali non sono tutti «gay», cioè gioiosi e allegramente effeminati, non tutti vanno ai gay pride. Anzi, la maggior parte lavora seriamente con onestà, ma con molti più problemi rispetto agli eterosessuali a causa di medievali discriminazioni. In più vorrei ricordare che un adolescente che un bel giorno prende consapevolezza del proprio orientamento omosessuale deve sopportare notevoli problemi di tipo sociale e che non di rado portano a meditare sul suicidio. Anche perché da questo punto di vista la religione non ti aiuta, anzi ti fa sentire a pieno titolo un cittadino onorario dell'inferno. Infine mi piacerebbe far capire a certa gente che gli omosessuali non sono affatto schifosi maiali pervertiti, ma solo persone che, così come gli etero, seguono la propria natura e che nei rapporti sessuali hanno a che fare solo con persone consenzienti.
Con la presente spero, come ripeto, di aver chiarito le idee riguardo all'omosessualità sperando di non sentire più un parlamentare della Repubblica italiana (Luca Volontè, Udc) che attacca un progetto regionale per combattere l'omofobia con queste parole: «Si cerca di far credere che le pulsioni omosessuali siano una caratteristica innata, mentre invece è un atto fuorviante e vergognoso sotto il profilo scientifico (!) e sociale». La fuga dei cervelli dall'Italia dunque non è più un problema, abbiamo l'autorevole scienziato Volontè a illuminarci. Poveri noi.

Andrea Ribelli
doctorandreas@hotmail.com

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Troppi baci e palpeggi: rovinati Pitt e Clooney.

Le zone più manomesse sono il fondoschiena di Brad e la bocca di George.
Le statue di cera dei due attori prese d'assalto dalle fan, da rifare dopo un giorno in mostra da Madame Tussaud.

(Il Corriere della Sera) Sono considerati tra gli uomini più sexy del mondo e ci sono poche donne capaci di resistere al loro charme. Ecco quindi che, anche sotto forma di semplici statue di cera, Brad Pitt e George Clooney hanno fatto impazzire le fan a tal punto da uscirne semi-demoliti. Il tutto è successo da Madame Tussaud, il celebre museo delle cere di Londra, dove due pupazzi di cera a grandezza naturale degli attori di Hollywood sono state preparate appositamente per celebrare l’uscita in DVD del loro ultimo film Ocean’s 13, il terzo della serie.

Bellissimi, abbronzati e vestiti con un elegante smoking, i due attori sono stati posizionati in uno scenario che ricrea il lussuoso interno di un casinò, presente anche nel film e allestito in una zona speciale del museo, dove resteranno per tutto il mese di novembre. Ma nel giro di un solo giorno, le visitatrici del museo li hanno palpeggiati e baciati così tanto da rendere necessario il loro immediato restauro. Un portavoce del museo Tussaud ha infatti dichiarato: «Le nostre statue di cere sono così verosimili che a volte il pubblico si lascia andare un po’ troppo e tocca dove non dovrebbe. Nel caso di Brad Pitt e George Clooney il successo è stato sensazionale e noi ne siamo molto contenti, ma non ci aspettavamo di dover rifare le statue dopo un solo giorno di esposizione».

Le zone “demolite” dalle fans sono, in particolare, le chiappe di Brad Pitt - che le ultime voci vorrebbero pronto al matrimonio con Angelina Jolie per far felice la madre, Jane Pitt - e le labbra di George Clooney, che è invece in lizza per recitare il ruolo di G.I. Joe nell’omonimo film. Sui danni riportati alle statue, il portavoce di Tussaud ha aggiunto: «Dobbiamo rifare completamente il sedere di Pitt perché è stato pizzicato e palpeggiato così tante volte che ha perso ogni forma. Nel caso di Clooney, invece, che è in una posa seduta, le fans gli hanno praticamente deformato le labbra con i baci. E c’era rossetto ovunque: sulla faccia, le orecchie e il collo!».

Il popolare Madame Tussaud piace molto ai fans soprattutto perché è possibile farsi scattare fotografie accanto ai divi di Hollywood, piuttosto che ai personaggi storici e politici di tutto il mondo. Ma le fans di Pitt e Clooney non si sono limitate allo scatto fotografico, preferendo puntare più sul sodo…

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Non è in crisi la famiglia ma la chiesa.

(Trotzky) Agli interventi sulla eccessiva autorità del papa a discapito del collegio dei vescovi e gli aspetti salienti della dottrina della chiesa cattolica si è aggiunto di recente quello di un teologo svizzero sulla rigidità delle sue posizioni per quanto riguarda la sessualità.
Nel suo bestseller, "Il mondo della coppia e della famiglia che cambia", Christopher Gellner sostiene che la chiesa non può pretendere ancora di perseguire un modello di vita unitario, come la famiglia tradizionale, nella quale i ruoli di marito e moglie sono nettamente delineati.
La famiglia non è in crisi, come vogliono farci credere le gerarchie ecclesiastiche più attaccate alla tradizione, anzi è in evoluzione, a causa del moderno modo di produzione che, costringendo i giovani a girare il mondo, per acquisìre una adeguata formazione professionale e conquistarsi un posto al sole, li ha convinti a dare il minor spazio possibile alle loro relazioni affettive.

In crisi è la chiesa, che ancora non si è resa conto che il loro variegato mondo è una risorsa per la società. Oggi ci sono coppie omosessuali, coppie di conviventi con o senza figli, coppie sposate che si sono proposte di non mettere figli al mondo per favorire la loro affermazione professionale, coppie separate in casa, famiglie con un solo genitore in seguito a divorzio, venir meno o fuga all'estero dell'altro, famiglie allargate per nuovi matrimoni con persone di nazionalità diverse, appartenenti a etnìe diverse, che seguono altre religioni o parlano altre lingue.
Il farsi e il disfarsi sempre più frenetico di tutte queste nuove e ognora diverse relazioni affettive ha spezzato il monopolio che la chiesa aveva assegnato al matrimonio tradizionale, come dimostra il suo vistoso calo dell'ultimo decennio.

Dal momento che il convivere ha perduto tutta la sua sacralità, se vuol capire le esigenze dei credenti, la chiesa deve aprirsi alla multiforme vitalità degli odierni rapporti sociali. Chi si trova in difficoltà va aiutato, non osteggiato. Nessuno ha il diritto di condannare i suoi simili senza prendere nemmeno in considerazione i suoi problemi.

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Il nuovo video delle "Spice girls".

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Omosessualità in Italia: Conosciamo la nostra storia.

Contro la (omo)sessualità di classe
di Marco Pannella.

Nel 1971 nasceva - per iniziativa di un gruppo torinese - il FUORI, movimento per i diritti degli omosessuali. Il nome del movimento più che una sigla (Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano) voleva essere un invito a non vivere la condizione omosessuale come una colpa, ma come una scelta pienamente legittima. L'anno successivo il movimento avrebbe chiesto e ottenuto ospitalità presso le sedi del Partito Radicale. In questo articolo Marco Pannella introduce il problema della sessualità , "etero" o "omo" che sia, nel dibattito politico della società civile. (Notizie Radicali - Luglio 1972 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

Nella sede di via di Torre Argentina 18 abbiamo dato ospitalità al Movimento democratico di omosessuali, di recente costituzione, denominato "FUORI"; l'abbiamo già comunicato. Questi compagni utilizzano la sede il martedì sera per loro riunioni, e vi hanno il recapito postale. Essi hanno tenuto una conferenza stampa nel corso della quale hanno presentato il loro periodico mensile.
Com'era prevedibile, questo fatto ha provocato numerose reazioni. Il perbenismo democristiano si è scatenato con il suo strumento preferito: la censura e la disinformazione. Quello fascista o di estrema destra in modo consono alla propria cultura, alla propria civiltà: con l'ingiuria e il razzismo.
Una nota interessante è che non ci si è tanto preoccupati, da parte di chi disapprova questa iniziativa, di illustrare e contestare programmi, ragionamenti, proposizioni del FUORI, quanto di usare di questa occasione per colpire il Partito radicale e le battaglie per i diritti civili che conduciamo. Su "Il Borghese", in particolare, s'è sottolineato che nello stesso luogo risultano ospitati o domiciliati leghe e movimenti che lottano per il divorzio, per l'obiezione di coscienza, per i diritti civili e - ora - per l'omosessualità. Proprio negli stessi giorni "Lo Specchio" ricordava che anche il Movimento studentesco aveva potuto nei momenti più difficili della sua esistenza contare solo sulla sede e sui servizi tecnici del Partito radicale.
Poiché abbiamo ricevuto anche un paio di proteste di amici del Partito radicale o delle nostre lotte sullo stesso problema, ci sembra questa un'ottima occasione per svolgere alcune osservazioni di carattere generale, sulla nostra posizione e sulle nostre effettive responsabilità.
Ci sembra inesatto dire che noi siamo "favorevoli" al divorzio, all'aborto, alla pillola e via dicendo. Noi siamo contrari all'attuale sistema che vede storicamente affermato e generalizzato un diritto di classe, un privilegio all'aborto, al divorzio, alla contraccezione, alla libera e responsabile disponibilità del proprio corpo; mentre si pretende poi di affidare a carceri e tribunali chiunque per motivi di censo, o più strettamente politici di potere, non faccia parte della minoranza privilegiata.
Con la Sacra Rota, e il suo divorzio fulmineo, o con i divorzi all'estero, l'indissolubilità del matrimonio è stata e sarà (se la "Legge Fortuna-Baslini" venisse abrogata o peggiorata) una risibile menzogna "per" e "dei" ceti più ricchi e potenti; così come il divieto d'un aborto clinico volontario o di vendita e di uso di contraccettivi; o l'uso delle droghe anche più mortali e "pesanti". Mentre per la generalità dei comuni cittadini, specie dei piccoli ceti medi proletarizzati e del proletariato, la posizione antipermissiva, autoritaria, oppressiva, si traduce storicamente nel non diritto alla maternità e alla paternità libere e responsabili, e al macello di spiriti e di corpi che ne consegue e dei quali sono testimonianza i milioni di "fuori-legge" del matrimonio, i milioni di donne costrette all'aborto clandestino, i milioni di bambini "affidati" alle Pagliuche, ai Celestini, ai frati complici di Aliotta, alle ONMI e alle suore Flaviane Venturi e via dicendo.
Non molti anni or sono rischiammo, con Gigi De Marchi e i soliti commandos radicali, il linciaggio perché ci recammo, di Pasqua, in mezzo a centinaia di fedeli, in Piazza San Pietro, con cartelli sui quali, tra l'altro, era scritto: "No agli aborti, si alla pillola". Inutile. Dopo alcuni mesi papa Paolo siglava di nuovo il suo ordine di consegna all'inumana vita di nuove generazioni di innocenti.
Più in là nel tempo dovemmo le prime nostre denunce per quei tentativi di richiesta di istruzione o di educazione sessuale che oggi fanno, con la parodia che ne è ormai derivata, le fortune editoriali delle Edizioni Paoline, della "Famiglia Cristiana" e di consimili, benefici e sacri consorzi.
Ogni volta, da decenni, ormai, siamo stati attaccati e linciati come depravati corruttori .
Andavamo, un lustro fa, chiedendo all'opinione pubblica dove fosse l'osceno, su dei cartelli che indossavamo: se nelle fotografie bellissime di nudi femminili tolti da riviste sequestrate, o se non, piuttosto, su orride scene di guerra e di tortura liberamente trasmesse e pubblicate in tutto il mondo, su tutta la stampa. Beccammo le solite denunce (ma i magistrati ci dettero ragione). Riuscimmo a tenere un convegno sulla libertà sessuale, dinanzi a molte centinaia di persone, sopratutto giovani: dove docenti che, all'università, avrebbero parlato sì e no dinanzi ai loro assistenti, furono ascoltati avidamente e dettero vita, con noi, a un dibattito ricco e teso. Fummo, anche in questa occasione, linciati dalla stampa clericale.
Vi fu il caso Braibanti: episodio ancora oscuro a molti per la sua meccanica, ma ormai chiaro nella sostanza. Un giovane e un uomo massacrati in galera o in manicomi perché avevano scelto di vivere poveri , in polemica con valori e istituzioni non di maggioranza, e sospetti di rapporti omosessuali.
Anche questa fu una battaglia nostra per la libertà, la tolleranza, la giustizia e la verità.
Dunque, nessuno ci chieda prudenza, calcoli, tattiche o anche semplicemente cautele, dinanzi al prezzo inevitabile, in una società come questa, per chi voglia con un minimo di onestà poter sopportare la propria immagine nello specchio dell'esistenza, pubblica e privata.
Noi siamo grati, per ora, al FUORI, perché meglio ci consente di comprendere e di reggere la nostra funzione. Ci auguriamo che coloro che ne fanno parte possano dire altrettanto, prima o poi, a noi radicali. Se e fino a quando ci saremo,
Ma che il FUORI funzioni o no, che si riveli o no anche ai più per quel che è -un movimento di rivolta anche morale (quindi anche di rinnovamento morale per chi vi partecipa), al di là della questione della sede e dei servizi che noi forniamo anche loro - l'obiettivo d'una lotta per una sessualità vissuta da laici e da libertari è necessariamente nostro.
Perché quello di cui si tratta, in realtà non è di "omo" o di "etero" sessualità ma di sessualità e basta.
Contro il classismo di chi si illude di aver risolto, per motivi economici, culturali, sociali dei quali non ha merito, problemi essenziali della vita e della felicità della persona: contro il sessismo consumistico, contro il razzismo, che è l 'estrema e selvaggia risorsa di chi si sente in pericolo e inferiore, è bene essere sempre più chiari e presenti.
L'omosessualità di Corte, dei re o dei circoli aristocratici e borghesi; i favoriti dell'industria pseudo-culturale, del cinema, dell'"arte", del tempo libero, delle "èlites"; gli Oscar Wilde di provincia e senza rischio, non sono che un volto necessario e illuminante di un certo tipo di società e classe che rifiutiamo. Come ogni altro suo volto.
E per finire, non ci si venga a raccontare che il problema non esiste nella tollerante Italia ma solo nel "civile" mondo anglosassone. Solo in termini giuridici è vero. Perché un Paese dominato per secoli da una comunità mono-sessuale, come la Chiesa romana, come il potere pontificio e clericale, non ha mai avuto di "tolleranza" altro che le "case". Questo significa solo che il puritanesimo protestante, nelle sue esigenze morali, ha peccato per eccesso violento e delirante, ma era il volto di tensioni e di ossessioni morali autentiche e profonde. Che, anche noi, dobbiamo finalmente aver la chiarezza e il coraggio di sostenere, a rischio di errori e di colpe.
E di aggressioni, che sono il meno.
Si sviluppano oggi, nel mondo intero, e nascono in Italia, movimenti di liberazione della persona che toccano vecchi tabù, tanto più tremendi quanto più condannati storicamente dalla scienza e dalla morale. Si costituiscono in minoranze politiche (cioè con rivendicazioni che coinvolgono necessariamente l'intero "ordine" della "città") minoranze sociali che si ritengono, giustamente o ingiustamente, discriminate, oppresse, massacrate per le loro idee, per la loro razza, per le loro specifiche caratteristiche naturali.
A tre quarti di secolo dalla rivoluzione freudiana; a più di un quarto di secolo dalle analisi e dalle teorizzazioni di Reich; quando ormai tutta la scienza tende a individuare nella repressione sessuale l'origine di infelicità e di piaghe sociali e umane tremende, i movimenti di massa di liberazione della donna, della moderna contestazione giovanile, i gruppi di omosessuali tentano di proporre un dibattito pubblico e civile, una consapevole scelta di politica e di atteggiamenti pubblici e "privati", in diretta correlazione con le indiscusse acquisizioni culturali, perché si traducano anche in civiltà, concreta e organizzata.
Nasce così un nuovo dibattito politico; e più propriamente una alternativa di politica, legata e non cieca dinanzi ai concreti problemi e drammi del tempo, della società e delle persone.
Non è questa la sede dove sia possibile svolgere queste premesse e queste considerazioni. Noi non sappiamo, evidentemente, se i componenti del FUORI (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari italiani) saranno capaci di fornire a loro stessi, ma in primo luogo a noi tutti, il contributo di verità, di dialogo, di comprensione, di crescita che ci si può attendere da loro.
Ma, da radicali, non avevamo certo nè il diritto, nè la volontà, nè motivazioni per discriminare questo movimento da tutti i gruppi, partiti, movimenti, leghe, rispetto ai quali siamo stati, programmaticamente, consapevolmente, "servizio": in tutti i modi possibili. Con il loro uso delle nostre sedi, delle nostre attrezzature, dei nostri nomi, del patrimonio e del prestigio, oltreché delle avversità e degli odi, che abbiamo costituito in anni di intransigente e rigorosa esistenza democratica, laica e libertaria. Men che mai se pensiamo che, ancora una volta, questo regime ipocrita e sporco ci propone una discriminazione o ci colpisce con l'alibi di una nostra azione "riprovevole", sol perché noi proponiamo che sia vietato di vietare quel che vive.
S'afferma, viene da loro difeso come "privilegio" di classe, di pochi. Sol perché noi continuiamo a pensare che non v'è responsabilità e crescita dell'uomo se non dove si esca "fuori" con la propria verità, aperta al dialogo, alla luce del sole, fiduciosi e rispettosi dei "diversi" che sono sempre gli "altri".

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La7: Ad "Anni Luce" si parla di omosessualità in Italia dal dopoguerra ad oggi con Luxuria.

Memoriabilia cinematografica per ricostruire il clima di quegli anni: dal bigottismo degli anni 50, fatto di luoghi comuni e ipocriti silenzi.

(Ansa) Domani alle 13.00 Anni Luce, il programma di LA7 che racconta l Italia ed i cambiamenti in cui e' stata coinvolta a partire dagli anni 50. Nel programma la deputata di Rifondazione comunista Vladimir Luxuria raccontera' l omosessualita' a partire dal secondo dopoguerra.

Scene di memoriabili film ricostruiranno il clima di quegli anni: dal bigottismo degli anni 50, fatto di luoghi comuni e ipocriti silenzi, alle battaglie del Fuori ( Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano) nei primi anni 70; dallo sdoganamento dell ambiguo con il Glam Rock e l unisex, alla sorprendente apertura della paludata Tv di Stato dopo la riforma del 76; dal trionfo del travestitismo, all'esaltazione di icone del mondo gay come Mina e Raffaella Carra'.

Altri protagonisti della puntata Enrica Bonaccorti, Vittorio Sgarbi, Ivan Cattaneo, il giornalista Filippo Facci, il conduttore radiotelevisivo Fabio Canino, lo scrittore Alessandro Golinelli e Daniele Del Pozzo direttore Gender Bender Festival.
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Ndr. E' curiosa La7, parla di omosessualità dal dopoguerra ad oggi e non invita personaggi che si sono veramente battuti per i diritti degli omosessuali. Perchè ospitare Vladimir Luxuria e non ad esempio Angelo Pezzana? (nella foto). Un personaggio troppo polemico e scomodo o veste troppo male? Cosa potrà mai raccontare Luxuria su ciò che accadeva in Italia quando si vestiva ancora da uomo e cioè trent'anni fa? Nulla se non qualche ricordo da marciapiede oppure slogan scadenti e ovvietà ritrite. Un osservatorio privilegiato quello di Pezzana essendo egli stato il fondatore del F.U.O.R.I. il primo movimento di rivendicazioni omosessuali. Una bella occasione buttata nel water. Peccato.

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Teatro: Al Politecnico di Roma torna "Vetrina Italia".

(Adnkronos/Adnkronos Cultura) - ''Vetrina Italiana'' torna al teatro Il Politecnico per la sua IX edizione. Nell'ambito dell'iniziativa, che ha l'intento di indagare e promuovere la drammaturgia contemporanea italiana, saranno messe in scena ''La polizia'' di Slawomir Mrozek (nella foto), in programma dall'8 al 18 novembre, e ''Sibilla'' di Marica Boggio, che sara' rappresentata dall'11 al 23 novembre.

''La polizia'' e' un testo scritto in Polonia nel 1956, in piena crisi d'Ungheria e durante una delle fasi piu' aspre della guerra fredda, in cui l'autore immagina che in un ipotetico stato di polizia, l'ultimo dissidente del paese firmi la sua resa incondizionata, abbracciando senza riserve l'operato del governo. Il suo atto crea uno squilibrio che sembra portare il sistema al collasso, dal momento che viene a mancare la dialettica, cui e' lo stesso potere a porvi rimedio, creando il suo contraltare, da poter gestire, guidare e orientare a seconda delle necessita'.

Interpreti della piece, diretta da Giorgio Serafini Prosperi, sono Edoardo Sala, Gino Nardella, Tullio Sorrentino, Mario Patane' e Paola Garibotti. Le musiche sono di Francesco de Luca e Alessandro Forti, mentre le scene e il disegno delle luci le ha curate Valerio di Filippo.

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Le ascelle di Maria de Filippi: un brutto spettacolo, come il suo show.

(Nero corvino) E' appena terminata la puntata del sabato di Amici di Maria De Filippi, l'unica scuola in Italia dove, a margine di pochi minuti di attività didattica di tipo musicale, si insegna come essere arroganti, ipocriti, meschini e come insultarsi con professionalità davanti alle telecamere.

Come se questo spettacolo non fosse già abbastanza indegno, noto da anni ormai che Maria durante queste puntate convive con delle vistose e orribili macchie di sudore sotto le ascelle.

Non che i vip debbano essere immuni dal morbo dell'ascella pezzata, ma magari un asciugatina a colpi di phon iper professionale durante le pause pubblicitarie no? O un semplice trucchetto di far acquistare alla produzione due maglie identiche da cambiare quando la prima ormai si sente come una bandana sulla testa di Galeazzi dopo due ore di Canoa?

L'unico motivo per guardare Amici resta la fresca bellezza e la beata gioventù della scolaresca: come è possibile ad ogni edizione resistere alla tentazione si cercare nella moltitudine di talenti il proprio pupillo o l'allieva dei propri sogni (notturni e bagnati)? :D

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Rimini: ottavo congresso dell’UAAR.

È in corso di svolgimento da questa mattina a Rimini l’VIII congresso nazionale dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), in programma al salone dei congressi dell’hotel Sporting. Il congresso, il primo dal 2004 ad affrontare questioni di sostanza, fa seguito a quello, puramente tecnico, tenutosi a Bologna nel 2006.

Si tratta del primo congresso nel quale l’UAAR si presenta come associazione di promozione sociale, e tra i temi trattati figura proprio l’illustrazione delle nuove prerogative di cui essa gode: in primis, come è stato illustrato dalla presidenza del congresso, la facoltà di agire presso autorità e istituzioni in qualsiasi occasione si ritenga leso il principio di laicità dello Stato.

All’ordine del giorno del congresso, al quale partecipano 107 delegati in rappresentanza dei 2.400 soci dell’associazione[1], il rinnovo di tutte le cariche direttive (comitato di coordinamento, segretario nazionale), del collegio dei probiviri e la discussione delle tesi associative. Il segretario uscente, Giorgio Villella, ha annunciato la sua intenzione di non ricandidarsi. Per quanto riguarda le tesi – che rappresentano la linea programmatica dell’associazione – sono state presentate numerose mozioni di modifica, le più rilevanti delle quali riguardano le rivendicazioni dell’UAAR riguardo all’insegnamento della religione cattolica – e delle eventuali ore alternative – nella scuola statale (una proposta mira a impegnare l’UAAR ad adoperarsi in tutte le sedi opportune al fine di richiedere, in alternativa all’abolizione dell’IRC, l’istituzione parallela, ove essa venga impartito, di simmetrico insegnamento di teorie agnostiche e atee, con le stesse modalità di finanziamento dell’IRC), e all’Otto per Mille (in alternativa alla sua abolizione o al meccanismo di riparto proporzionale attuale sulle scelte non espresse, è stato proposto che l’UAAR si adoperi per chiedere l’istituzione di una “tassa di religione” sul modello tedesco, su base totalmente volontaria e che non impegni i contribuenti che non vogliono destinare parte delle proprie tasse ad alcuna confessione religiosa).

Nel pomeriggio è prevista l’elezione del comitato di coordinamento e del nuovo segretario nazionale: candidato unico, al momento, è Raffaele Carcano, attualmente responsabile dei contenuti del sito ufficiale dell’associazione.

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Gayfriendly: Jennifer Garner e Kevin Kline a teatro in Cyrano de Bergerac.

Jennifer Garner e Kevin Kline in Cyrano de Bergerac

La fotografia ritrae Kevin Kline e Jennifer Garner dopo il debutto, il 1° novembre scorso, del "Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand in scena a Broadway, al Richard Rodgers Theatre di New York City. Diretto da David Leveaux , lo spettacolo vede Kline interpretare Cyrano, Jennifer Garner la bella Rossana e Daniel Sunjata Christian. Jennifer Garner ha ammesso che fare il Cyrano è da sempre il suo sogno. Lo spettacolo resterà in scena fino al 23 dicembre.

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Germania, un treno per i single l'ultima fermata dei cuori solitari.

Dopo le navi e l'esplosione dei siti internet arriva anche la ferrovia in carrozza per cercare l'anima gemella sul Liebesexpresse, rigorosamente riservato.

(Andrea Tarquini - La Repubblica) Non c'è più solo internet a far concorrenza alle agenzie per i cuori solitari. Adesso un treno speciale in Germania ti aiuta a cercare l'anima gemella. Si chiama Liebesexpress, l'espresso dell'amore: biglietto speciale, consumazioni comprese, riservato rigorosamente ai soli single. Viaggio a duecento all'ora, in due ore Norimberga-Monaco e ritorno, per cercarsi, per sperare di trovare il compagno o la compagna della vita, o solo un tentativo, un'avventura.
"L'iniziativa è partita bene", dicono a Deutsche Bahn. Alla fine del primo viaggio 64 nuovi incontri su cento si sono conclusi con la decisione comune di scambiarsi indirizzi, numero di cellulare ed e-mail. Per rivedersi e provare un nuovo inizio della vita.
L'avventura dell'amore su rotaia comincia al binario 13 della stazione centrale di Norimberga. Niente speranze per aspiranti adulteri. Devi registrarti come single, provando di esserlo. Lo fai al "single-dating check in". Poi Sali a bordo. Ti offrono rinfreschi, un bicchiere di Gluehwein, il vin brulé tedesco dei mercatini natalizi, prosecco, soft drink, e qualche Bretzel, le gustose ciambelle bavaresi.
"Io sono il single numero 31", racconta alla Frankfurter Allgemeine un giovane di 28 anni, dal nome difficilissimo a ricordarsi: Wolfdietrich. E gli viene la buona idea: sull'adesivo tondo col numero 31 che si deve appiccicare alla camicia, deve scrivere anche il suo nome di battesimo. Invece sceglie il soprannome, più versatile e simpatico: Wolle, come lana.
Regole precise a bordo, siamo tedeschi o no? Si sale sui rossi vagoni a open space, senza compartimenti, dell'espresso dell'amore. Decorati con cuori dipinti sui finestrini e palloncini multicolori. Prima di lanciarsi nella ricerca del cuore, ognuno ha già fornito alle ferrovie nome e numero di telefono. Dopo il viaggio, se una o più nuove conoscenze l'hanno soddisfatto o soddisfatta, dirà a chi distribuire i suoi dati. Un animatore spiega le regole al microfono: "Ogni coppia ha dieci minuti per conoscersi, poi si cambia. Le signore restano sedute al loro posto, i signori cambiano poltrona". Sembra quasi, nella Francia di secoli addietro, il gentiluomo che animava il ballo della Quadriglia. Si parte: il potentissimo, rosso locomotore serie 103 scatena tutti i suoi ottomila cavalli e punta a duecento all'ora su Norimberga. Frasette, ammiccamenti, sorrisi e sguardi curiosi.

"Carina quella che ti siede accanto", dice il single numero 23 al numero 34 (entrambi maschi). "Ma sta dicendo sì a me, non t'illudere", è la risposta. Qualcuno è deluso. Come la giovane Raphaela, single numero 42, giornalista tv. "Non ho incontrato tipi da sogno, semmai da incubo". La single numero 34 fissa il numero 23, quasi lo consola con una domanda: "Quando hai lasciato la tua ultima fidanzata?". "Beh, non ne ho mai avute". Ma molti qui giurano che il treno dell'amore avrà un futuro. Quei 64 su cento che si sono prescelti forse sono già nuove coppie. E forse sono entrambi pendolari, come milioni di tedeschi: qui in Germania molti amori nascono persino scambiandosi parole e sorrisi aspettando nelle frequenti, atroci code sulle autostrade.

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Ormoni gratis a trans detenuti.

Se ne fa carico l'istituto penitenziario di Belluno.

(Ansa) Cure ormonali gratuite ai transessuali detenuti nel carcere Baldenich di Belluno, divenuto ormai per loro una meta ambita. L'istituto penitenziario da' la possibilita' a coloro che gia' assumono i farmaci per il cambio di sesso di continuare la cura anche in cella, assumendone tutte le spese. La cifra complessiva si aggirerebbe sui mille euro al mese. Nel carcere bellunese, i transessuali sono 12 su un totale di 105 ospiti.

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A casa di Silvio. Barbara, la "ribelle" di casa Berlusconi: favorevole alle unioni omosessuali e affascinata da Marx...

(Marialetizia Mele - Affari italiani) Quando le avevano chiesto “Meglio un grande statista o un grande rivoluzionario?”, aveva risposto: “Meglio uno che sappia agire in entrambe le direzioni.” Così sembra comportarsi lei stessa, Barbara Berlusconi: non in politica, dove non è (ancora) impegnata, ma nella sua vita privata, nella quale interpreta un ruolo sempre a metà tra quello della figlia di buona famiglia, contenta del proprio futuro già programmato, e la giovane un po’ ribelle, che tiene a mostrare la propria autonomia rispetto a mamma e papà, soprattutto se si chiamano Veronica Lario e Silvio Berlusconi.

Certo, ribelli da adolescenti lo sono un po’ tutti, anche se aveva fatto comunque scalpore quel piercing alla lingua che Barbara si era fatta fare a quattordici anni, sconvolgendo la madre (per non parlare del padre, che l’aveva scoperto solo un anno dopo). Ed è normale anche che una ragazza di quell’età voglia diventare un’attrice. Nonostante abbia studiato recitazione e doppiaggio, su questo Barbara ha ceduto facilmente a papà Silvio (che del resto, molti anni fa, aveva già fatto interrompere la carriera teatrale a Veronica) e a diciannove anni è entrata nel consiglio di amministrazione della Fininvest: ora, a ventitré, mentre studia filosofia all’università del San Raffaele a Milano, si prepara anche a diventare manager.

Barbara Berlusconi dice di essere riservata, come la madre, e di preferire la compagnia degli amici alle feste mondane; con altri figli dai cognomi celebri ha fondato Milano Young, un’associazione che organizza eventi benefici. L’anno scorso suo padre ha pagato ventimila euro a Fabrizio Corona per le foto che la ritraevano davanti a una discoteca milanese, ubriaca e in compagnia di un amico: “Le foto erano brutte”, si era giustificata, “e inoltre potevano alimentare chiacchiere su una presunta crisi con il mio fidanzato”. Barbara ci tiene alla sua vita privata, non ama metterla in piazza e per la nascita del suo primo figlio, avvenuta qualche giorno fa, lei e il fidanzato Giorgio Valaguzza hanno scelto una clinica a Lugano proprio per evitare giornalisti e fotografi. In questo è molto diversa da suo padre e non ha problemi a dichiararlo: ha detto più volte di essere rimasta sconcertata quando Silvio fece la famosa battuta sulla presunta love story tra sua moglie e il filosofo Massimo Cacciari (che ora, per ironia della sorte, è suo professore all’università).

Barbara ha preso spesso posizioni contrarie alla famiglia: due anni fa aveva criticato i referendum sulla procreazione assistita, mentre sua madre era favorevole, e si è dichiarata a favore delle unioni omosessuali, nonostante il centrodestra lotti decisamente contro i Dico. La sua riservatezza, infatti, non le impedisce di rilasciare interviste e di esprimere pubblicamente le sue idee, senza riguardi per nessuno. L’anno scorso, nella sua prima intervista in diretta televisiva alle “Invasioni barbariche”, Daria Bignardi le aveva chiesto quale programma Mediaset non farebbe mai vedere ai suoi figli: “’Buona domenica’ e i reality”, aveva risposto senza esitazioni. E non si era intimidita nemmeno quando Maurizio Costanzo, risentito, l’aveva liquidata come una “giovinetta”: “Così offende tutti i ragazzi. Mi dispiace che un uomo di cultura non sappia accettare le opinioni degli altri”, aveva ribadito.

Riservata e riflessiva, ma anche impulsiva e concreta: “Sono un mix di mamma e papà”, dice Barbara. Doti che sicuramente le saranno utili tra qualche anno, quando affiancherà Marina e Piersilvio nell’azienda di famiglia, ma che potrebbero garantirle anche una carriera in politica: suo padre gliel’ha proposta già tempo fa e lei finora ha detto di no, ma ammette che in futuro potrebbe decidere di “scendere in campo”. Barbara intanto dice di aver sempre votato Forza Italia, ma anche di stimare Bertinotti e di essere affascinata da Marx. Come direbbe lei stessa, un bel mix.

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Televisione: Di qualità? Sì, grazie,


(Cogito ergo sum) Non è vero che per fare audience bisogna esibire sederi e donne, trasgressività e volgarità, perché "è questo che il pubblico vuole e segue". Casomai, è così perché ormai via cavo non si ha scelta, è tra questo che si può scegliere; l'unico gesto di dissenso possibile altrimenti è spegnere la tv, ma così non si è più contato tra gli spettatori che fanno share, e la propria scelta si fa invisibile.

Ma quando viene proposta un'alternativa, gli ascolti rivolti alla qualità si impennano.
Ecco allora il successo del Paolini su Ustica, l'anno scorso, o il Benigni dell'Ultima del Paradiso di qualche tempo fa. O ancora le più recenti lezioni su Raffaello di Dario Fo.
E l'ultimo: il Sergente, ancora di Marco Paolini.
Tutti spettacoli che hanno fatto impennare gli ascolti, con cifre da capogiro (La7 addirittura ha raddoppiato gli ascoltatori quella sera).

E' un messaggio chiaro alle emittenti televisive. L'avranno recepito?
Mediaset rilancia Distraction, la Rai tiene RaiEdu in seconda serata e preferisce corteggiare Bonolis. Non l'hanno recepito...

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A proposito di Don Benzi: Qualcuno lo pensa, qualcuno lo scrive. Uno in meno (a don Benzi).

(Elfo bruno) Ok, ammetto che non volevo scriverne. Mi stava allegramente sul culo in vita, non sarò di certo tenero ora che è passato nel mondo dei più. Siccome tutta la politica italiana sta lì a ricordarmi quanto era fico, e siccome io penso che sia giusto ridimensionare questi eserciti di preti che mirano solo a finire nei talk show e a diventare ricchi dietro la scusa del voto di povertà, vedrò di dare una chiave di lettura un attimo in controtendenza con tutto il blablabla santificatore col quale destra e sinistra appestano le nostre orecchie su tg e media in generale. Chi era don Oreste Benzi? Innanzi tutto era un prete. Questo fa di lui una persona da cui diffidare in misura più che consistente. Poi, piaceva pure a sua santità (SS) Ratzinger, per cui la puzza di zolfo ci sta tutta. Ma andiamo per ordine. Divenuto sacerdote, decide di aiutare gli oppressi e comincia ad aprire case-famiglie e strutture per il ricovero dei diseredati. Per questa ragione fonda l'associazione Giovanni XXIII. Leggo, e cito testualmente, dal Corriere on line che oggi l'associazione «conta 200 case famiglia in Italia [...] 6 case di preghiera, 7 case di fraternità, 15 coop sociali [...] 6 centri diurni [...] 32 comunità terapeutiche, la Capanna di Betlemme per i poveri». In altre parole, se l'ICI la paghiamo cara è anche per merito suo. Ovviamente, poi, una persona che controlla tutto questo va da sé che è povera. Certo, ha fatto tanto bene per «minori e giovani in condizioni di disagio, persone con handicap, detenuti, zingari, tossicodipendenti, etilisti, senza fissa dimora, immigrati, anziani, malati di Aids, madri in difficoltà, donne costrette a prostituirsi». Peccato che nessuno tenga conto di due aspetti fondamentali: 1. era suo preciso dovere, visto che si presentava come vicario di Cristo; 2. la colpa è dello Stato che non ha ancora capito che queste dovrebbero essere a suo carico, perché questi signori qui per curare le prostitute e i malati di AIDS poi pretendono che si candidi una Binetti in parlamento. Gli ideali erano mossi da amore fraterno e spirito cristiano. Ma con solo con quelli che la pensavano come lui. Per chi non si riconosceva nello spirito della chiesa, c'era la promessa del fuoco dell'inferno. Trattamento che andava riservato a donne che abortivano - per lui abortire era come friggere il cervello a un condannato sulla sedia elettrica - coppie non sposate, fumatori di canne, gay e tutti coloro che pensano che se fai sesso prima del matrimonio stai solo esercitando i cosiddetti affaracci tuoi. A quest'ultimo proposito: era fieramente omofobico. Per cui col cavolo che mi dispiace! Chiedeteglielo a un ebreo se è umanamente provato dalla morte di un nazista o a un nero se prova umana compassione quando schiatta uno del Ku Klux Klan! In conclusione: pace all'anima sua, e che riposi in un paradiso che mandi per l'eternità le canzoncine di Radio Maria che tanto gli piacevano. Ma sinceramente, se dovessi dire che sono dispiaciuto e che, saputa la notizia, non ho avuto una sensazione liberatoria, sarei profondamente ipocrita.

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Benedetto XVI sulla famiglia.

Il Vangelo vissuto, la risposta cristiana ai disagi della famiglia contemporanea: così Benedetto XVI al Movimento “Famiglie Nuove” dei Focolari. “Siete un segno di speranza”.

(Radio Vaticana) Fondare la famiglia sulla roccia di un cristianesimo maturo, che custodisca nell’amore la vita domestica e con lo stesso amore contribuisca a lenire i mali della società. E’ l’apprezzamento e l’auspicio con i quali Benedetto XVI ha accolto in udienza questa mattina una delegazione del Movimento “Famiglie Nuove”, diramazione del più grande Movimento dei Focolari. Il Papa ha esortato a modellare il vissuto familiare sull’esempio della Famiglia di Nazareth, “icona” di un amore che cambia il cuore dell’umanità. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Una famiglia che sceglie di aprirsi alla vita, che cresce i propri figli nei valori del Vangelo, che trova momenti di preghiera domestica, che incoraggia i fidanzati a credere in un progetto insieme più delle forze che oggi lo scoraggiano, che custodisce gli anziani piuttosto che disfarsene, che apre le proprie porte a chi ha bisogno di aiuto perché preferisce la solidarietà all’indifferenza. E’ l’utopia trasformata in realtà da almeno 800 mila famiglie in oltre 180 Paesi del mondo. Sono le “Famiglie Nuove” del Movimento dei Focolari, chiamate così 40 anni fa dalla loro fondatrice, Chiara Lubich. Per il Papa, una “vasta e benemerita istituzione” e un segno della speranza cristiana, che riattualizza nel mondo l’ideale della Famiglia di Nazareth. Nell’udienza celebrativa del quarantennale, Benedetto XVI ha anzitutto salutato e ringrazianto Chiara Lubich - “perché - ha detto - con saggezza e ferma adesione alla Chiesa, continua a guidare la grande famiglia dei Focolari”. Quindi ha ricordato ai circa 400 rappresentanti del Movimento le “quattro direttrici” che ne orientano l’azione pastorale: la spiritualità, l’educazione, la socialità e la solidarietà:

“Il vostro è in effetti un impegno di evangelizzazione silenzioso e profondo, che mira a testimoniare come solo l’unità familiare, dono di Dio-Amore, possa rendere la famiglia vero nido di amore, casa accogliente della vita e scuola di virtù e di valori cristiani per i figli. Di fronte alle tante sfide sociali ed economiche, culturali e religiose che la società contemporanea deve affrontare in ogni parte del mondo, la vostra opera, veramente provvidenziale, costituisce un segno di speranza e un incoraggiamento per le famiglie cristiane ad essere ‘spazio’ privilegiato dove si proclami nella vita di ogni giorno la bellezza del porre al centro Gesù Cristo e del seguirne fedelmente il Vangelo”.

E’ questa la famiglia “costruita sulla roccia”, quella che sceglie di trasformare il Vangelo in azione, secondo lo spirito del convegno organizzato in questi giorni da Famiglie Nuove. “Il segreto è proprio vivere il Vangelo”, ha esclamato il Papa, in un’epoca in cui la famiglia vive spesso “situazioni complesse e difficili”. Si pensi, ha osservato Benedetto XVI, alle incertezze dei fidanzati dinanzi a scelte definitive per il futuro, alla crisi delle coppie, alle separazioni e ai divorzi, alle unioni irregolari, alla condizione delle vedove, alle famiglie in difficoltà, all’accoglienza dei minori abbandonati:

“Auspico di cuore che, anche grazie al vostro impegno, possano essere individuate strategie pastorali tese a venire incontro ai crescenti bisogni della famiglia contemporanea e alle molteplici sfide a cui essa è posta di fronte, perché non venga meno la sua missione peculiare nella Chiesa e nella società”.

“Secondo il progetto divino - ha proseguito il Papa, ricordando un passo dell’Enciclica Christifideles laici - la famiglia è dunque un luogo sacro e santificante e la Chiesa, da sempre vicina ad essa, la sostiene in questa sua missione ancor più oggi, poiché tante sono le minacce che la colpiscono dall’interno e dall’esterno”. Ma c’è un modello cui guardare e lasciarsi ispirare:

“Per non cedere allo scoraggiamento occorre l’aiuto divino; per questo è necessario che ogni famiglia cristiana guardi con fiducia alla Santa Famiglia, questa originale 'Chiesa domestica' nella quale 'per un misterioso disegno di Dio è vissuto nascosto per lunghi anni il Figlio di Dio: essa, dunque, è il prototipo e l’esemplare di tutte le famiglie cristiane'”.

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Editoriale di Napoli gaypress: Indignazione integrata.

(Napoligaypress) Mi fa sempre molta specie dover difendere, come è capitato varie volte in questi giorni, davanti ai miei amici e colleghi spesso afflitti da un inconsolabile antagonismo post adolescenziale al sistema, le ragioni sia pur superstiti della democrazia italiana e del diritto. Ascoltare persone generalmente colte e sofisticate, relativamente ai campi del sapere di loro pertinenza, banalizzare in modo così volgare, nell’asserzione che in questo Paese bisognerebbe delegare l’esercizio della funzione pubblica a Beppe Grillo piuttosto che a De Magistris, ai vaffanculo piuttosto che alle lacrime appassionate di Clementina.

Costringendomi a inerpicarmi in sillogismi ardui, a declinare ragionamenti che fino a ieri parevano ovvi, riducendomi a citare (io profanissimo) Toqueville (a proposito della separazione dei poteri, del fatto che i magistrati non possono essere tribuni), piuttosto che Cesare Beccaria (a proposito della remissione della colpa con lo sconto della pena carceraria, in relazione a Grillo e a quella storia circa tutte le condanne definitive in politica).

Cose elementari, talmente tali che neanche le padroneggio bene. E mi fa strano che debba difendere la democrazia e il diritto (al grido politicamente scorretto di “fatevi un giro in Sudan”), sentendomi per questo dare del “papista e reazionario” (sic!) proprio io che di tutti questi amici e colleghi, più o meno ben inseriti in società e così politicamente corretti, così calibratamene indignati, sono quello che gode in assoluto del numero minore di diritti di cittadinanza in questo Paese! E allora come fare per continuare ad indignarsi, mantenendo nel contempo nitida l’ambizione all’ampliamento della sfera dei diritti piuttosto che al loro rovesciamento?
Indignandomi con voi che mi leggete e che sapete distinguere. E comprendere.

Dopo lungo introito, passo dunque a qualche spigolatura dai media: soltanto poche settimane fa Francesco Cossiga, intervistato dall’ineffabile Klaus Davi, “sofisticato” intellettuale molto alla moda in questo strano Paese, su uno dei quotidiani italiani più autorevoli e ragionevoli, poteva sostenere candidamente che ai suoi tempi gli omosessuali se la passavano assai meglio di oggi se è vero che molti di essi, appartenenti al suo stesso partito, riuscivano ad accedere a cariche appena inferiori a quelle occupate da lui; e che tale risultato poteva considerarsi il frutto di una prassi democristiana nella quale vigeva “rispetto e silenzio” sulla spinosa questione. Con ciò non soltanto confondendo (o mostrando di confondere) l’emancipazione e le pari opportunità con il catto-italico adagio “si fa ma non si dice”: una cultura nella quale il rispetto dell’individuo si identifica col silenzio è una cultura omertosa e mafiosa.

Il silenzio non è solo discriminazione o introiezione dell’omofobia; come a Corleone, o nei quartieri di Napoli in cui viviamo, il silenzio è assassino.

Vi risparmio infine chiose interpretative del buon Davi sul movimento gay (!) e risposte, a puntuale domanda a riguardo dell’intervistatore (!!!!), che non è plausibile ipotizzare un’alleanza tra donne e omosessuali, per il fatto che mirano a un unico scopo (scoparsi un uomo, evidentemente) e, dunque, al di là della comune sensibilità da parrucchieri, si porrebbero inevitabilmente in competizione.

E che un ex Presidente di questa Repubblica, che sul “lo so ma non ve lo dico” relativamente ai misteri italiani, ha giocato gran parte della sua notorietà e della sua esposizione mediatica di questi anni altrimenti destinati al declino, possa consentirsi espressioni di questo tipo in quel contesto senza che ciò lasci traccia mi fa riflettere.

Così come, solo pochi giorni fa, ho riflettuto su alcuni elementi “marginali” di un’inchiesta di Striscia la notizia (ahimè…) sulla cosiddetta psico-setta Archeion di Bari nell’ambito della quale pare si siano compiuti abusi sessuali e altre cose amene. Il tutto con la complicità di alcuni uomini di Chiesa, chiamati a lustrare l’immagine dell’associazione. Una complicità forse inconsapevole, forse no: è da accertare, ma non è questo, solo, il punto.
Uno dei religiosi chiamati in causa è il noto frate Cantalamessa che ogni domenica (credo ancora oggi) conduce su Rai Uno la trasmissione religiosa “A sua immagine”. Durante una puntata dello scorso anno il religioso pubblicizza ai quattro venti la fantomatica “associazione” che tra i suoi compiti avrebbe quella di ricongiungere i figli ai padri, recuperando anni di rapporti difficili. Passa subito un’immagine di un giovane adulto che bacia castamente una donna al suo fianco; Cantalamessa precisa che il giovane è uno dei beneficiati da questo percorso.

Egli manifestava in gioventù tendenze omosessuali; ora, in seguito al periodo, diciamo così, terapeutico, non solo ha riacquisito il suo rapporto col padre, ma si è anche sposato con una brava ragazza, scegliendo un diverso modo di vivere la propria sessualità.

Ora, questo passaggio, naturalmente, non è stato chiosato dagli improbabili conduttori dell’inchiesta con la giusta indignazione che caratterizzava il servizio sulla notizia più in generale, in una trasmissione che dello sberleffo all’omosessualità, all’effeminatezza, all’allusione fa uno dei suoi cavalli di battaglia.

Ma non facciamo i vittimisti, esistono ormai anche le barzellette sugli ebrei e i neri; dunque andiamo avanti.

Il fatto è che un religioso, sulla prima rete della televisione pubblica, può consentirsi, grazie ai nostri soldi, di parlare, a proposito di una setta in odore di truffa e abusi, di percorsi terapeutici rivolti a omosessuali. Pescando tra l’altro a man bassa nel più desueto e deteriore freudianemo d’accatto nel legare esplicitamente l’omosessualità all’assenza della figura paterna (o in ogni caso a una diminutio nello sviluppo della personalità) e il ritorno a una sana e corretta sessualità al ripristinarsi del modello maschile di riferimento. E questo nel più assoluto silenzio.

C’è quasi da ringraziare i presunti delitti di una psico setta barese per aver fatto riemergere un episodio così inquietante e pur vecchio di un anno!

Ecco, conservare la capacità di indignarmi senza diventare uno sporco reazionario. O un vacuo antagonista di maniera. Spero, con voi, di esserci riuscito. (nella foto Padre Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia)

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All'Orlando di Brescia grande cinema.

Logo della Rassegna cinematgrafica
percorsi di cinema gay - lesbico - transgender
tutti i lunedì feriali alle ore 21
novembre 2007
"Arte"

Il miniciclo di novembre è dedicato all'arte e agli artisti. La fotografia (AKA e Le temps qui reste), il teatro (Lilies), il mondo esclusivo del mercato dell'arte (High art). Ma vere opere d'arte sono anche tutti e quattro i film proposti, caratterizzati da una fotografia davvero eccellente, da una ottima recitazione e da una capace regia. Soprattutto Lilies e Le temps qui reste sono davvero straordinari: poetico, ma senza retorica, il primo, asciutto e implosivo il secondo, sono entrambi destinati a lasciare un ricordo emotivamente forte.
Sergio Mazzoleni

lun 5
AKAn di Duncan Roy (GB, 2002)
Dean è un diciottenne bello e brillante, ma non accetta i limiti imposti dalle sue umili origini. Si crea pertanto una falsa identità per poter essere ammesso alla frequentazione del jet-set; qui entra in contatto con David, un uomo attratto da lui, e con Benjamin, un altro ragazzo che, come lui, è riuscito a inserirsi nell’alta società. Originale la scelta di rappresentare la storia contemporaneamente su tre frame diversi.

lun 12
LILIES di John Greyson (Canada, 1996)
Il cardinale Bilodeau si reca in un carcere di massima sicurezza per ricevere la confessione di Simon Doucet, detenuto condannato per omicidio e prossimo alla fine. Sequestrato dai detenuti nel confessionale, con la complicità del personale del carcere, viene obbligato ad assistere a uno spettacolo teatrale. La visione dello spettacolo lo obbliga a fare i conti con le proprie colpe passate. La straordinaria capacità di oscillare continuamente tra la scena teatrale e i ricordi del passato e l'ottima recitazione (del cast tutto al maschile, compresi i ruoli femminili) contribuiscono a rendere 'Lilies' un film davvero straordinario. Imperdibile.

lun 19
HIGH ARTdi Lisa Cholodenko (Usa/Canada, 1998)
A New York, l'incontro casuale tra due donne provoca cambiamenti radicali nelle loro vite. Syd, fresca di laurea, cerca di farsi strada nel mondo dell'editoria fotografica; Lucy, un'ex-enfant prodige della fotografia fuggita anni prima a Berlino per non soccombere alle pressioni del mercato dell'arte, è ora tornata a New York con Greta, ex-attrice preferita di Fassbinder divenuta un affascinante relitto in perenne transito tra lucidità e incoscienza. Un'opera prima vincitrice del premio della giuria al Festival del Cinema Americano di Deauville e del premio per la sceneggiatura Waldo Salt al Sundance Film Festival. Con le splendide Ally Sheedy e Radha Mitchell, e contributi artistici, tra gli altri, di Nan Goldin e David Wojnarowicz.

lun 26
IL TEMPO CHE RESTA (Le temps qui reste) di Francois Ozon (Francia, 2005)

Romain è un affermato fotografo di moda, sicuro di se' e un po egoista. Di fronte alla scoperta di avere un tumore in fase molto avanzata, rifiuta le cure (con scarsa probabilità di successo) e allontana da se', con cattiveria e senza dire loro la verità, una a una le persone che più ama, in particolare il fidanzato e la sorella, con la quale ha da tempo un rapporto conflittuale. Unica eccezione la nonna, alla quale svela la verità. Un film di Ozon insolitamente lineare e realistico. Bellissimo e con una invincibile carica implosiva: uscirete divers* rispetto a come siete entrat*.

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David Beckham su Arena magazine.



David Beckham è l'ospite d'onore del magazine Arena nel numero di Dicembre 2007 oltre che in copertina, all’interno appare in un servizio fotografico davvero da non perdere. Photography by Steven Klein. Styling by Rachel Zoe.

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Il colmo: un rave illegale non sarebbe finito così.

(Luigi Caramiello - Il Corriere del Mezzogiorno) Molti ragazzi in ospedale con seri malori. Qualcuno parla di otto ambulanze impegnate nei soccorsi. Uno studente stroncato da una miscela micidiale di droghe, più o meno leggere, più o meno legali: alcol, hashish, farmaci antidepressivi, amfetamine.
Un bollettino di guerra, soprattutto se si pensa che era una festa di Halloween, un momento di divertimento, gioia, evasione. Una volta i rave, erano illegali, segreti, la notizia girava con un sotterraneo tam-tam: telefonate, messaggini. Fino a poche ore prima erano in pochi a sapere dove si sarebbe svolto il party.
Una fabbrica in disarmo, una valle nascosta in montagna, un vecchio magazzino abbandonato? Era un aspetto del loro «fascino». Ora invece settemila persone sono accolte, per soli 40 euro a testa, in una struttura pubblica, la Mostra d’Oltremare, il cui presidente, confessa di aver sostenuto l’iniziativa per averne un ritorno economico, ma, soprattutto, per avvicinare nuovi target di pubblico. Purtroppo non è stata una buona operazione di marketing. Ma non voglio scaricare le responsabilità solo sul presidente Cercola. L’iniziativa godeva anche di importanti patrocini istituzionali: Regione e Provincia, assessorati all’Università, Ricerca scientifica, Innovazione tecnologica; e Comune di Napoli, assessorato alla Cultura. Ora leggo che il servizio d’ordine ha evitato, per l’intera notte, la circolazione di droga all’interno dei padiglioni. È semplicemente una barzelletta. Un rave senza droga? Siamo seri! Chiunque ci ha messo piede sa che queste feste si caratterizzano, soprattutto, per due cose: una ritmica musicale ossessiva e un diffuso consumo di sostanze stupefacenti. Sfido chiunque a indicarmi un solo rave, in qualsiasi posto del mondo, che non sia stato una festa della droga. La situazione non è che cambia semplicemente perché l’iniziativa è «istituzionale», e ha il timbro dell’Asl. Alla luce degli avvenimenti, l’unica differenza fra un rave illegale e uno «legale» è che, in questo caso, il bilancio è molto più tragico.
Un ragazzo morto e altri intossicati che, per fortuna, la scampano, è un bollettino molto più pesante di quello solito dei rave «illegali». Chissà, forse in una festa illegale, il giovane, cosciente di essere in un contesto «deviante», sa che deve contenersi, frenare. Nessuno gli impedisce di spingere, ma sa bene quello che rischia. Potrebbe non essere soccorso in tempo, l’ambulanza potrebbe addirittura non trovare il posto che ospita la festa. Ma quando un raduno così può avvalersi dei crismi dell’ufficialità, quando si svolge in una tale cornice di pubblica legittimazione, un ragazzo si sente garantito, «coperto»: disattiva i meccanismi inibitori, allenta i meccanismi di controllo, tanto se c’è qualche problema ci pensano «loro». E la tragedia si compie. Francamente sgomenta sentire gli stessi «esperti» che giorni fa ci propinavano disinvolti la ricetta della liberalizzazione girare la testa dall’altra parte e discettare astrattamente di «logiche terroristiche», glissando su quello che è accaduto, in uno spazio sostanzialmente «libero».
Se guardiamo il Free Party dell’altra sera come una prova generale sugli esiti di una possibile legalizzazione di droghe, in un’area «controllata» del territorio, ne ricaviamo la sensazione che, effettivamente, lo scenario è terroristico. Nel senso che l’impennata del consumo che si rileva, e i drammi cui conduce, terrorizzerebbero qualsiasi persona di buon senso. Ma è mai possibile che per gli avversari di tutte le liberalizzazioni di cui l’Italia ha disperato bisogno c’è un’unica liberalizzazione su cui non nutrono dubbi, quella della droga?

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Il Secondo Valentino "Sulle tasse ho sbagliato".

Da star mondiale a maxi evasore fiscale, da campione venerato a nemico pubblico. Rossi parla per la prima volta della sua crisi.

(Benedetto Ferrara - La Repubblica) La porta del camper che si apre, lui che sorride, saluta, ti dice "dai, siediti" e poi inizia a battere la mano destra sul tavolino di legno, come a segnare il ritmo del suo ritorno, della sua voglia di parlare e di raccontare gli errori suoi e quelli degli altri, le luci basse di un passaggio della vita che è una tempesta, le sue verità su un'estate che gli ha lasciato addosso segni profondi, una pista che non sembra amarlo più come lo amava un tempo. Qui, a Valencia, domani si corre l'ultima gara del mondiale. Rossi, il potere assoluto del motociclismo, per la seconda stagione di fila è scivolato un passo indietro. Valentino secondo è quello che dice la classifica. Il secondo Valentino, invece, è quello che lui racconta per dire che gli errori costano ma anche che gli errori insegnano e ti cambiano. E così la storia ricomincia. Adesso.

Rossi, ha mai rivisto la cassetta del suo monologo estivo che lei ha inviato ai tg a metà agosto?
"Sì, certo che l'ho rivista quella cassetta".

E cosa ha pensato, col senno di poi, davanti alla sua autodifesa con telecamera fissa?

"Che quello era davvero un brutto momento e che di sicuro oggi una cosa così non la rifarei. Non in quel modo".

In effetti, non era una trovata alla Rossi.
"Era la trovata di uno che aveva molta pressione addosso. Avrei voluto farmi intervistare ma in quel momento non trovavo le persone di cui mi fidavo e, comunque, dovevo reagire perché i media mi stavano massacrando".

Le tasse sono un tema molto caro alla gente.
"Ho la coscienza a posto. E se ho commesso qualche piccolo errore è solo per superficialità o perché ho trascurato alcuni aspetti della mia vita".

Al di là delle sue ragioni, crede che questa vicenda le abbia insegnato qualcosa di importante?
"Quello che è accaduto è stata una vera e propria lezione di vita".

Una sola?
"No, in effetti le lezioni sono tante".

La prima?
"Immaginavo che il gioco del "prima ti mitizzo e poi ti stronco" fosse un gioco duro, però non credevo che fosse così spietato. E poi c'è chi gode come un matto a insistere nel fare di tutto per screditarti".

Rossi solo vittima dell'invidia?
"Ma no, non dico questo, certo però che gli invidiosi, se possono, ti fanno male davvero e pur di farlo sono disposti a dire o scrivere un sacco di bugie".

L'indagine della Finanza non era una bugia, però.
"Certo, ma dipingermi come uno che fa la vita del miliardario e nuota nei soldi è una falsità. Chi mi conosce sa bene che ho solo una passione costosa: le automobili, per il resto faccio una vita normale, anche se non sono così stupido da non sapere di essere un privilegiato".

In effetti, l'accusano di passare più tempo a Tavullia che a Londra. E Tavullia, con tutto il rispetto, non è Nassau. E neanche Londra.
"Io vivo in Inghilterra dal Duemila. E siccome la legge mi permetteva di poter passare anche del tempo nel mio paese, coi miei amici e la mia famiglia, io l'ho fatto, dal mio punto di vista senza violare le regole. Ma su questa storia le risposte prima o poi arriveranno, la cosa che mi ha dato davvero fastidio è che abbiano voluto farmi passare come un nababbo furbetto, uno che gira addobbato d'oro massiccio neanche fosse Snoop Dogg (noto rapper e produttore americano ndr)".

Rossi, cosa ha pensato in quei giorni così tosti uno abituato a essere un mito intoccabile?
"Che era davvero dura perché non potevo neanche rispondere in pista, e questo rendeva tutto molto frustrante. Per il resto c'era poco da fare: mi sono protetto evitando di leggere i giornali".

Nemmeno un po'?
"Solo qualche volta. Ma ho preferito distrarmi con i libri".

Un titolo?
"Un libro che mi è piaciuto tantissimo è "Questa storia" di Baricco. Me lo hanno regalato perché c'era una dedica per me e io l'ho subito letto. Davvero bello, e ringrazio di cuore Baricco per quella dedica".

Altri titoli?
"Beh, "La casta". L'ho appena finito. Mamma mia".

Sorpreso?
"Questo è un libro che dovrebbero leggere tutti. E non a caso è diventato un best seller. Ognuno di noi ha il diritto di sapere come funzionano certe cose".

E Rossi come giudica il funzionamento di certe cose?
"Io preferisco non fare la morale a chi ha fatto la morale a me. E comunque è facile capire cosa può pensare uno che ha letto quel libro".

Prossima lettura?

"Oceano mare".

Sempre Baricco.
"Mi piace la sua scrittura".

Valentino, lo sa che lei sembra cresciuto davvero?
"Se me lo dicono sono contento. Ma credo che sia normale. Un po' le storie della vita, un po' l'età, visto che i trent'anni non sono poi così lontani. E così si cambia. In meglio, spero".

E si cambia anche il manager, giusto?
"Preferisco parlare di queste cose a mondiale finito.
Cioè dalle tre in poi di domenica prossima".

E allora torniamo per un attimo al discorso dei media cattivi. Perché, oltre al discorso delle tasse,lei si era anche arrabbiato molto per quella faccenda del suo presunto flirt con Elisabetta Canalis.

"Un attimo, dire che mi ero arrabbiato molto non basta a spiegare il mio stato d'animo di fronte a certe falsità".

Ecco, ma al di là del giudizio che ognuno di noi può avere sul gossip giornalistico, non crede che un personaggio come lei sia comunque destinato a essere preso di mira dalla stampa scandalistica?
"Beh, io per la verità ho sempre fatto di tutto per evitarlo, ma non è questo il punto".

E allora dove sta il problema?
"Chiariamo una cosa: il problema non sta nelle voci di una mia presunta relazione con Elisabetta Canalis, cosa che comunque non sta in cielo né in terra. Ciò che trovo orribile è che abbiano scritto che io avevo lasciato la mia fidanzata Arianna per via di questa relazione. Una bugia vergognosa, giocata sulla pelle di una ragazza con cui sono stato due anni e mezzo. E una relazione così lunga lascia sempre dietro di sé delle sofferenze. Ecco perché mi sono ribellato. E comunque io continuo a pensare che tra questa storia e quella delle tasse ci sia un legame. Ma lasciamo stare. Meglio parlare d'altro".

Di moto, per esempio.
"Sono pronto".

Cominciamo così: Rossi è sempre Rossi?
"Sì".

E Stoner è più o meno forte di Rossi?
"Stoner è molto forte".

Non ha risposto.
"Un pilota davvero forte è anche convinto di essere il più forte di tutti. Quindi.".

Sì, però qualcuno ha detto che lei ha iniziato a lamentarsi: la moto che non va, le gomme che nonfunzionano. Rossi un po' come il suo antico rivale Biaggi, possibile?
"No, non è proprio possibile. Mi sarebbe piaciuto vedere cosa avrebbero detto altri piloti dopo aver visto, come è successo in Cina e in Qatar, la Ducati andare venti chilometri più forte della loro moto".

D'accordo, ma due mondiali persi per uno come lei sono un doppio cazzotto nello stomaco.
"Perdere non fa piacere, ma forse sarebbe anche giusto ricordare che da quando sono arrivato nella top class ho vinto cinque mondiali di fila".

Fa l'orgoglioso?
"Era giusto per dire che almeno posso dire di essere entrato nell'olimpo del motociclismo".

Però adesso tutti si aspettano la grande rivincità. Gomme nuove, le Bridgestone, e una Yamaha all'altezza. Lei sembra avere le idee molto chiare.
"E' normale cercare di ottenere il meglio, dal punto di vista tecnico".

Ma le Bridgestone sono una certezza?
"Stanno ancora discutendo, lo sapremo lunedì".

Lei ripete spesso che se la Yamaha la deluderà di nuovo potrebbe cambiare a fine stagione. Le cose stanno davvero così?
"Io vorrei chiudere la carriera su questa moto ma mi piacerebbe anche avere a disposizione i mezzi per combattere per il titolo".

In caso contrario, addio Yamaha.
"Sì, ma intanto voglio pensare al mio 2008 sulla M1".

Lei che ne pensa del divorzio Alonso-Mclaren?
"Quando senti che un team non lavora più per te al cento per cento è l'ora di cambiare casa".

Rossi, oltre a pretendere una moto competitiva c'è anche qualcosa che lei adesso pretende da se stesso?
"Sì, e vorrei tornare alla storia delle lezioni della vita. Non so bene perché, ma tutto quello che è successo mi ha convinto del fatto che nessuno può vivere bene se non riesce a mettere davanti a tutto i rapporti umani. A volte ti trovi a sottovalutare questo aspetto senza volerlo, per superficialità o per distrazione. E poi paghi il prezzo".

Meglio crescere, no?

"E' quello che sto cercando di fare, anche perché non riesco a stare fermo".

E allora ben vengano le lezioni.
"Già, e tra le lezioni metterei anche un bel pensiero: tra un mito indistruttibile e un mostro sbattuto in prima pagina c'è un ragazzo che ama correre in moto. Ecco, quello sono io".

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Gay picchiato a Termini ad Halloween, Fabrizio Marrazzo ne spara una delle sue!

(Spetteguless) E' la notte del 31 ottobre, 3 ragazzi gay tornano dalla PESSIMA serata di MuccaAssassina dedicata ad Halloween, sono alla stazione Termini, scendono le scale mobili, vengono circondati da tre teppisti, uno di questi prende a pugni uno dei ragazzi omosessuali, finito poi all'ospedale.
Episodio deplorevole, da condannare, senza se e senza ma.

Sull'accaduto si sono mossi sia il Mario Mieli che l'AriciGay romano che, con il suo presidente Fabrizio Marrazzo, ha esternato in questo modo "Le stazioni romane, come confermano anche le vicende di queste ultime ore non sono sempre luoghi sicuri. Per questo chiediamo un incontro ai vertici delle società Ferrovie dello Stato PER POTER DISCUTERE DI SICUREZZA ANCHE PER GAY E LESBICHE..."

Io NON riesco a trovare un commento a questa frase, l'ho riletta 1.000 volte e non ci voglio credere, eppure L'HA DETTA VERAMENTE... cosa chiederai Fabrizio mio all'INCONTRO, dei treni FUCSIA e GLITTERATI solo per noi? Magari trainati dai topolini di Cenerentola? Delle scale mobili a specchio per guardarci mentre le scendiamo? Una SECURITY SOLO per Gay e Lesbiche da trovare cercando la pettorina SMANICATA? Magari palestrati, depilati e in slip? ma chi CAZZO gliele scrive ste STRONZATE a Marrazzo.... CHIIIIIII SANTO DIO!
Come stiamo messi male, mammamia...

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Diversi e uguali: quella frase scritta su un banco di scuola.

La tragedia di Ischia: le accuse della madre, le reazioni al liceo.

(Giancristiano Desiderio - Il Corriere del Mezzogiorno) Su un banco di scuola ho letto, tra le tante cose che leggo sui banchi scolastici delle mie alunne e dei miei alunni, questa frase terribile e ironica: «Mi guardate storto perché sono diverso, ma io vi guardo e rido perché siete tutti uguali». Inevitabilmente, la frase mi è ritornata in mente quando ho saputo della drammatica morte del liceale di Ischia. Le migliaia di scuole d’Italia sono un’unica grande classe e che cosa è accaduto nel liceo «Scotti» di Ischia è scritto a chiare lettere sul banco di una classe del mio istituto d’arte di Caserta: la logica del gruppo isola un ragazzo e su di lui scarica la sua «naturale» aggressività.
L’autore della frase (o, magari, gli autori) mostra di conoscere, in modo del tutto spontaneo, il fenomeno dell’isolamento sociale e morale che ognuno di noi ha potuto sperimentare per la prima volta proprio quando era tra i banchi.
Contemporaneamente mostra anche di sapere cosa fare per difendersi dall’aggressività del gruppo: usare l’ironia.
Ieri il Corriere del Mezzogiorno e il Corriere della Sera, nel tentativo di spiegare l’assurda morte del quattordicenne di Ischia, hanno intervistato una scrittrice, Paola Tavella, e uno psicoterapeuta, Fulvio Scaparro. La scrittrice, autrice de Gli ultimi della classe, sostiene che il ragazzo di Ischia sia stato preso di mira e perseguitato, fino all’isolamento e al rifiuto sociale, perché troppo studioso. In una scuola in cui lo studio non è più un merito ma un demerito e dove la regola è la mediocrità, chi studia e ha ottimi voti diventa un «diverso» ed è perseguitato. Per Fulvio Scaparro, invece, l’invidia per gli ottimi voti non c’entra. Ci sono tanti ragazzi che soffrono a scuola, ma non sono secchioni. La loro colpa, semmai, è quella di differenziarsi dal gruppo: «Lui era deriso per i suoi voti, il ragazzino che si è suicidato a Torino perché gli davano del gay. E non importa che lo fosse davvero. L’uno e l’altro sono diventati dei capri espiatori su cui si è concentrata l’aggressività del gruppo».
L’invidia per i voti alti e il buon rendimento è senz’altro parte del mondo della scuola. Le ragazze, in particolare, sono più invidiose dei ragazzi che, invece, rispondono ai buoni voti del primo o della prima della classe con un sorriso o un’alzata di spalle. Ma ciò che è peculiare della vita sociale della classe è proprio la dinamica del capro espiatorio: uno solo o una sola diventa il bersaglio di tutti. Il motivo che scatena l’aggressività (il dileggio, gli sfottò, i risolini, le calunnie) cambia: può essere l’aspetto fisico o la timidezza, la sensibilità o lo studio. Ciò che non muta è la logica dell’aggressività del gruppo: c’è sempre qualcuno che, per un motivo o per un altro, è preso di mira, messo in mezzo, emarginato, escluso dal gruppo. Il «gioco» può essere tanto sopportabile quanto insopportabile: dipende dalle spalle del ragazzo o della ragazza isolata, ma anche e soprattutto dalla forza del gruppo che «gioca» proprio per far male. La decisione del liceale di Ischia di candidarsi come rappresentante della classe, proprio lui che era rifiutato dalla classe, era un disperato grido di aiuto e dolore: per favore, fatemi stare con voi. Come si fa ad ascoltare questo aiuto? Ecco, allora, che per i professori si pone la questione: cosa deve fare la scuola? Come intervenire? Fin quando tollerare l’aggressività del gruppo o cosa fare per riportare la dinamica nei suoi confini fisiologici?
Non ho la risposta in tasca. So solo che la scuola italiana è troppo concentrata sui «saperi» e troppo poco sull’educazione. So solo che l’alunno o gli alunni che hanno scritto quella frase rivelatrice sul loro banco di scuola mi hanno indicato la strada da seguire: smontare la logica irrazionale e aberrante del capro espiatorio facendo uso della sana risorsa dell’ironia. Mi sforzo ogni giorno di portare Socrate in classe (con ironia, mi raccomando) perché credo che il compito della scuola non sia quello di travasare il sapere da una testa all’altra, come se le teste dei ragazzi fossero vasi da riempire, bensì quello di educare al senso della diversità e della responsabilità.

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