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mercoledì 21 novembre 2007

Del maschio non si butta più niente.

(Il Mattino di Napoli) Le femministe stanno cambiando idea (almeno negli altri paesi, fuori dall'Italia). La lotta senza quartiere al maschio, e al padre, è sostituita con sempre maggior decisione dall'amore verso il proprio compagno, dalla tenerezza come stile di rapporto, e dalla consapevolezza che un buon padre è indispensabile per la crescita equilibrata dei figli, e la felicità di tutta la famiglia. Si volta pagina. E il diverso sentire delle giovani donne segnerà le leggi, e il costume, di oggi e domani.

Dietro questo cambiamento ci sono molte cose, tra le quali le statistiche di quasi quarant'anni di infelicità generale: delle donne che si ritrovavano sole e deluse, dei mariti allontanati da casa e dai figli, dei figli disorientati e scontenti. Come dimostrano le cronache quotidiane.
Dietro ogni storia di disagio giovanile, da Amanda che mette in scena a Perugia la sua disperazione, al piccolo Diego G., 15 anni, che si è buttato dalla finestra ad Ischia, c'è, anche, una famiglia spezzata, e un padre che non puoi più vedere.
Si sapeva già che il pensiero femminista internazionale, influenzato anche dalle esperienze delle sue protagoniste, aveva cominciato da tempo a tener conto del lutto prodotto nella vita delle persone dall'inimicizia tra uomo e donna. Da Luce Irigaray, a Doris Lessing, a Susan Faludi, ovunque le grandi interpreti del pensiero femminista hanno ormai spezzato molte lance a favore di questa constatazione: non ci sono donne felici in un mondo di uomini disprezzati e disorientati. Solo in Italia, paese molto ideologico e poco attento ai fatti, queste riflessioni sono ancora poco diffuse, soprattutto nell'isolata galassia della politica, indifferente all'osservazione della realtà.
Ora arrivano i dati su come la pensano le giovani donne. L'ultima ricerca, svolta da due studiose, le psicologhe Laurie Rudman e Julie Phelan, dell'Università del New Jersey, negli Stati Uniti, ha confermato quanto già raccolto in altri studi, soprattutto nei paesi anglosassoni. Le giovani donne, e i loro partner, sono ormai al di là delle antiche diatribe femministe. Nel senso che sono tutti d'accordo sull'eguaglianza tra i due generi, sull'importanza della stabilità della relazione, sulla necessità che ognuno dei due partner si prenda a cuore anche la soddisfazione sessuale dell'altro.
Queste consapevolezze condivise, segnalano anche come sia ormai nata, nel tempo, una nuova educazione sentimentale, al passo coi tempi. Queste giovani coppie infatti, che si dichiarano sensibili ed attente alla questione femminile, arrivano senza difficoltà a riconoscere che: "femminismo e romanticismo procedono insieme". Il che da una parte è ovvio: se ami le donne, ne riconosci la natura romantica, e tendi a soddisfarla. Dall'altra però è un bel capovolgimento rispetto alla rappresentazione conflittuale dei rapporti tra uomini e donne proposta dal femminismo di una volta, e da retroguardie maschili ancora impigliate nel contestarlo.
I dati sui vantaggi di una coppia affettuosa, e serena, sono puntualmente confermati dalle ricerche internazionali sulla durata e qualità della vita. E' nella famiglia monogamica ed affiatata che si fa sesso coi risultati più appaganti, che si vive più a lungo, che ci si ammala di meno. I single non sposati al di sotto dei 34 anni, secondo la statistiche nazionali della Gran Bretagna, hanno un tasso di mortalità due volte e mezzo superiore a quello dei loro coetanei sposati. E tra i grandi anziani, vedovi e divorziati muoiono prima, ed in circostanze più amare, dei loro coetanei sposati.
Meglio amarsi dunque, e stare insieme.

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Tom Cruise sarà Hugh Hefner sul grande schermo?

(Televisionando) Potrebbe essere Tom Cruise ad interpretare Hugh Hefner in un film incentrato sulla vita del fondatore di Playboy (da cui il titolo della pellicola).
Pare infatti che l’attore 45enne sia nientemeno che il favorito di Hefner, interesse ricambiato visto che a Cruise - secondo fonte anonima - l’idea di interpretare un ruolo così controverso non dispiace affatto: “Tom sa, ha spiegato la fonte, del passato colorito di Hugh, e pensa di essere la persona perfetta per portarlo sullo schermo. Pensa anche che il ruolo sia un cambiamento dai soliti copioni, e che gli servirebbe per ricordare ai fan la sua versatilità da attore. Al momento le persone parlano di Tom solo per la sua vita privata (l’attore è membro di Scientology, associazione quanto mai controversa, ndr) e per il suo matrimonio con Katie (Holmes, ndr), ma Tom vuole ricordare loro che sa anche recitare”. Nessuna conferma da parte del portavoce della star, che si è rifiutato di commentare se l’attore abbia rifiutato o meno la parte: pare comunque che Brett Ratner, regista del film, abbia mandato una sceneggiatura a Cruise, che non avrebbe ancora preso una decisione. Prima di Cruise, anche Leonardo DiCaprio, star di Titanic, The Aviator and Catch Me If You Can, era stato al centro di rumors che lo volevano come interprete di Hefner: “Leo, aveva spiegato la solita fonte anonima, è sempre stato interessato alla storia della vita di Hugh. Di Caprio pensa che sarebbe fantastico fare un film sulla sua vita, e pensa che Hugh lo adorerebbe…sempre che il fondatore di Playboy sia vivo per vederlo”.

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Ndr. Eppure, malgrado tutto, Tom Cruise puzza ancora di gayezza e, malgrado le cause per diffamazione intentate dall'attore nel corso degli anni verso giornali e persone, le riviste di gossip ci riprovano. Ecco la nuova copertina del giornale "In touch weekly" che urla in copertina: "Gay Rumors. Finalmente tutta la verità". Staremo a vedere.

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A Roma la quarta edizione del Premio. Il teatro che unisce arabi, cristiani e ebrei.

Alla cerimonia finale del Grinzane Cavour Junior lo spettacolo di una compagnia di giovani della Galilea.

(Il Corriere della Sera) Venticinque ragazzi tra i 14 e i 25 anni, ebrei e arabi sullo stesso palco. Sul volto di ognuno la stessa maschera bianca che non permette distinzioni. Tutti uniti in una sorta di «laboratorio di teatro multiculturale», i ragazzi (la "Compagnia dell'Arcobaleno") danno vita a uno spettacolo di teatro-danza, Beresheet – In Principio. In scena va la tragedia dei momenti vissuti dai giovani che ogni giorno provano la sofferenza dell’interminabile guerra israelo-palestinese.

PREMIO GRINZANE CAVOUR JUNIOR - Il messaggio di speranza e di pace di Beresheet, che contiene in sé il valore della diversità come ricchezza, sarà lanciato anche nel corso della cerimonia finale del Premio Grinzane Cavour Junior (il 23 novembre all'Auditorium di Roma), giunto quest'anno alla sua quarta edizione. Si tratta di una delle più importanti manifestazioni nazionali dedicate alla letteratura per i più piccoli, promossa dalla stessa organizzazione del tradizionale Premio Grinzane Cavour e dedicata quest'anno proprio alle opere di narrativa per l'infanzia di autori italiani e stranieri tradotti in italiano che hanno come tema l'intercultura. Un assortito gruppo di bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni ha avuto il compito di scegliere il migliore tra i quattro titoli finalisti: Milly, Molly e Milos di Gill Pittar (Edt); C'era una volta il nonno di Emanuela Nava (Sinnos); Il Gatto del Rabbino di Joann Sfar (Rizzoli); Il viaggio di Mao-Mi di Lisa Bresner (Motta Junior).

BERESHEET- Il baby pubblico presente all'Auditorium sarà coinvolto in diversi momenti dai giovani della Compagnia dell'Arcobaleno. Sul palco due gruppi di attori con una maschera bianca sul volto, che, come parte di una composizione vivente, esprimono danzando il dolore della guerra, la solitudine di chi lotta per il dialogo e la volontà profonda di serenità. Uno di un gruppo tende la mano a quelli dell'altro gruppo fino alla rappresentazione di un «ponte» che conduce al «miracolo» del dialogo. Nello spettacolo vengono dette solo cinque frasi, che danno il senso profondo dello stato d'animo di chi vive in un Paese martoriato dalle guerre. «La libertà non esiste più», «Ormai non mi fa più effetto nulla…neanche la morte!», «Non c’e’ nessun posto sicuro!» , «Con quelli non ci si potra’ mai parlare!», «Mio Dio, deve esserci una soluzione! Deve esserci una speranza!».

LA PAROLA AI BAMBINI - Dopo lo spettacolo dei giovani attori della Galilea, all'Auditorium di RRoma verranno presentati i finalisti e sarà premiato il supervincitore del Premio. La parola passerà dunque ai ragazzi della Giuria Junior che avranno il compito di fare dieci “mini” domande. Perchè i «veri protagonisti» del premio e della cerimonia del 23 novembre all'Auditorium, saranno, come sottolinea Giuliano Soria, presidente del Premio Grinzane Cavour solo loro, i bambini.

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Donne e violenza: Sabato a Roma manifestazione nazionale.

Hanno aderito migliaia di cittadine e 400 realtà associative.

(Apcom) - Oltre 14 milioni di donne italiane sono state oggetto di violenza fisica, sessuale e psicologica nella loro vita. La maggior parte di queste violenze arrivano dal partner (come il 69,7% degli stupri) o dall'ambito familiare. Oltre il 94% non è mai stata denunciata. E' da questi dati, raccolti in un appello via internet (sul sito www.controviolenzadonne.org), che è partito, da un gruppo di donne di Roma nel mese di ottobre, un tam tam sulla rete che ha portato ad indire una manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne per sabato prossimo, 24 novembre.

All'appello hanno aderito migliaia di singole cittadine e circa 400 realtà associative femminili, femministe e lesbiche, Centri antiviolenza, Giuriste democratiche, donne dei movimenti, dei partiti e dei sindacati. Ci saranno le sottosegretarie al ministero per le pari opportunità, Donatella Linguiti e Chiara Acciarini. Ad annunciare la sua adesione anche il ministro per le pari opportunità, Barbara Pollastrini e il ministro della Salute Livia Turco, Rita Borsellino, il sottosegretario Rosa Rinaldi, la vicepresidente del parlamento europeo, Luisa Morgantini.

Molte le donne di Prc, Sd, Cgil, Udi, Arci, associazioni di donne afghane e marocchine, i Giovani socialisti, le Donne in nero, Amnesty International, l'Arcigay. Tra le artiste Franca Rame, Lella Costa, Fiorella Mannoia, Serena Dandini.

Il corteo sfilerà tra le strade del centro storico di Roma e partirà alle ore 14 da Piazza della Repubblica per lungo via Einaudi, piazza dei Cinquecento, via Cavour, largo Ricci, via dei Fori Imperiali, piazza Venezia, via delle Botteghe oscure, largo di Torre Argentina, corso Vittorio Emanuele e via della Cuccagna per arrivare in piazza Navona. Ad aprire il corteo, uno striscione: "la violenza degli uomini contro le donne comincia in famiglia e non ha confini".

L'aggressività maschile, si legge nel comunicato inviato dalle organizzatrici, è stata riconosciuta (dati Onu) come la prima causa di morte e di invalidità permanente per le donne in tutto il mondo. "La sicurezza delle donne non può quindi essere ricondotta ad un problema di ordine pubblico, né tantomeno legittimare provvedimenti di stampo repressivo o razzista. Senza un reale cambiamento culturale e politico che sconfigga una volta per tutte patriarcato e maschilismo - conclude l'appello - non può esserci salto di civiltà".

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London East City.

Negli anni Sessanta era Chelsea il regno della Swinging London. Oggi la metropoli trendy si è spostata nella zona dove artisti, fashion designer e musicisti si ritrovano in locali esclusivi. Le gru si muovono incessanti. E gli immigrati cercano fortuna. Aspettando le Olimpiadi del 2012 da Londra.

(Annalisa Piras - L'Espresso) cielo è bianco sporco. Pieno di acciaio, nuvole, e aerei che decollano senza sosta dal vicino City Airport. L'orizzonte verso est è coperto da gru. Verso ovest, domina lo Swiss Re, totem fallico del capitalismo globale. E di nuovo gru a perdita d'occhio. Giganti in marcia verso est, i mostri spuntano anche dietro di te, quando meno te li aspetti, in ogni angolo, insieme ai bulldozer che stanno sventrando quel che fu il centro dell'impero britannico: l'East End di Londra. "Il posto più lurido, bizzarro e straordinario dei tanti nascosti nel cuore della città", scrisse Charles Dickens. È domenica mattina e sta per piovere. Come quasi sempre. Ma questo non disturba minimamente i creativi con il post sbronza sul bordo della piscina di Shoreditch House. Sui lettini giganti di pelle bianca imbottita, a destra legge il giornale Tracy Emin.

A sinistra, se la ride Jay Joplin, il mercante d'arte che ha portato, e venduto, Tracy e la Brit Art al mondo. Il proprietario delle tre gallerie White Cube intrattiene un gruppetto di giovani artisti, arruffati e adoranti. Non c'è speranza che qualcuno lo spinga in piscina: l'East End 'c'est lui'. Le sue gallerie hanno attirato l'attenzione dei collezionisti internazionali, glamour e milioni di sterline in queste strade. Alexander McQueen, genio della moda British , in jeans e t-shirt bianca, fa il brunch nel ristorante, dominato al centro da un barbecue gigante. Si gode la vista a 180 gradi, una delle più belle della capitale, attraverso le pareti completamente trasparenti. Più tardi, parlottano al bar il nuovo astro della moda brit Gilles Deacon e Jefferson Hack, fondatore della rivista cult 'Dazed & Confused', nonché padre della figlia di Kate Moss. Nell'atmosfera irrealmente silenziosa e blasé, tutti mostrano reciproca, religiosa indifferenza. Ma ecco che passa Meg Matthews, ex moglie di Noel Gallagher degli Oasis. E un quasi impercettibile fremito di disapprovazione segue i suoi stivaloni da cow boy verso l'uscita. L'art director di 'Vogue' UK scuote la testa, una stilista di Marni concorda: non è posto da ex celebrity della pop music. Qui regna lo 'stealth style', lo stile furtivo, dove il glamour è minimalista, dettato non da cosa si indossa, ma da come lo si indossa, ovvero da chi si è. L'East End Glamour, tanto rarefatto da essere invisibile all'occhio non addestrato, è solo per iniziati. Vintage o no logo, anche quando il logo c'è. Vedi la giapponese Toga o il newyorchese Philip Lim. O la farfallina di Diane von Furstenberg dietro agli orecchini. È l'ultima difesa dai 'nouveaux riches' che assediano le isole del buon gusto, ma ne restano fuori: l'orda degli Abramovich, dei Mittal, dei Briatore.

Siamo tra i selezionatissimi eletti ammessi a Shoreditch House, esclusivissimo mega club privato. Svariati milioni di sterline per trasformare un'ex fabbrica di biscotti in tre piani di design 'uber-cool', ristoranti, bar, cocktail-lounge, biliardo, bowling, palestra, piscina. Il nuovo establishment londinese super snob porta la firma dell'estetica futurista e decadente di Tom Dixon. SH è l'ultimo nato dell'impero di Nick Jones che conta altri sei club, incluso Soho House di New York. È la frontiera "del nuovo coraggioso mondo che racchiude in sé tale bella umanità", direbbe Aldous Huxley. C'è chi la paragona alla New York di Ellis Island o di Andy Wharol. Un melting pot di energia creativa giunto al punto giusto di cottura. Di certo, sulla terrazza di Shoreditch House, accanto alla nuova aristocrazia creativa di NyLon, NewYork-Londra, guardando la sconfinata distesa di gru e cantieri verso est, si osserva il futuro prossimo venturo. Uscendo dal portone nero senza insegna (solo chi sa dove va può entrare a SH), si piomba nel mezzo della montagna di spazzatura appena prodotta dal mercato domenicale di Brick Lane, la Banglatown degli immigrati bengalesi. Un vecchio polacco fa la guardia a una collezione di quattro cacciaviti, arrugginiti quanto lui, in vendita sul marciapiedi.

I nuovi immigrati dall'Europa dell'Est sarebbero quasi un milione in Inghilterra, ma nessuno sa con precisione in quanti hanno passato la frontiera del nuovo Eldorado. Brulicano in una Londra parallela, violenta e sotterranea, alla quale David Cronenberg ha dedicato il suo ultimo, sanguinoso film: 'Eastern Promises'. In maggioranza sono i nuovi schiavi dei cantieri che stanno costruendo la nuova Londra. Accanto al vecchio polacco, dei somali litigano con dei bengalesi per delle Marlboro. Le tensioni tra vecchi e nuovi poveri crescono. Troppo veloci i nuovi arrivi. Ma le loro facce sono solo l'ultima incarnazione degli immigrati dell'East End. Sotto ai loro piedi, almeno quattro secoli di strati di disperazione, sopraffazione, sudore, povertà e ricchezza. Dagli ugonotti francesi agli ebrei dei pogrom russi, ai fuggiaschi della decolonizzazione del subcontinente indiano, camminando per le strade dell'East End si incontra dovunque la memoria di una diaspora senza fine. Shoreditch, viene da Sour Ditch, la fossa amara. La Porsche che sta attraversando ora la strada, ha girato l'angolo da Spitafields, la zona adiacente alla City, oggi piena di boutiques e ristoranti super chic, che è stata invasa dai nababbi del polmone finanziario del mondo, stockbroker e hedgefunder. I finanzieri sono ammaliati dal fascino dei creativi, ma da questi tenuti ad altezzosa distanza. Non ci arrivano al glamour rarefatto dell'East End, l'arte del perfetto look di chi è talmente 'cool' da sembrar uno che se ne frega del 'look'.

A SH, per esempio, i 'City Boys' non passano. Portano ancora la cravatta. Loro compensano mischiandosi alla folla dei giovani veramente 'arty' che sciama per i mercatini locali camuffata da Wharol. E comprano arte a vagoni. Le loro tasche piene di bonus moltiplicano piccole e grandi gallerie d'arte. Una 'trickle theory' che ha senz'altro funzionato. Solo i 'Fashion purist' riescono a entrare a Boombox, la festa in 'drag' di Hoxton. Un cult mondiale. Shoreditch High Street dai tempi delle prostitute di Jack lo squartatore è zona a luci rosse, famosa ancora oggi per i suoi strip pub. L'intera zona pulsa fino alle prime ore del mattino, nei nascondigli dei suoi innumerevoli 'speakeasy', locali illegali dove si perpetua un edonismo esasperato e alterato, erede della ricerca d'oblio delle case d'oppio e dei bordelli vittoriani. A Spitafields vi erano gli ospedali dei miserabili della Londra dickensiana. Spit-a-field significa i 'campi degli sputi'. Pochi altri posti al mondo grondano come l'East End tanta storia e mistero, energia e contrasti, una tale moltitudine di eroi radicali, artisti e criminali. Qui Stalin e Trotsky divisero un appartamento, vissero Ghandi e le suffragette, Marx scrisse il 'Manifesto del partito comunista', e qui nacque il Labour. Dickens, Conan Doyle, Wilde, Blake, Conrad trassero ispirazione da questo angolo di tenebra, dissenso e contrasti, per scrivere le loro storie. E un'altra storia, altrettanto avvincente, si sta forse scrivendo ora.

Sull'estuario del Tamigi, sul celtico Tamasa, il fiume scuro, sta vertiginosamente sorgendo una nuova città, la seconda Londra. È il Thames Gateway, uno dei progetti di rigenerazione e sviluppo più ambiziosi del mondo. L'impulso travolgente delle Olimpiadi del 2012, con la sua pioggia di miliardi, si è aggiunto alle ondate di energia antiche e nuove. Una corrente in piena, che risale il fiume a Oriente, percorre a ritroso la via delle navi che, salpando dal cuore di Londra, iniziarono la globalizzazione, creando il primo vero impero commerciale mondiale. Tornano ora indiani, cinesi, vietnamiti, coreani. Rinascono i docks, smantellati insieme alle fabbriche, nella de-industrializzazione violenta del thatcherismo. In quelle lande desolate sta sorgendo la visione di un nuovo crocevia mondiale. C'è chi dice che nella pancia di Londra si agita un serpente indomabile, in continuo movimento.

È quello che negli anni 60 portò la Swinging London a Chelsea, dove gli affitti bassi attirarono la gioventù artista e bohemienne, i Beatles e i Rolling Stones che avrebbero rivoluzionato la musica mondiale. Oggi a Chelsea, il quartiere più caro del pianeta, ci sono rimasti solo i russi e i banchieri italiani. Il serpente si è mosso a est all'inizio degli anni '90, trascinando giovani artisti, musicisti, poeti, fashion designer, pubblicitari, filmaker. Attirati dal basso costo dei grandi spazi derelitti delle strutture industriali, reliquie della potenza svanita dell'impero. Ma anche dalla sua anima torturata.

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Continuano i video "Dieux du Stade".

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Comunicato della redazione.

L'articolo di Giorgio Masera, coordinatore di Notiziegay relativo all'intervista rilasciata da Alberto Ruggin a Gay.it, non ci trova concordi. Pertanto la redazione, tutta, pur ritenendo inusuale una così frettolosa nomina a Presidente di Ruggin da parte di GayLib, fermo restando il diritto di cronaca, trova altresì inusuale entrare nell'ambito della democrazia interna dell'associazione GayLib e censurarla da parte di un estraneo quale risulta essere il signor Masera, non essendo egli membro di tale associazione. Questa redazione in segno di protesta, ha pertanto deciso di astenersi dalla pubblicazione di post per domani pomeriggio sino alle 20 in segno di protesta.


Notiziegay
La Redazione.

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GayLib: Confermato, Ruggin è coordinatore di GayLib veneto. L'intervista di Nardini Gay.it.

"Ieri all'unanimità sono stato votato presidente regionale per il Veneto di GayLib".

Povero ragazzo, dove sei andato a finire, vedrai il tuo entusiasmo che fine farà.
Parole che lasciano di stucco quelle di Alberto.
Siamo curiosi di conoscere l'unanimità di GayLib, sono forse Enrico Oliari e consorte, già coordinatore di GayLib Trentino... e l'altra mappata di coordinatori fantasmi?
Evviva la democrazia o meglio, evviva il caro "centralismo democratico" di bolscevica e fascista memoria...

Chissà se si avranno risposte dai fantasmatici gaylibbini del come mai tutta questa fretta ad eleggere Ruggin coordinatore. Probabilmente chi legge capisce le ragioni di chi ha poca o nulla visibilità ma uno sciaccallaggio politico di questo genere è francamente nauseante.
Si farà vivo il Padre-padone di GayLib e ripeterà il solito ritornello di essere vittime di un complotto o di un "linciaggio politico"... o avrà argomenti nuovi?

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Jonathan si ubriaca per dimenticare la morte della madre.



Ieri vi abbiamo dato la notizia relativa al problema di alcolismo che affligge Jonathan Rhys-Meyers e dello scandalo derivante dal suo arresto avvenuto all'aeroporto di Dublino.
C'è un perchè. Jonathan proprio quel giorno ha perso la madre, morta all'età di 55 anni. E' probabile che questo lo abbia sconvolto a tal punto da indurlo a bere dosi massicce di liquori ubriacandolo completamente rendendolo del tutto irriconoscibile(come vedete dalle foto).
In questo periodo, il bell'attore irlandese è impegnato sul set della fiction "Tudor". Non possiamo che augurargli di riprendersi velocemente. Noi, il suo pubblico non possiamo che essergli vicino.

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Johnny Depp canta. ed è sexyssimo!

"Epiphany" è il titolo della canzone. ascoltatelo, ha una voce che fa sciogliere...

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Vallo della Lucania. Violenze nell’asilo, il vescovo come Pilato.

Lettera di una mamma di Vallo della Lucania inviata al quotidiano Il Mattino.
(Antonio Manzo - Il mattino di Napoli) «Sono la mamma di una bimba di cinque anni che porta sulla sua carne i segni della violenza subìta…». È la drammatica lettera di una mamma di Vallo della Lucania, Rita Pellegrino che ieri pomeriggio arriva nella nostra redazione.

La figlioletta di cinque anni sarebbe stata violentata da suor Soledad, la suora peruviana agli arresti con la terribile accusa di aver violentato ventisette bambini tra le mura dell’asilo Paolo VI di Vallo della Lucania.

L’accusa è terribile: la Chiesa locale è in silenzio. Nessuna parola di conforto, anzi perfino accuse di «isterismi familiari» nell’incredibile storia di ventisette bambini vittime degli abusi sessuali che avrebbe compiuto una suora peruviana. Bambini vittime - ventisette - che insieme alle loro famiglie, finora in un dignitoso silenzio, finiscono per diventare fantasmi che agitano la quiete troppo sospetta di una cittadina del Sud. Papa Ratzinger a Roma condanna i religiosi pedofili, a Vallo nessuno ne vuole più parlare.

Nessuna forma di vicinanza e solidarietà ai bambini coinvolti e alle loro famiglie, atteggiamenti «pilateschi» addebitati ad un vescovo capace solo di «poche e scarne dichiarazioni ufficiali» e «silenzi assordanti». Ora basta, il dramma delle famiglie vittime delle storie di abusi sessuali compiuti da una suora peruviana - secondo l’accusa del procuratore della Repubblica di Vallo della Lucania che ha retto fino in Cassazione - esplode in pubblico. È la lettera, drammatica, della mamma di una bambina vittima.

È l’appello a Benedetto XVI che non ha avuto timore a denunciare la gravità degli atti compiuti da uomini di Chiesa, siano essi sacerdoti o suore, con abusi sessuali in danno di minori. Ha parlato ai vescovi irlandesi ma è come se quelle parole fossero state pronunciate anche per la drammatica vicenda di Vallo della Lucania: un asilo, una suora, un’accusa di violenza sessuale in danno di ventisette bambini, le accuse di favoreggiamento per le conseorelle della suora arrestata. Sembra che avessero progettato di farla partire per il Perù pochi giorni prima che arrivassero le manette. Prima di decidere di spedire la lettera al nostrogiornale, Rita Pellegrino, ci ha pensato bene ed ha riflettuto. Perchè quando ieri ha spedito la lettera via fax, erano passati già quindici giorni in attesa di una prima risposta da parte del vescovo di Vallo, monsignor Rocco Favale, e poi da papa Benedetto XVI protagonista di una dura denuncia sui responsabili di abusi sessuali sui minori, specie se commessi da uomini di Chiesa, preti o suore.

Rita Pellegrino è la mamma di una delle bambine vittima delle violenze sessuali della suora peruviana nell’asilo di Vallo della Lucania, tuttora agli arresti domiciliari a Roma nella casa generalizia dell’ordine delle suore delle ancelle di santa Teresa del Bambin Gesù. Suor Soledad, venticinque anni, è accusata di aver compiuto abusi sessuali in danno di ventisette bambini della scuola materna Paolo VI di Vallo della Lucania. Su di lei pesa come un macigno l’accusa della procura della Repubblica di Vallo della Lucania intenzionata ad ampliare il giro delle indagini fino agli ultimi accertamenti compiuti dal Ris dei carabinieri per un presunto giro di pedofilia collegato proprio alla suora peruviana.

L’accusa per la suora ha sostenuto già il vaglio del tribunale del Riesame e successivamente della Cassazione. «Questa donna va fermata» scrisse sintenticamente, ma efficacemente, il procuratore dlela Repubblica Alfredo Greco nella seconda richiesta di custodia cautelare. E, probabilmente, poche ore prima che la suora fuggisse in Perù e facesse perdere le sue tracce. Un mese fa l’incidente probatorio, con i bambini interrogati nell’aula del tribunale trasformata in sala giochi per «cristallizzare» le prove dell’accusa. Poi, nel pieno della seconda tranche dell’inchiesta con i sette indagati per il presunto giro di pedofilia, la delibera del consiglio comunale di Vallo: non denigrate il nostro paese.

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Antartide: Francesco Galanzino e la sfida dell’ultimo deserto.


(Panorama) Il campionato dei quattro deserti è alla sua ultima tappa. Dopo il Gobi in Cina, l’Atacama in Cile e il Sahara in Egitto, quindici duri e puri della corsa stanno per affrontare la penisola antartica.

Partiranno da Ushuaia, in Argentina, su una nave rompighiaccio che attraverserà lo stretto di Drake e li lascerà in Antartide. I numeri della competizione fanno rabbrividire, in senso molto poco metaforico. La gara sarà una maratona di 250 km in cinque giorni nel deserto più freddo della terra, con temperature tra i -10 e i -30, con un vento gelido a 40 km orari che farà percepire ancora più freddo.
L’atleta Francesco Galanzino è l’unico italiano a correre questa sfida, ed è anche molto ben piazzato: era arrivato secondo in Cina e in Egitto e terzo in Cile. Ma questa non è la sua prima gara al gelo. Ha già affrontato il Polo Nord, sempre quest’anno, e a chi gli chiede come affronta questa nuova sfida, risponde che non vede l’ora di sentire di nuovo il ghiaccio scricchiolare sotto i piedi: un’esperienza pazzesca. Speriamo solo che con gli occhiali vada meglio, perché l’altra volta gli si erano ghiacciate le ciglia ed era un’impresa già solo aprire e chiudere gli occhi.
Non è che faccia il corridore, di mestiere, Galanzino. Fa l’imprenditore e si occupa di impiantistica ambientale. E proprio perché ama così tanto la terra da volerla percorrere tutta, nella sua sfida lancia anche un messaggio. Se salvare il clima sta diventando una vera corsa contro il tempo, Galanzino vuole fare anche questa, e correrà portando alto lo stendardo di Greenpeace di cui è testimonial. Non solo: poiché con la partecipazione alla gara (principalmente con gli spostamenti aerei) Francesco causerà un’impronta ambientale, ovvero produrrà circa 6300 tonnellate di CO2, investirà in un progetto di efficienza energetica che preverrà il rilascio di altrettante quantità di anidride carbonica (nello specifico, l’avvio, in Africa dell’Est, della conversione delle lampade a kerosene in luci alimentate a energia solare). E poi userà soltanto cucchiai, forchette, sacchetti di plastica biodegradabili, e riporterà in Italia ogni suo rifiuto per riciclarlo.
Francesco Galanzino terrà un diario di bordo della sua avventura per Panorama.it.
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La domanda di Queerblog: Tredicenni italiani tra sesso, droga e alcol. E i gay?

(Queerblog) L’Italia si sciocca per i risultati della ricerca condotta dalla Società italiana di pediatria (Sip), secondo i quali i ragazzini e le ragazzine tra i 12 e i 14 anni sarebbero più che disinvolti in materia di sesso, droghe, farmaci e alcol. Insomma, le protagoniste del film “Thirteen” sono volate da Los Angeles al Belpaese, spargendo le loro spore insidiose tra i nostri giovani innocenti.

Tralasciando i commenti al presunto shock collettivo, creato più che altro dai giornali (e i genitori di questi tredicenni dove stavano finora? Non si sono mai accorti di niente?), mi viene in mente una domanda: e i gay tra i 12 e i 14 anni? Sono altrettanto cambiati rispetto a un decennio fa?

Non conosco nessuno di quell’età, né ho nipoti e parenti che possano aiutarmi a rispondere. Non credo nemmeno che ci siano lettori di Queer appartenenti a quella fascia. Ma magari qualcuno di voi conosce più da vicino quel mondo. Come si comportano e come sono visti i gay alle scuole medie?

So che i ventenni sono molto più spregiudicati e smaliziati di quanto lo fossero gli attuali trentenni – categoria di cui faccio parte – alla loro età, con effetti talvolta disastrosi (ora a 18 anni sembrano già veline supernavigate). Seguendo il naturale (seppur lento) svecchiamento progressivo della società e l’abbattimento di certi tabù, in teoria i tredicenni gay e le tredicenni lesbiche adesso dovrebbero essere più svegli e avere meno problemi a dichiararsi.

Ma a quell’età è tutto doppiamente difficile e non è detto che la coscienza del proprio orientamento sessuale sia già definita. Per la mia generazione tale coscienza era quasi impossibile, però magari ora è diverso, essendo tutto il processo di crescita più veloce, a quanto dice la Sip.

E col bullismo come la mettiamo? Se esiste ancora, significa che questi ragazzini non saranno poi così aperti mentalmente come la loro condotta “trasgressiva” farebbe pensare. Avranno pure internet e la tv satellitare, faranno pure sesso a destra e a manca, si faranno pure le canne, ma sembrerebbe che il frocio sia ancora il mostro diverso da prendere in giro. Qualcuno di voi sa darmi informazioni più precise?

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Evitare il popper per ridurre l'Aids.

(Village blog) Molti di voi sapranno già che cos'è il popper, ma forse è utile chiarirlo a qualcuno.


Con il nome familiare di popper è definito il nitrito di amile, una sostanza - legale in Italia - che dagli anni Sessanta viene usata come una droga (a fini edonistici, cioè) in relazione ai rapporti sessuali, soprattutto fra maschi gay. La sua proprietà di vasodilatatore, infatti, favorisce il rilassamento della muscolatura, utile per alcuni rapporti, e provoca euforia, anche se l'effetto (che si ottiene inalando il liquido) è di brevissima durata.

Ora, sembra che l'uso del popper favorisca la diffusione del contagio da Hiv, il virus responsabile dell'Aids. Secondo un gruppo di ricercatori britannici - che hanno pubblicato un lavoro sulla rivista scientifica Sexually Transmitted Infections - limitare l'uso del popper dovrebbe essere uno degli obiettivi delle campagne contro l'Aids. Infatti gli uomini gay che ricorrono al popper durante il sesso hanno una probabilità più alta di contrarre il virus Hiv.

Questo, secondo i ricercatori, dipende da due motivi: da un lato il popper abbassa la soglia di attenzione e spinge ad avere rapporti più rudi, dall'altra sembra che agisca anche a livello biologico, aumentando la facilità di contagio.

Ma non basta: dalla ricerca è emerso un altro dato, abbastanza nuovo. Non solo avere un rapporto sessuale passivo senza protezione (profilattico) e con eiaculazione comporta un alto rischio di contagio, ma anche il rapporto insertivo (da attivi, in pratica) senza protezione è correlato a un considerevole rischio di contagio. Nel dubbio, meglio proteggersi sempre.

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Violenza sulle donne.

(La Repubblica) I loro nomi, le loro storie restano come memorie, la prova di una verità odiosa, crudele: Hina accoltellata a Brescia dal padre, Vjosa uccisa dal marito a Reggio Emilia, Paola violentata a Torre del Lago, Sara colpita a morte da un amico a Torino… L’ultima è stata resa nota ieri: una ventenne originaria del Ghana, costretta ad un rapporto sessuale in pieno centro a Pordenone.
In Italia, negli ultimi dodici mesi, un milione di donne ha subito violenza, fisica o sessuale. Solo nei primi sei mesi del 2007 ne sono state uccise 62, 141 sono state oggetto di tentato omicidio, 1805 sono state abusate, 10.383 sono state vittime di pugni, botte, bruciature, ossa rotte. Leggevamo che le donne subiscono violenza nei luoghi di guerra, nei paesi dove c’è odio razziale, dove c’è povertà, ignoranza, non da noi.
Eccola la realtà: in Italia più di 6 milioni e mezzo di donne ha subito una volta nella vita una forma di violenza fisica o sessuale, ci dicono i dati Istat e del Viminale che riportano un altro dato avvilente.
Le vittime - soprattutto tra i 25 e i 40 anni - sono in numero maggiore donne laureate e diplomate, dirigenti e imprenditrici, donne che hanno pagato con un sopruso la loro emancipazione culturale, economica, la loro autonomia e libertà. Da noi la violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente delle donne tra i 14 e i 50 anni. Più del cancro. Più degli incidenti stradali. Una piaga sociale, come le morti sul lavoro e la mafia. Ogni giorno, da Bolzano a Catania, sette donne sono prese a botte, oppure sono oggetto di ingiurie o subiscono abusi. Il 22 per cento in più rispetto all’anno scorso, secondo l’allarme lanciato lo scorso giugno dal ministro per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, firmataria di un disegno di legge, il primo in Italia specificatamente su questo reato ora all’esame in commissione Giustizia.
“È un femminicidio”, accusano i movimenti femminili, “violenza maschile contro le donne”: così sarà anche scritto nello striscione d’apertura del corteo a Roma di sabato 24, vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne istituita dall’Onu, una manifestazione nazionale che ha trovato l’adesione di centinaia di associazioni impegnate da anni a denunciare una realtà spietata che getta un’ombra inquietante sul tessuto delle relazioni uomo-donna.
Sì, perché il pericolo per le donne è la strada, la notte, ma lo è molto di più, la normalità. Se nel consolante immaginario collettivo la violenza è quella del bruto appostato nella strada buia, le statistiche ci rimandano a una verità molto più brutale: che la violenza sta in casa, nella coppia, nella famiglia, solida o dissestata, borghese o povera, “si confonde con gli affetti, si annida là dove il potere maschile è sempre stato considerato naturale”, come spiega Lea Melandri, saggista e femminista.
L’indagine Istat del 2006, denuncia che il 62 per cento delle donne è maltrattata dal partner o da persona conosciuta, che diventa il 68,3 per cento nei casi di violenza sessuale, e il 69,7 per cento per lo stupro. “Da anni ripetiamo che è la famiglia il luogo più pericoloso per le donne. È lì che subiscono violenza di ogni tipo fino a perdere la vita“, denuncia “Nondasola”, la Casa delle donne di Reggio Emilia a cui si era rivolta Vjosa uccisa dal marito da cui aveva deciso di separarsi. “Da noi partner e persone conosciute sono i colpevoli nel 90 per cento delle violenze che vediamo. E purtroppo c’è un aumento”, dice Marisa Guarnieri presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano. “All’interno delle mura domestiche la violenza ha spesso le forme di autentici annientamenti - spiega Marina Pasqua, avvocato, impegnata nel centro antiviolenza di Cosenza, una media di 800 telefonate di denuncia l’anno - Si comincia isolando la donna dal contesto amicale, poi proibendo l’uso del telefono, poi si passa alle minacce e così via in una escalation che non ha fine”. […]
Sanzionare penalmente lo stalking, significa, tanto per cominciare, riconoscerlo. “Molte donne vengono qui da noi malmenate o peggio e parlano di disavventura. Ragazze che dicono “me la sono cercata”, donne sposate che si scusano: “lui è sempre stato nervoso”…”, racconta Daniela Fantini, ginecologa del Soccorso Violenza Sessuale di Milano, nato undici anni fa per iniziativa di Alessandra Kusterman all’interno della clinica Mangiagalli di Milano. È in posti come questo, dove mediamente arrivano cinque casi a settimana, che diventa evidente un altro dato angoscioso: come intrappolate nel loro dolore, il 96% delle donne non denuncia la violenza subita, forse per paura. Forse perché non si denuncia chi si ha amato, forse perché non si hanno le parole per dirlo.

La manifestazione di sabato a Roma vuole spezzare proprio questo silenzio. “Una occasione per prendere parola nello spazio pubblico”, come dice Monica Pepe del comitato “controviolenzadonne” che vorrebbe un corteo di sole donne. E Lea Melandri: “Manifestiamo per dire che la violenza non è un problema di pubblica sicurezza, né un crimine di altre culture da reprimere con rimpatri forzati, e che per vincerla va fatta un’azione a largo raggio”. Va fatta una legge, concordano tutti. “Speriamo di arrivarci in tempi brevi - promette Alfonsina Rinaldi del ministero per le Pari Opportunità - Oggi abbiamo finalmente le risorse per lanciare l’osservatorio sulla violenza e in Finanziaria ci sono 20 milioni di euro per redarre il piano antiviolenza”. […]
Chiediamo un provvedimento che dia risorse ai centri antiviolenza e sistemi di controllo della pubblicità e dei media, cattivi maestri nel perpetuare stereotipi che impongono sulle donne il modello “fedele e sexy”. E chiediamo agli uomini di starci accanto, di fare battaglia con noi”.
Qualcuno si è già mosso. Gli uomini dell’associazione “Maschileplurale”, per esempio, che aderiscono alla manifestazione romana. “Sì, gli uomini devono farsene carico. La violenza è un problema loro, non delle donne - dice Clara Jourdan, della “Libreria delle Donne” di Milano, storico luogo del femminismo italiano - Sarebbe ora che cominciassero a interrogarsi sulla sessualità e sul perché dei loro comportamenti violenti. E riconoscere l’altro, il maschile, potrebbe essere utile anche alle donne”. Nel caso, a fuggire per tempo.

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Il chierichetto gay suscita sospetti. Il gay in tv, ci è o ci fa?

(Telebestiario di Francesco Specchia - TGCom) In qualunque altra parte del mondo del mondo la storia di Alberto Ruggin sarebbe una pernacchia nello spazio. O, al massimo, la trama sfilacciata di una sitcom anni 80. Di quelle che si giravano nei tinelli Ikea, attori a cottimo, risate preregistrate, sceneggiatori disperati dalla condanna di portare sempre più in l’asticella della trasgressione. In Italia, invece, con la storia di Alberto Reggin ci frullano una polemica ad uso giornalistico e a sfondo sociale che precede –curiosamente- la messa in onda di un programma che da anni non desta più il nostro entusiasmo.

La storia di Alberto Ruggin affonda nella miseria delle piccole cose. Alberto Ruggin è un ventenne di Este, provincia di Padova, dallo sguardo neutro, né bello né brutto, né simpatico né antipatico, con un passato da chierichetto e da catechista, il tutto ammantato da una strepitosa mediocritas. Finché, almeno, Il Mattino di Padova non ne rivela l’omosessualità anticipando la puntata di Ciao Darwin, “Omosessuali contro eterosessuali”a cui, come un novello Rimbaud in terra d’Africa, Alberto Ruggin partecipa. Il giorno dopo, il parroco di Alberto Ruggin, appresa la notizia e preso da furore biblico, s’incazza; e allontana il pederasta dal coro della Chiesa nel quale era allocato da sette anni, e lo invita a non presentarsi “mai più”.

Alberto Ruggin , che è tra i fondatori dei Circoli della Libertà locali, s’abbacchia un po’, ma i giornali montano il caso, la polemichetta infuria e “Ciao Darwin” –di conseguenza- si abbevera agli ascolti (24,94% di share). Ora, sarebbe troppo facile inveire contro il prelato e accusarlo di omofobia, e far notare che –dati i sempre più frequenti casi di omosessualità e pederastia denunciati nella Chiesa cattolica- , bè, insomma, più elegante sarebbe stroncare le proprie sfuriate sul nascere. E sarebbe ancor più facile –o mio dio sarebbe davvero ignobile- sospettare che tutto questo can can sia stato artatamente congegnato da lumeggianti uffici stampa allo scopo di risollevare gli ascolti. Sarebbe facilissimo sospettare tutto ciò.

Troppo. Invece, proviamo a cambiare l’ottica. Alberto Reggin o ci è o ci fa. C’era bisogno, dopo anni di sofferto (supponioniamo) understatement, di rendere partecipi gli italiani della propria intimità in un programma che ha inevitabilmente strologato nel trash? Frega davvero a qualcuno l’outing di un ex chierichetto padovano, in un mondo –quello della tv- dove ormai chiunque dichiara d’essere qualsiasi cosa? E’ davvero di pregnante interesse, tra Gay Pride, Dico, Pacs eccc.. che Alberto Ruggin da Este informi due milioni di spettatori dei suoi gusti sessuali? Da Cecchi Paone a Vladimir Luxuria, da Platinette a Malgioglio alle ex letterine, dal primo dei politici all’ultimo degli addetti alle luci, i cosiddetti “outing” sono talmente all’ordine del giorno che perfino amici come Daniele Scalise e Alessandro Golinelli, gay dichiarati e dalla lucidità di pensiero fuori dal comune, ne condannano l’abuso. L’orgoglio gay ostentato è ormai è di moda come i pantaloni a zampa d’elefante.

L’abbiamo già scritto e lo ripetiamo. La froceria da carri carnevaleschi, le paillettes e le pose da Drag Queen distruggono in un minuto cinquant’anni di lotta alla discriminazione sessuale, così come il machismo idiota e estremizzato di certa destra ha reso grandi icone del cinema come John Wayne, involontarie icone paranaziste. Perchè, tanto per essere politically uncorrect, un cretino rimane un cretino al di là delle differenza di razza, religione abitudini politiche e sessuali. Ciò detto stupisce che “Ciao Darwin” ( e l’autore principe Stefano Magnaghi, che pure alla direzione di Italiano fece buone cose) costruisca un programma esasperando un dualismo inesistente. L’interpretazione goliardica della tv funziona una volta, due. Già la terza ti fa venire l’orchite. Ma lo diciamo sottovoce. Perché temiamo che all’amico Magnaghi venga in mente di confezionare una puntata tra quelli che hanno le palle girate guardando Ciao Darwin contro quelli che non ce li hanno. E, magia della tv, in quel momento l’incauto Alberto Ruggin sarà già passato di moda…

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Selvaggia Lucarelli e le "Misure Extralarge": Andiamo bene.

(Selvaggia Lucarelli) Va bene, lo ammetto.

Sono due ore che medito sul possibile incipit di questo pezzo e, più precisamente, su quale scusa credibile adottare per sostenere che sono capitata assolutamente per caso sul sito della Durex.
Il problema è che nulla mi convince in maniera definitiva dunque, per confondere le acque, lascio a voi decidere quale di questa potrebbe essere la ragione più plausibile:

a) sto scrivendo una tesi di laurea sul lattice e sul suo utilizzo nel settore dei profilattici e in altri campi specifici quali la creazione delle maschere facciali di Renato Balestra, Claudio Baglioni e Michael Douglas.
b) volevo rivedere con calma lo spot dell'olio "massaggiante" durex con la tizia sdraiata di schiena, il tizio sopra di lei e rumori ritmici di molle per comprendere meglio se il tutto è a) una sottile metafora del nostro mondo funestato da guerre e sconvolgimeti climatici col messaggio che alla fine nonostante il nostro pianeta scricchioli, filerà tutto liscio come l'olio della durex. b) una sottile metafora delle conseguenze del rincaro del petrolio col messaggio che tra un po' l'unico olio lubrificante auto che potremo permetterci è quello della durex c) una sottile metafora della posizione detta anche della pecora che bruca.
c) dopo il lancio dell'anello vibrante e lo spot dell'olio volevo capire cosa cavolo sta succedendo alla Durex, ovvero se è morto il vecchio direttore creativo Rosy Bindi ed è subentrato Cosimo Mele.

Comunque, la visita sul sito ha riservato delle sorprese.

Quella più sconvolgente, per quel che mi riguarda, è l'esistenza del profilattico Italian supporter, ovvero, come da descrizione sul sito, "il profilattico creato da Durex per farti sentire un vero tifoso in ogni situazione. Il profilattico azzurro, simpatico e divertente per creare coinvolgimento e feeling nei momenti più caldi della partita".
Fatemi il piacere. Se nel momento topico lui estrae dal comodino una roba del genere, fatelo sentire davvero alla stadio: assestategli un bel calcio sulla palla e scappate a gambe levate esultando come un ultrà.

Ma le sorprese non sono finite qua.
C'è anche pleasuremax che "offre il massimo del piacere nel rapporto grazie ad una combinazione di rilievi e nervature, posizionati per stimolare al meglio entrambi i partner".
In pratica, se desiderate provare la sensazione di essere possedute da una trivella petrolifera, ora sapete come fare.

C'è il preservativo AVANTI ULTIMA (e già se fossi un uomo infilarmi una roba con 'sto nome mi darebbe l'idea di schiattare infartuato dopo due colpetti), che è "il profilattico in poliisoprene sintetico, un nuovo materiale rivoluzionario ideale per le persone allergiche al lattice di gomma naturale".
Ora. Io penso che trombarsi Goldrake possa pure essere un'esperienza interessante, ma se è vero che con lo sfregamento da lattice ti può venire una dermatite, col polisoprene sintetico come minimo almeno per un paio di giorni dopo il rapporto facendo roteare il capezzolo destro ti sintonizzi su radio vaticana.

Poi c'è il comfort extra large, e cioè " il profilattico di dimensioni maggiori rispetto ai profilattici normali, per una piacevole sensazione di comodità durante il rapporto" che, tocca dirlo, per le donne è una grande vittoria: se è vero che noi ci ostiniamo a chiedere una 42 pure quando siamo una 48, ora sappiamo che ci sarà un'orda di uomini che varcheranno la soglia di farmacie e supermercati per acquistare il comfort extra large convinti di essere un 20 anche se arrivano a fatica a 10.

E infine, fiato alle trombe, c'è il Performa, ovvero il profilattico che prolunga il rapporto, perché contiene al suo interno un leggero anestetico locale che ritarda l'eiaculazione. Con forma easy-on, più facile da indossare e più confortevole durante il rapporto. Ogni profilattico contiene crema ritardante al 5% di benzocaina.".

Allora signor Durex, parliamone. Lei deve comprendere due faccende essenziali che riguardano noi donne: la prima è che se proprio devo trombarmi uno che si fa di benzocaina o qualsiasi altra sostanza stupefacente salgo sul primo 747 della British e mi piazzo in perizoma davanti al cancello di casa di Robbie Williams, mica vado col primo pirla che capita.
Secondo: già in quei momenti è dura trovare uno che capisca cosa deve fare e e lei me lo stordisce pure con l'anestetico? Lei è un pazzo perfino pericoloso, se lo lasci dire.

E per finire, passiamo alla linea di vibratori Durex che, notate bene, sul sito sono stati battezzati "massaggiatori personali". Onestamente io adoro pure gli eufemismi, il problema è che da adesso in avanti tutte le volte che sentirò dire alla Marini che lei non fa un passo senza il suo massaggiatore personale non potrò fare a meno di esclamare "Buon divertimento!" a voce alta.
La premessa è che "i massaggiatori personali Durex Play sono stati realizzati in collaborazione con l'agenzia di design Seymour Powell e con un pool di esperti sessuologi, sulla base della conformazione fisica femminile."

Care amiche, in pratica i sessuologi e i grafici migliori del pianeta nonche i più fini conoscitori del corpo femminile, si sono convinti che a) noi si compri un aggeggio del genere quando si può usare comodamente il cordless di casa b) 'sto coso osceno sarà utile al nostro piacere e non a nostro figlio piccolo come minicatamarano per playmobil c) che la nostra vagina sia un karaoke.

Andiamo bene.

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Il fisico più bello del calcio italiano. Zambrotta, è addio al Barcellona. Accordo con il Milan.

Il difensore della Nazionale italiana è vicino all'accordo con il Milan.

(Alberto Catalano - Controcampo) La notizia era nell'aria da ormai parecchio tempo e per l'ufficialità è solo questione di tempo: Gianluca Zambrotta è pronto a tornare in Italia e la sua destinazione è il Milan. In Spagna si è ambientato bene, ma la sua posizione al Barcellona non è più solida come all'inizio della sua avventura post-juventina e il divorzio pare ormai inevitabile.
"Zambrotta ha deciso di tornare in Italia a fine stagione": così titola oggi l'edizione online di 'El Mundo Deportivo', che per il terzino della Nazionale italiana spende anche qualche parola non proprio celebrativa: "Arrivato la scorsa stagione in blaugrana per 14 milioni di euro - una cifra molto alta per un difensore - Zambrotta ha avuto qualche difficoltà ad adattarsi allo stile di gioco del Barcellona, poco propenso alla difesa. Questo ha rotto gli schemi di 'Zambro', un difensore italiano abituato a giocare molto più indietro nella Juve e che riceveva sempre la copertura quando saliva".

Quale miglior rimedio che un ritorno in Italia, quindi? L'obiettivo di tornare nel campionato italiano, d'altronde, Zambrotta non lo ha mai negato. Lui e la moglie Valentina non sono più felici a Barcellona e per questo motivo il campione del mondo è intenzionato a fare pressioni sul suo club perché dedida di accettare la proposta del Milan. La società rossonera lo insegue da due anni e lo accoglierebbe a braccia aperte. Con Cafù e Serginho sempre più in là con l'età, Ancelotti si ritrova con i soli Oddo e Jankulovski sugli esterni e Zambrotta, considerata la sua duttilità tattica, sarebbe il rinforzo ideale.
Il Barcellona non porrebbe grandi resistenze visto che, come anticipato nei giorni scorsi, ha già individuato il sostituto del terzino italiano. E' Philipp Lahm, difensore del Bayern Monaco e della Nazionale tedesca, di 6 anni più giovane rispetto a Zambrotta. Nelle ultime ore, poi, si fanno sempre più insistenti le voci che vorrebbero in azulgrana l'esterno del Siviglia Daniel Alves, sul quale, però, è forte la concorrenza del Real Madrid.
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Sesso in carcere: Preservativi per i detenuti, le autorità americane dicono "no".

Ostacolate le proposte di distribuzione gratuita, cresce la diffusione delle malattie a trasmissione sessuale.

(Maurizio Molinari - La Stampa) Negato, condannato, deriso: il sesso dietro le sbarre continua ad essere una realtà scomoda. E ignorata dalle autorità carcerarie stesse, che lo proibiscono e fanno finta di non vedere.

Risultato: solo uno stato americano, il Vermont, e cinque grandi città - Los Angeles, San Francisco, New York, Philadelphia e Washington - distribuiscono regolarmente preservativi ai detenuti. A farne le spese sono la maggior parte degli oltre due milioni di ospiti delle prigioni americane, dove il sesso fra uomini è comune e, se non protetto, facile veicolo di malattie a trasmissione sessuale.
“Capisco che per molti sia un argomento sgradevole e imbarazzante, ma non possiamo permetterci di ignorarlo”, ricorda Barbara Lee, deputato repubblicano della California: mettere la testa sotto la sabbia rappresenta un approccio rischioso per la salute pubblica, visto che il 90% dei detenuti americani torna in libertà, portando con sé anche le affezioni, più o meno gravi, contratte in carcere.

Lee è promotrice di una misura, presentata al Congresso, che propone di distribuire i profilattici in tutti i penitenziari. Ma l’iniziativa, come molte altre del genere, si è scontrata con l’opposizione di chi ritiene che ammettere i condom in cella sia un implicito invito al sesso, formalmente proibito in quanto espressione di quella libertà che, per definizione, deve essere negata ai detenuti: proprio a questo principio ha fatto appello Arnold Schwarzenegger, governatore della California, per mettere il veto ad una proposta di liberalizzazione dei preservativi. Altri temono che i detenuti utilizzino i profilattici per nascondere droga o per mascherare il proprio Dna nei casi di violenza sessuale verso un compagno.

Nel panorama disegnato dall’analisi dell’Associated Press manca il punto di vista dei diretti interessati, ma Ron Snyder, che ha speso diciannove anni in carcere per malversazione e proprio durante la detenzione ha contratto l’Hiv, conferma la situazione e il successo che misure di prevenzione incontrerebbero fra i detenuti: i rapporti sessuali in carcere sono diffusissimi, a dispetto delle regole, ribadisce Snyder, e se non sono disponibili preservativi, i detenuti cercano soluzioni “artigianali”.

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Vergine all'altare? Tutta una montatura. Sesso a 14 anni per Britney Spears.

(TGCom) Illibata fino al matrimonio, così si è sempre dichiarata la 26enne Britney Spears. Niente sesso neppure durante la storia con Justin Timberlake, chiusa nel 2002: il primo uomo sarebbe stato Kevin Federline. Invece, a romperle le uova nel paniere ora ci si è messo il suo legale di un tempo, Eric Ervin, dichiarando a Us Weekly che la popstar perse la verginità a 14 anni. Ma per ragioni di marketing non si venne mai a sapere.

Vergine fino all'altare? Tutta una manovra per vendere più dischi, a quanto pare. Secondo l'avvocato chiacchierone, l'immagine casta di Britney non fu altro che una mossa dei suoi pr. E mentre il conto in banca saliva vertiginosamente, lei scopriva i piaceri del sesso.

L'aria da brava bambina sexy, a sentire Ervin, fu tutta una montatura. Oggi Britney, a quasi 26 anni, quella bugia l'ha decisamente lasciata alle spalle. Oltre a due figli, la cantante ogni giorno finisce per dare scandalo, per lo più facendosi beccare in giro senza biancheria intima.

Ecco dunque svelato un nuovo scheletro nell'armadio della Spears, che sta facendo di tutto (ma senza risultato) per riabilitare la propria immagine e poter riavere con sé i due figli di uno e due anni, Jayden James e Sean Preston. L'ultima carta giocata è stata assoldare degli investigatori privati, che trovino vizi nella virtuosa vita di Federline. Birra e sigarette fumate da papà Kevin davanti ai piccoli potrebbero essere una carta da giocare per riottenere indietro i bimbi. Ma forse ora le serve qualcosa di più.

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Bologna: Il tripudio dei falli.

Al Chocco-show multati i commercianti che hanno messo in vendita i ‘Rocco’, falli al cioccolato. Polemiche e riflessioni.

(Maria Grazia Negrini - Noi Donne) La censura non è un bel modo per affrontare o risolvere nessun tipo di problemi. Quindi, non mi interessa molto affermare se l’Assessora Santandrea ha fatto bene o male a multare i commercianti che al Chocco-show hanno mostrato e messo in vendita i così detti “Rocco”, falli appunto, al cioccolato. Certo, in alcune vetrine erano esposte anche passerine (ignoranti?) assolutamente innocue perché in pasta di pane. Segno che le Pari Opportunità sono state salvaguardate? Possiamo essere fiere di tale risultato, con tutta la fatica che abbiamo fatto in questi anni!
Quello che invece mi meraviglia, in questa grottesca vicenda, è l’atteggiamento degli uomini: giornalisti, premi Nobel, gay che hanno risposto alle interviste. Alcuni a favore del gesto dell’Assessora assillata da decine di famiglie che richiedevano il sequestro della merce perché oscena. Alle alte cariche della Chiesa nostrana, che proprio in questi giorni ha perso il ricorso al Tar per la mostra “La Madonna piange sperma” non le è parso vero di ribadire che Bologna non è più e non deve esserlo neppure in futuro, città edonista e gaudente. Tutti, i maschi, gay compresi, a criticare il gesto della Santandrea come un atto censorio troppo pesante per una cosa che è una gogliardata. Tutti a ricordare che il fallo è sempre stato rappresentato nella storia: chi ha scomodato i romani, chi il Cinquecento, chi il Nettuno e così via.
Io non ho avuto questa sensazione. Quello che ho pensato immediatamente, è che il gesto, e in questa difesa dell’ostentazione del fallo ci fosse qualcosa di più simbolico della condanna di un atto di censura puro e semplice.
Mi chiedo come mai nessuna donna, abbia letto questo episodio come una manifestazione, purtroppo spontanea e commerciale, dove ancora è segnalato il fallo come qualcosa di assolutamente immutabile, irrinunciabile, da cui nasce il mondo. Naturalmente le donne non sono state intervistate, forse qualcuna avrebbe ricordato che è dall’uscita del libro di Adrienne Rich “Nato di donna” che, tutto sommato, noi donne abbiamo chiaro che la nostra presenza è fondamentale nella continuazione della vita umana molto di più di un fallo. Oggi poi, che siamo quasi alla clonazione umana, i falli non sono nemmeno più indispensabili. E questo nessuno lo ha voluto ricordare. Anzi, ben venga l’ostentazione fallocratica. In un contesto come quello che stiamo vivendo, ribadisce la sua importanza, la sua fondamentalità. Peccato che, mai come in questo momento il mercato ufficiale e quello mediatico attraverso Internet pullula di vendita di Viagra. Che siano un po’ in crisi questi maschietti? Quindi perché censurare proprio il loro strumento di dominio? Con quello ci hanno costruito più di duemila anni di storia, e noi vogliamo censurare? Ma per carità, ribadiamo la sua importanza, la storia, l’arte, e non riduciamo tutto a una questione di censura!
Il patriarcato ha mille facce, più vecchie e più moderne. Ciò che è successo a Bologna è una sciocchezza rispetto a come viene usato il fallo in altre circostanze, dove sempre a subirne le conseguenze sono le donne. Questa ostentazione mi ha profondamente disturbato. Cari uomini, invece di mostrarvi così libertari quando regalano un pezzetto di notorietà al vostro “strumento”, perché non cominciate a chiedervi se tutto ciò non è il segno di una forte debolezza e incapacità di confrontarvi con un mondo che, lo sapete bene, le donne hanno la consapevolezza di praticare la propria libertà a scapito proprio dei vostri falli.

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Atleta si ritira per diventare uomo. Astista Buschbaum, addio alle gare.

(TGCom) L'astista tedesca Yvonne Buschbaum annuncia il ritiro dalle competizioni. Nulla di male se non fosse che, alla base della decisione, ci sia un motivo assolutamente personale. "Mi ritiro. Voglio diventare un uomo - ha annunciato - Per molti anni ho avuto la sensazione di vivere in un corpo sbagliato. Ho reso pubblica la mia scelta, nessuno deve sentirsi ingannato". L'atleta era stata argento agli Europei del 2002.

Di certo non soddisfatta non tanto per la sua carriera sportiva quanto per la vita di tutti i giorni. La notizia è di quelle che lasciano a bocca aperta, tra l'incredulità e lo stupore, ma in fondo, a valutare attentamente la questione non c'è nulla di male in una decisione di certo non comune ma sicuramente legittima. L'astista tedesca Yvonne Buschbaum non gareggerà più nel circuito dell'atletica leggera. La decisione è maturata dopo un'attenta riflessione e non prende le mosse da una valutazione tecnica bensì da una di carattere esclusivamente personale. "Mi sento un uomo, ma devo vivere in un corpo di donna - ha annunciato dal suo sito internet - Voglio diventare un maschio. Sono consapevole che questo sia un argomento controverso, non voglio nascondere nulla. Mi tranquillizza il fatto di intraprendere questo percorso che mi consentirà di raggiungere la serenità".

L'atleta ha rivendicato la legittimità dei risultati ottenuti in pedana aggiungendo: "Non uso doping, tutti i miei successi sportivi sono stati corretti da un punto di vista biologico". A 27 anni e con un argento conquistato agli Europei nel 2002 la Buschbaum ha deciso di riporre l'asta. Nel 2007, l'atleta ha saltato 4,70 m, ottenendo la nona prestazione di tutti i tempi. L'ultima da donna, adesso comincerà un'altra vita.

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San Fancisco: stop a sesso su carta d'identità.

La misura presa per evitare discriminazioni verso i transessuali. Dal prossimo anno i documenti rilasciati dalla città californiana conterranno solo nome, data di nascita e foto.

(Il Corriere della Sera) Un passo avanti verso l'eliminazione della discriminazione sessuale. In particolare verso i transessuali. E' quello che arriva San Francisco dove sono state varate importanti novità in materia di carte d’identità. A partire dal nuovo anno, la città californiana rilascerà documenti di riconoscimento che escluderanno rigorosamente informazioni riguardo al sesso del possessore. Nome, data di nascita e fotografia saranno gli unici dati fruibili.

DISCRIMINAZIONI - La misura, riferisce il quotidiano americano «Usa Today», e’ stata approvata ieri in comune dal Consiglio dei Supervisori. In realtà non si tratta di una novità assoluta in suolo americano: la città di New Haven, nel Connecticut, ha introdotto la nuova regola già a luglio, rilasciando da allora 4.650 carte d’identità «asessuate». Si ritiene soddisfatta Kristina Wertz, responsabile del centro legale per transgender di San Francisco. «La carta - spiega - finalmente rende la questione del sesso un non-problema». Per tanti transessuali, la nuova carta di identità risolverà molti problemi di discriminazione, specialmente sul lavoro

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Prof di giorno, pornodiva di notte Madameweb tra blog e polemiche.

Anna Ciriani insegna in una scuola di Pordenone. I suoi alunni tappezzarono i bagni con le sue immagini hard trovate sul web. Alla fiera dell'eros di Berlino, a fine ottobre, è stata un'attrazione e il video che testimonia il suo successo è finito su YouTube.

(Roberto Calabro' - La Repubblica) SI FA CHIAMARE Madameweb, come un personaggio dell'Uomo Ragno, ed è una vera signora della Rete: sono a decine i siti per adulti che parlano di lei. E in cui la si vede in azione. Fin qui nulla di strano. Se non fosse che Madameweb non è soltanto una delle icone hard della rete, ma anche un'insegnante di Lettere in una scuola media di Pordenone. Una "porno-prof", insomma.

Cinque anni fa alcuni alunni avevano scoperto su internet le foto hard della loro insegnante e, dopo averle stampate, avevano pensato bene di tappezzare i bagni della scuola con commenti non proprio edificanti. Da lì nacque una querelle, anche legale, che si trascinò fino all'anno scorso quando i genitori dei ragazzi, venuti a conoscenza che la professoressa era stata assegnata nuovamente allo stesso istituto, tempestarono di telefonate il dirigente scolastico minacciando di non mandare più a scuola i propri figli. Alla fine lo scandalo fu messo a tacere con un trasferimento "diplomatico" dell'insegnante ai corsi serali per adulti delle 150 ore, in un Istituto della provincia.

Ma, a quanto pare, Madameweb non ha rinunciato al gusto della trasgressione. Ed è scoppiato un nuovo putiferio a causa della sua ultima "impresa": la provocante "porno prof" ha partecipato all'ultima edizione di "Venus", la fiera dell'Eros tenutasi a Berlino dal 18 al 21 ottobre scorsi. Secondo quanto raccontano gli addetti ai lavori, la performance estemporanea di Madameweb è stata uno dei momenti più bollenti della rassegna. E il successo di pubblico ottenuto in occasione della fiera è stato poi amplificato a dismisura dalla Rete. Su You Tube impazza un video di cinque minuti che riprende l'esplosiva professoressa completamente nuda sull'autobus, in metropolitana, mentre cammina per strada. E poi in fiera dove Madameweb si fa fotografare e accarezzare da un gruppo sempre più folto di occasionali fans.

La partecipazione alla fiera dell'erotismo e la conseguente esposizione mediatica hanno creato un nuovo caso ripreso, non senza morbosità, dai quotidiani locali. E anche sul web il tam-tam è ripreso. Un collega della professoressa nel suo blog ha sollevato la questione dell'etica degli insegnanti: "La vita privata", scrive il prof-blogger, "conta, e conta eccome. Conta per le famiglie. Conta per la Scuola. Conta per il ruolo che lei ha nei confronti degli alunni. Conta per le istituzioni, e anche per chi le ruota attorno".

La risposta di Madameweb non si è fatta attendere. Con un post chilometrico. "Il mio comportamento a scuola è sempre stato estremamente professionale e integerrimo", ha risposto al collega, sottolineando di non indossare mai abiti provocanti e di mantenere con tutti un atteggiamento distaccato. Madameweb poi difende a spada tratta il proprio operato di insegnante: "Noi docenti dobbiamo prima di tutto garantire una buona preparazione culturale nonché una crescita e maturazione dell'individuo. L'educazione e i valori devono essere trasmessi principalmente dai genitori o dai tutori dei ragazzi. Non possiamo sostituirci a una madre o a un padre e diventare per loro un modello da seguire".

E in un passaggio successivo rivendica la libertà delle proprie scelte nella sfera privata: "E' vero sono una professoressa, ma non è ciò che faccio nel privato che dovrebbe cambiare ciò che sono a scuola e viceversa. Io non pubblico le mie foto ovunque bensì in siti per adulti e vietati ai minori in cui consenzientemente s'incontrano e discutono persone che condividono i propri desideri e le proprie scelte sessuali". E, alla fine del post, in un estremo atto di coraggio, la "porno prof" svela la sua identità firmandosi con nome e cognome: Anna Ciriani. In arte Madameweb.

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Il chierichetto gay raccoglie solidarietà: Lettera aperta dal Guado ad Alberto, credente omosessuale.

Lettera aperta dal Guado ad Alberto, credente omosessuale, nel giorno in cui il suo parroco l'ha cacciato dal coro.

Alberto Ruggin, 21 anni tra pochi giorni, vive a Este (Padova), ora scossa da una sorta di scandalo locale: il giovane Ruggin, tutto casa e parrocchia, ha raccontato in tv di essere omosessuale. La reazione in città' e' stata peggiore del previsto: il parroco lo ha chiamato e gli ha chiesto di non andare più' a cantare nel coro parrocchiale, i concittadini si sono schierati in due fazioni, pro e contro. Lui tira dritto a rimarcare le sue convinzioni che, nonostante la sua dichiarata omosessualità' non cambieranno. Gianni Geraci, Presidente del Gruppo del Guado - Omosessuali Cristiani di Milano, gli ha scritto questa lettera aperta...
Caro Alberto, certamente il tuo parroco non ha capito il grande valore della scelta che hai fatto quando hai deciso di non nascondere pìù la tua omosessualità. Non c'è infatti nulla di male nell'essere attratti da una persona del proprio sesso. Il male è piuttosto legato all'ipocrisia in cui spesso si vive questa condizione. Tu hai scelto di abbandonare questa ipocrisia e, così facendo, hai senz'altro fatto la volontà di Dio: Gesù, infatti, nel Vangelo, non condanna mai l'omosessualità, mentre spesso usa parole molto dure nei confronti dell'ipocrisia. E' quindi dall'abbandono dell'ipocrisia che inizia il cammino di conversione a cui il Signore ci chiama. Continua a pregare caro Alberto, continua ad animare le liturgie a cui partecipi, ma soprattutto, continua a cantare, perchè il tuo canto, adesso, è senz'altro molto più gradito a Dio. E vedrai che alla fine, non solo il tuo parroco, ma anche tutti i perbenisti che ora ti condannano, capiranno che anche tu sei fatto a immagine e somiglianza di quel Dio in cui convivono le infinite sfaccettature dell'unico amore. Gianni Geraci Presidente del Gruppo del Guado

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Da Chierichetto a leader di GayLib. Una carriera fulminea. Ma sarà vero?

MICHELA TELEFONA AL CATECHISTA OMOSEX: SEI IL LEADER DEI GAYLIB.
Il giovane di Este che ha fatto outing in tv.
Alberto è uno dei fondatori del gruppo locale dei Circoli della Libertà di Michela Brambilla.

(Il Corriere del Veneto) Forse non se lo immaginava neppure lui, Alberto Ruggin. Da pietra dello scandalo per il suo parroco, don Paolino, alla nomina a presidente regionale dell'associazione omosessuale GayLib, cui fanno riferimento i gay del centrodestra. Ieri sera è andata in onda la puntata di «Ciao Darwin l'anello mancante» condotta da Paolo Bonolis e Luca Laurenti. Una sfida che vedeva opposti eterosessuali e omosessuali. Con Alberto schierato tra i gay. Una «confessione» via teleschermo che gli è costata il posto da catechista e quello nel coro della chiesa delle Grazie, ma che gli ha portato le simpatie e le vicinanze della classe politica italiana. Alberto infatti è uno dei fondatori del gruppo locale dei Circoli della Libertà di Michela Brambilla. E proprio la Brambilla, che non ha mancato di fargli arrivare la sua solidarietà via telefono, ha chiesto di incontrare personalmente Alberto e offrirgli il suo appoggio.
«Sicuramente mi chiederà di fare parte ancora del suo circolo, e ne sarò felicissimo», racconta Alberto al telefono. Intanto questa sera Ruggin porterà il suo caso a «Otto e mezzo», la trasmissione di La7 condotta da Giuliano Ferrara.

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Ndr. Ma quelli di GayLib lo sanno? E' una vera e propria rivoluzione in casa Oliari se ciò fosse vero. Ne più ne meno come quella fatta da Berlusconi in questi giorni. Finalmente un modo per chiudere la bocca a tutti i detrattori di GayLib.
Ma... Non ci sono comunicazioni ufficiali da parte loro. L'ennesima bufala? GayLib, se ci sei, batti un colpo.

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Il chierichetto gay raccoglie solidarietà. La Brambilla solidale con Alberto Ruggin dopo la sua dichiarazione di essere gay,

(Radicali italiani) Michela Vittoria Brambilla ha espresso la sua solidarietà ad Alberto Ruggin, il ragazzo di Este (PD) che dopo aver dichiarato di essere gay è stato allontano dal coro della parrocchia, telefonandogli e chiedendo di incontrarlo. C’è da augurarsi che oltre a questo gesto verso Alberto, uno dei promotori dei circoli della libertà di Este e ora anche presidente regionale di GayLib, la Brambilla voglia coerentemente impegnarsi con forza perché il nuovo partito di Berlusconi, di cui pare essere attualmente una delle più influenti ispiratrici, si mobiliti per il riconoscimento dei diritti alle coppie gay. Sarebbero poco comprensibili espressioni di solidarietà e appoggio ad un gay ma non alle battaglie per il riconoscimento di diritti alle coppie omosessuali.
Vorrà la Brambilla sostenere le sue posizioni anche davanti agli altri consiglieri di Berlusconi che rispondono ai nomi di Bertone e Ruini?

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Tenore nudo in scena per cantare un'opera di Vivaldi.

Dobbiamo cominciare ad abituarci al nudo a teatro. E anche in un ambiente apparentemente conservatore, bigotto e codino come quello dell'Opera. Apparentemente, però.
In Italia pioniere fù il Teatro alla Scala di Milano dove per la "Salomè" di Richard Strauss venne messo in mostra un timido seno della soprano durante la danza dei sette veli. Quest'anno, troviamo sempre la Salomè al Teatro dell'Opera di Roma con la regia di Albertazzi e la soprano Patanè a "mostrar le chiappe chiare".
Altro pioniere del nudo all'opera, Giancarlo Cobelli con il suo "Rigoletto" dove il Duca di Mantova canta la sua aria "Questa o quella per me pari son..." nel bel mezzo di un'orgia tra muscolosi ed aitanti cortigiani. Ed eccoci oggi, dopo aver mostrato il nudo femminile a sdoganare quello maschile. Ci ha pensato Alan Curtis nel 2006 a Spoleto spogliando un giovane, bello, aitante ed "erculeo" tenore: Zachary Steins nell 'opera barocca "Ercole su’l Termodonte" di Antonio Vivaldi, quindi un protagonista quanto mai azzeccato. Eccovi alcune sue foto e un video particolarmente "rappresentativi". Un motivo in più per amare l'opera?
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