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domenica 16 dicembre 2007

Bellezze: Chace Crawford.


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167 parroci contro mons. Rino Fisichella ''vicario'' di Roma.

nella foto il Cardinale Camillo Ruini, il Senatore Marcello Pera e Monsignor Rino Fisichella

(Maurizio di Giacomo - Agenzia radicale) 167 parroci romani su 232 hanno firmato una lettera, destinata oltre Tevere, prendendo posizione contro l'eventualità che il vescovo mons. Rino Fisichella, attuale rettore della Pontificia Università Lateranense, a giugno 2008, possa essere nominato nuovo ''vicario'' della diocesi romana in sostituzione del cardinale Camillo Ruini. La notizia emerge in un contesto ricco di tensioni e di iniziative che ha trovato una sua manifestazione nell'intervista pubblicata, sabato 15 dicembre 2007, da ''La Stampa'' al regista Franco Zeffirelli.

Quest'ultimo ha incontrato l'attuale pontefice solo due volte in vita sua. A Firenze quando il card. Joseph Ratzinger era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede e alcuni mesi orsono da Papa - e che ha parlato in tempi ravvicinati alla Lateranense - ha svelato che esiste una terna che è pronta a intervenire per migliorare l'impatto comunicativo di Benedetto XVI. Questa terna, stando a Zeffirelli, sarebbe composta da lui, dal cardinale Camillo Ruini, attuale vicario di Benedetto XVI per la diocesi romana e da mons. Rino Fisichella.

Questa terna ha obiettivi ambiziosi. Ancora Franco Zeffirelli...: ''Anche il suo guardaroba (ovvero di Benedetto XVI ndr) va rivisto: non sono tempi da alta sartoria ecclesiastica. Servono l'asciuttezza e la sobrietà osservata dagli altri gradi della Chiesa. Le vesti papali sono state rifatte in modo troppo sfarzoso e appariscente''.

In conclusione dell'intervista Franco Zeffirelli rievoca un precedente poco noto della sua disponibilità a mettersi al servizio della Chiesa cattolica. ''Paolo VI dopo aver visto il mio 'Gesù di Nazaret' mi chiese cosa la Chiesa potesse far per me. Gli risposi: ' Vorrei che quest'opera arrivi anche in Russia'. Lui mi disse profeticamente: 'Abbia fede presto sul Cremilino sventoleranno le bandiere della Madonna a posto di quelle rosse'. L' 8 dicembre 1991, Festa dell' Immacolata, la bandiera con la falce e il martello venne rimpiazzata da quella della Federazione Russa''.

In realtà la situazione è ben più complessa. Da oltre 6 mesi, assicurano i bene informati, Benedetto XVI si rifiuterebbe di concedere udienza a mons. Fichella. Tale atteggiamento di distacco è iniziato un mese dopo un colloquio tra il cardinale polacco Zenon Grocholewki, prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica e il Papa. Durante quell'incontro il porporato ha smontato un'intervista di mons. Fisichella nella quale il rettore della Lateranense aveva affermato che Grocholewski stava ''distruggendo'' le università cattoliche e i centri di formazione cristiana di mezzo mondo.

Le stesse fonti assicurano che di recente a mons. Fisichella sarebbe stata offerta la guida della diocesi di Pisa (soluzione ben vista dal senatore Marcello Pera, presidente della Fondazione 'Magna Caharta'. La risposta è stata 'no': mons. Fisichella averebbe altri obiettivi o vicario a Roma o nuovo segretario della Congregazione per la dottrina della Fede a posto del salesiano mons. Amato che a metà gennaio 2008 potrebbe prendere il posto del portoghese cardinale Josè Saraiva Martins come nuovo prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede).

Il mixer tra l'intervista a Zeffirelli e il senso di disorientamento che serpeggia nella Curia Romana è stato tale che sabato sera, a Roma, durante la nomina di un nuovo canonico del Pantheon, qualcuno si è lasciato sfuggire '' Qui finisce peggio che in Polonia ..''.

L'allusione era alla vicenda di mons. Weigel che nomimato nuovo arcivescovo di Varsavia è stato sostituito 24 ore prima dell'insediamento di fronte alla prova di suoi contatti oltre il lecito con funzionari della polizia politica del regime comunista.

Sul tavolo del Papa da tempo ci sono quattro faldonicini per la succesione a Ruini intestati all'umbro mons. Giuseppe Betori, segretario della Conferenza Episcopalle Italiana, al toscano cardinale Angelo Comastri, vicario di Benedetto XVI per lo stato della Città del Vaticano, al ciociaro mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Amelia- Narni, ben visto anche da alcuni elementi della comunità cristiana di base di San Paolo raccolta attorno all'ex abate benedettino dom Giovanni Frazoni.

S. Egidio da tempo sta remando in favore di mons. Fisichella, tanto che un mons. Fisichella ''vicario'' piacerebbe anche a diversi ambasciatrori arabi accredidati presso la Santa Sede. Il quarto faldocino potrebbe essere riservato a colui che, alla fine, sarà il prescelto: forse l'esponente di un ordine religioso ben noto a Benedetto XVI?

Lo scorso 12 0ttobre 2007, nella basilica di San Giovanni in Laterano, a margine della messa che il cardinale Camillo Ruini ha celebrato a 10 anni dalla morte di don Luigi Di Liegro, il primo direttore della Caritas diocesana romana, una fonte clericale ha commentato: "Il Papa attuale conosce molto bene la situazione della diocesi di Roma".

Intanto mons. Fisichella gioca le sue carte come può e come crede. A metà di questa settimana alla Lateranense viene presentato un libro di Domenico Fisichella, ex esponente di spicco di Allenza Nazionale, col rischio che si rafforzi l'equivoco che tra l'ecclesiastico e il politico ci sia un rapporto di parentela che, nei fatti, non esiste. Sarà interessante analizzare come L'Osservatore Romano riferirà di quella presentazione.

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Nuove forme di prostituzione. Una questione che i politici non vogliono affrontarla.

(Klaus Davi - La Stampa) Secondo stime ufficiali il partito dei clienti italiani della prostituzione raggiunge la cifra record di 9 milioni di unità. Questo vuol dire che se tutti i fruitori delle belle di notte si unissero, la loro compagine sarebbe di gran lunga la prima forza politica italiana. E' forse questa la vera ragione per cui in Italia non si verrà mai a capo di una soluzione della questione prostituzione. Tutte le forze politiche sono consapevoli che si tratta di un fenomeno trasversale che preso troppo di petto potrebbe avere conseguenze elettorali inaspettate.

Detto questo i politici continuano ad onta di ogni cifra ad esercitare della retorica facile su questo problema. Intanto l'universo del sesso in vendita evolve e si profila un nuovo fenomeno fino ad ora poco studiato: l'esplosione di una forma più subdola del classico mercimonio del corpo: lo scambismo su strada. Un vero e proprio boom che coinvolge parcheggi, piazzole, autostrade a grande percorrenza così come percorsi più nascosti e privi di grande visibilità.

Dati ufficiali non ce ne sono ma una cosa è certa: con l'aumento esponenziale dei costi dei motel e degli hotel adibiti al consumo del sesso, ora questo genere di pratica si è riversata massicciamente sulle strade. Ma ancora la classe dirigente sembra non essersene accorta, forse perché avviene lontana dai fari delle grandi città. E allora? Nessuno può esercitare una facile ipocrisia.
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Storia di Angela, la cassiera:

(La Stampa) "Diventare merce di scambio per soddisfare le altrui perversioni ci vuol poco, soprattutto quando non si riesce a trovare altra via d'uscita alla disperazione. Angela P. faceva la cassiera in un piccolo supermercato di Cormano, piccolo comune a nord di Milano. Quando andava bene, 1.200 euro riusciva a portarli a casa ogni mese. Mollata dal marito si accompagnò con Saverio, un muratore che lavorava per alcune imprese edili dell'hinterland milanese, arrivando a racimolare fino a 2.000 euro mensili, ovviamente in nero. Ma poco alla volta le cose cominciarono a cambiare. Sarà stato per la crisi del settore edilizio, ma Saverio lavorava sempre di meno. Non solo non c'erano soldi, ma Angela spesso rimaneva da sola in casa. Il suo compagno il più delle volte non rientrava neanche a dormire. Intanto lei aveva perso il lavoro, perché il minimarket aveva chiuso. Ormai disoccupata, per la pagnotta dipendeva esclusivamente dal compagno. Saverio, dal canto suo, era sempre più irascibile. Furiosi alterchi e aggressioni, ora verbali ora fisiche, contribuivano ad alimentare un clima di tensione.

Un giorno Saverio decise di portare con sé Angela durante una delle sue misteriose trasferte notturne. «Alle dieci di sera imboccammo la tangenziale. Uscimmo allo svincolo di Lorenteggio. Pochi minuti di strada interna e ci trovammo nel bel mezzo di un parcheggio che costeggiava un famoso motel. Più volte gli domandai cosa ci facessimo lì, ma Saverio spense il motore facendo finta di non sentirmi. C'erano una cinquantina di auto che ci gironzolavano intorno. Due di queste accostarono. Alla guida c'erano altrettanti uomini. Arrivavano entrambi da Pavia». Angela non fece fatica a intuire cosa cercassero. «Portami via da qui», intimò al marito, minacciandolo di tornare a casa a piedi. Tutto inutile. Alla fine si convinse ad andare con quegli sconosciuti. Il precedente, ormai, era innescato e la cosa si ripeté ancora. Del resto, i giorni passavano e, con essi, aumentava il nervosismo. Le richieste economiche dei bambini diventavano sempre più difficili da soddisfare. «Lo fanno tantissime coppie per sbarcare il lunario», diceva Saverio per tranquillizzare Angela.

Quest'ultima non avrebbe mai ceduto, se non fosse stato per l'avvicinarsi delle festività natalizie. «Cosa avrei regalato ai miei figli? Eravamo senza una lira e il mio compagno, per ripicca, non mi dava nulla di quello che era riuscito a mettere da parte». Il 22 dicembre, quindi, Angela e Saverio decisero di comune accordo di far tappa al parcheggio del motel. Giusto in tempo per comperare qualche regalo ai figli. Angela è tra le pochissime italiane che ora «lavorano» a Trezzano sul Naviglio, piccolo sobborgo a sud-ovest del capoluogo di regione lombardo, la capitale italiana del sesso pseudo-scambista su strada. Tutte le altre sono straniere, accompagnate da una quindicina di autisti che hanno abbandonato i loro lavori normali, meno lucrosi, che portano in loco le belle di notte, a uso e consumo di singoli e camionisti."

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Tempi nuovi per i gay. Zapatero e suoi fratelli: ecco l’America Latina che si è scoperta laica.

Il primo matrimonio gay a Città del Messico
(Paolo Manzo e Gian Antonio Orighi) Coppie di fatto in Uruguay. Pillola del giorno dopo in Cile. Aborto libero nelle prime 12 settimane e pacs in Messico. E un minimo comun denominatore: lo scontro con la Chiesa, che difende la famiglia eterosessuale e il no all’interruzione volontaria della gravidanza. L’onda lunga, partita nel 2005 dalla Spagna del leader socialista José Luis Rodríguez Zapatero con la legge sulle nozze gay, ha attraversato l’Atlantico dilagando nella cattolica America Latina.
«Diversi vescovi latinoamericani mi hanno parlato dell’influenza delle proposte legislative della Spagna, chiaro punto di riferimento culturale» assicura a Panorama don Manuel Bru, 43 anni, direttore dei programmi religiosi della radio della Conferenza episcopale spagnola. «C’è coincidenza ideologica con progetti politici laicisti che vogliono mettere la Chiesa in un angolo».
Non a caso nel 2005 Zapatero venne premiato come «uomo dell’anno» dai gay brasiliani. E il premier bollato dal Vaticano come il «padre di tutti i relativismi morali» spedì il suo ambasciatore a ritirarlo. D’altronde, la zapaterizzazione del Sud America, dove governano (tranne che in Colombia, Messico e Paraguay) governi orientati a sinistra, è vantata da potenti ong come la Rete di lesbiche, gay, omosessuali e transessuali (Lgbt) del Mercosur. In un comunicato del 31 novembre, l’ong rivela: «Dovevamo cercare appoggio di paesi avanzati. E subito abbiamo ricevuto l’aiuto della Fundación Triángulo, finanziata dall’Agenzia spagnola di cooperazione internazionale» (braccio del ministero degli Esteri di Madrid).
Avanguardia del fronte laico è l’Uruguay, guidato da una coalizione dove il partito più forte è quello degli ex guerriglieri tupamaros. La camera di Montevideo ha approvato la prima legge nazionale sulle coppie di fatto del Cono Sud, la «unión concubinaria» (i pacs esistono, solo localmente, a Buenos Aires, Rio de Janeiro e San Paolo). «I concubini e le concubine, etero o omosessuali, godranno di tutti i diritti dei matrimoni eterosessuali su pensioni, eredità, beni comuni» precisa il deputato Edgardo Ortuño. L’unión concubinaria deve solo passare il vaglio (scontato) del senato, previsto per il 15 dicembre. E, mentre la Chiesa insorge, si avvicina il raddoppio: il senato ha già dato luce verde a una legge che prevede l’aborto libero nelle prime 12 settimane.
Anche lo stato di Città del Messico, governato dal progressista Partido de la revolución democrática, fa da battistrada per leggi innovative. Il 5 dicembre il parlamento ha approvato quella sull’ortotanasia, un provvedimento per malati terminali che vuole evitare, se questi sono d’accordo, l’accanimento terapeutico. Procedura, peraltro, già approvata dalla Conferenza episcopale brasiliana. Molto più controversi altri provvedimenti, come la legge che l’anno scorso ha dato alle coppie di fatto gli stessi diritti su eredità e pensione delle coppie sposate, pur non contemplando le adozioni. O la legge sull’aborto libero nelle prime 12 settimane, approvata ad aprile.
Il terzo polo della secolarizzazione è il Cile del presidente socialista Michelle Bachelet, che ha sempre considerato Zapatero «un modello da imitare per le sue politiche di eguaglianza». In America Latina l’aborto è libero solo a Cuba e Porto Rico; Bachelet ha trovato un escamotage per saltare la proibizione all’aborto terapeutico decisa dall’ex dittatore Augusto Pinochet nel 1989. Con un decreto presidenziale, a ottobre ha permesso la vendita della pillola del giorno dopo alle minori di 14 anni. Apriti cielo: i farmacisti cattolici hanno invocato l’obiezione di coscienza. E il governo ha risposto imponendo multe pari a 42 mila euro a chi si rifiuta di venderla.
In Colombia, paese guidato dal conservatore (e antiabortista) Alvaro Uribe, la corte costituzionale ha depenalizzato l’interruzione della gravidanza in caso di violenza sessuale, rischio di vita della madre e malformazione del feto. A differenza del Nicaragua sandinista, che ha appena approvato la legge più proibizionista al mondo.
Lo schieramento politico c’entra poco con le tematiche etiche. Contano molto di più le pressioni della Chiesa. In Argentina la neoeletta Cristina Kirchner, progressista, si è subito dichiarata «da sempre contraria all’aborto» e ha bloccato ogni progetto di depenalizzazione. Obiettivo: appianare le divergenze con la Chiesa cattolica causate dal marito, in vista della visita del Papa auspicata nel 2008. Anche Michelle Bachelet ha rassicurato il Papa, durante la sua visita in Italia, dicendo di non avere in programma progetti di legge per la legalizzazione dell’aborto. E nel Brasile di Luiz Inácio Lula da Silva la legge sulla liberalizzazione dell’aborto è bloccata dopo la visita di Benedetto XVI, lo scorso maggio.
Di più: nell’Uruguay dei tupamaros il presidente ha detto che metterà il veto sulla nuova legge sull’interruzione di gravidanza perché contraria al suo modo di pensare. E anche il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa (vicino a Hugo Chávez), ha dichiarato di non essere d’accordo con la nuova legge sull’aborto.
«La Chiesa fa sentire la sua voce affinché non si perda il senso etico della cosa pubblica» dichiara a Panorama il cardinale Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo. «In Brasile aiutiamo il governo a non perdere di vista la sua missione». Parole tutt’altro che controcorrente. «In America Latina la stragrande maggioranza della popolazione, anche quella politicamente progressista, è molto conservatrice sulle questioni etiche» spiega il vaticanista brasiliano Luiz Antonio Magalhães. «Se i politici di sinistra decidessero di aprire su questi temi, più che per l’intervento della Chiesa rischierebbero di essere penalizzati dal loro stesso elettorato».
Ma, seppure a fatica, l’onda lunga di Zapatero avanza. «Dopo di noi verranno molti altri paesi spinti da due forze ineguagliabili, la libertà e l’uguaglianza» avvertiva profetico Zapatero dopo aver approvato le nozze gay. E il XVII vertice iberoamericano di Santiago del Cile ha dichiarato il 2008 «anno contro tutte le forme di discriminazioni». Cioè l’anticamera di nuove leggi pro gay.

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Nelle stanze del piacere passa l'alta borghesia. "Faccio sesso di gruppo con un finto compagno".

(La Stampa) Ventidue anni dichiarati, 1 metro e 78 di travolgente bellezza, Irina pare essersi materializzata dalle copertine patinate di «Vogue». Nella sua vita, però, di glamour ce n’è ben poco. Avvolta in una mantellina bianco latte, si mimetizza dietro un paio di enormi occhiali da sole. Bella di notte, di giorno fa di tutto – invano - per mascherare la sua avvenenza. Originaria di Balti, Moldavia, Irina racconta di essere arrivata in Italia tre anni fa, dopo aver preso il diploma di assistente sociale nel suo Paese d’origine. «Una mia amica mi aveva detto che qui si guadagna bene. Sosteneva di lavorare in una discoteca come barista. Ogni volta che tornava in Moldavia per le vacanze passava a trovarmi e sfoggiava vestiti bellissimi. Io sapevo benissimo che si prostituiva».

Irina ammette di essersi lasciata tentare dalla bella vita condotta dalla sua amica. Da quando è in Italia, prima di approdare sulla riviera adriatica, ha lavorato in numerosi privé di Milano, dove lo pseudo-scambismo è di casa. E’ così che ha potuto constatare che il sesso di gruppo «piace tantissimo agli uomini milanesi». Per questo molto spesso entrava in scena il suo protettore, Maurizio, che, all’occorrenza, diventava il suo partner . Si trattava di un calabrese noto alle forze dell’ordine per appartenere al giro della ‘ndrangheta. «Ma lui – si giustifica Irina - era anche il mio fidanzato». Il gioco era facile. Maurizio ed Irina, d’accordo con la proprietà dei locali, si offrivano come coppia a tutti gli effetti. Quando venivano avvicinati da un’altra coppia o da singoli, concordavano cifra e prestazione.

E poi si dirigevano a consumare in una delle numerose stanze del piacere presenti in loco. I prezzi? «Si va dai cinquecento ai mille euro, qualora la coppia debba uscire e andare a casa dei clienti. Tutto questo, senza dimenticare il biglietto di ingresso che per un singolo può arrivare anche a 300 euro». Il target era quello della Milano bene, dei professionisti, ma anche dell’alta borghesia bancaria e industriale, che appare sulle copertine dei giornali economici con mogli e figli in vista. Irina, dopo due anni di permanenza nel capoluogo lombardo, si trasferisce a Giulianova, in Abruzzo, lì dove appunto la incontriamo. I motivi sono facilmente intuibili. Dopo un po’, per non dare troppo nell’occhio, è bene cambiare aria, fa capire.

Il turn-over evita grane con le forze dell’ordine, che stanno intensificando i controlli nei locali notturni in tutto il paese «La riviera adriatica – ammette Irina - è un vero paradiso per gli amanti dei night. Qui siamo in centinaia. Lavoriamo tutte nei locali della costa. Non diamo fastidio, non siamo come le nere che lavorano per strada. La nostra è una prostituzione di serie A. E poi facciamo la felicità degli uomini». Ora che Maurizio è ai domiciliari si fa accompagnare da un frequentatore di locali teramano. «Mi piace parlare con la gente. Quando tornerò a Balti, sogno di fare la psicologa». In fondo anche il sesso è un modo per studiare la natura umana.

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Diamonds a Milano con Beyoncé.

(Pianeta.com) Una luce insolita, splendida, ma naturale investe Milano tra pochi giorni. “Diamonds” e la sua “testimonial”, Beyoncé, sono i protagonisti di un incontro con i fans alla “Rinascente”. I più fortunati riusciranno ad avere l’autografo della cantante sul contenitore-gioiello del profumo.
La rosa, il lampone, il litchi, il tutto sottolineato da un sottofondo di legni ed ambra: “Diamonds”, di Giorgio Armani, già sul mercato dall’autunno, è in lizza per il Premio Accademia del Profumo 2007.

Racchiuso in un elegante flacone, puro e splendente in tutta la sua essenzialità, è una fragranza dedicata ad una donna piena di sensualità, sicura di sé, che sa mettersi in mostra. E’ il “gioiello” adatto ad una donna forte e splendida, luminosa, bellissima. Esattamente come la “testimonial”, che, splendidamente vestita di tanti piccoli “diamonds” Swarovski nell’ormai già famoso “spot”, incarna perfettamente il simbolo della donna Emporio Armani.
www.fashiontimes.it | www.emporioarmanidiamonds.com

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Trattato di Lisbona. L'Avvenire critica la carta dei diritti: Ambiguità sul matrimonio.

D'Agostino: "Tendenze sessuali" anche pedofilia e necrofilia.

Vi sono "ambiguità" e "omissioni" nella Carta dei diritti dell'Unione europea firmata da poco a Strasburgo che offrono il fianco a interpretazioni 'aperturiste' sul matrimonio gay e sulle "tendenze sessuali": è l'allarme di un editoriale del quotidiano dei vescovi 'Avvenire'.

"E' dovere di onestà intellettuale, una volta riconosciuti alla Carta i suoi meriti, rilevare come in essa siano state insinuate ambiguità e siano presenti omissioni, che ne possono purtroppo favorire una lettura francamente inaccettabile", scrive Francesco D'Agostino. Le critiche del presidente dell'Unione giuristi cattolici italiani si appuntano, in particolare, sull'articolo 9 sulla famiglia ("Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio") e sull'articolo 21 sulle discriminazioni (fondata, tra l'altro, sulle "tendenze sessuali").

Quanto al primo, "interpretare questo articolo come una intenzionale apertura al matrimonio tra omosessuali è un'autentica forzatura ermeneutica ed ideologica", scrive D'Agostino. Secondo l'editorialista di 'Avvenire', poi, il secondo articolo è "linguisticamente infelice e giuridicamente troppo vago". "Possiamo certamente riferirci all'omosessualità come a una tendenza sessuale'", prosegue, "ma come negare che possono parimenti essere ritenute 'tendenze sessuali' la pedofilia, il sadismo, la necrofilia, ecc? E' troppo pretendere da una Carta dei diritti che alcuni ritengono abbia un valore epocale un uso rigoroso del linguaggio?". La Carta dei diritti diventa giuridicamente vincolante con l'entrata in vigore del nuovo Trattato di Lisbona.

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Il potenziatore dell’Hiv . I frammenti di una proteina contenuta nel liquido seminale amplificano l’aggressività del virus di oltre 50 volte.

(Galileo) Frammenti della proteina fosfatasi acida prostatica (Pap) si trovano abbondantemente nel liquido seminale maschile e, secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Cell, incrementerebbero di molti ordini di grandezza il potere infettivo del virus dell’Hiv. I ricercatori delle università tedesche di Hannover e Ulm hanno scoperto che la frammenti inattivi della proteina formano infatti micro-fibre (fibre amiloidi) che, incastrandosi con il virus, funzionano come una sorta di “traghetti”, facilitandone l’entrata nelle cellule.

Il professor Frank Kirchhoff dell’Università di Ulm stava studiando la composizione del seme maschile alla ricerca di elementi in grado di bloccare l’infezione da virus dell'immunodeficienza umana. La ricerca ha invece portato a scoprire un inaspettato potenziatore. Molti dei fattori già noti per aumentare l’aggressività del virus incrementano il tasso di infezione di 2-3 volte. In questo caso ci troviamo di fronte a un aumento di oltre 50 volte e, in determinate condizioni, anche di cento volte.

In base alle conoscenze attuali esisterebbero due ceppi dell’agente virale: Hiv-1 e Hiv-2. Il primo, più aggressivo, è prevalentemente localizzato in Europa, America e Africa centrale, responsabile di 60mila contagi e 20mila morti dal momento della sua identificazione. Il secondo ceppo, invece, si trova per lo più in Africa occidentale e in Asia. I medici ritengono che il 90 per cento delle infezioni sia avvenuto per via sessuale.

Le fibre amiloidi formate dai frammenti della Pap e denominate Sevi (Semen-derived Enhancer of Virus Infection) potenziano soprattutto il ceppo Hiv-1: “Concentrazioni fisiologiche di Sevi amplificano l’infezione delle cellule T e i macrofagi del sistema immunitario perché abbassano la quantità di virus necessaria”, spiegano gli autori che hanno studiato l’effetto della Pap su topi ingegnerizzati per portare i recettori umani del virus Hiv-1. “Adesso abbiamo un obiettivo preciso per una possibile prevenzione della diffusione dell’Aids” concludono i ricercatori. (s.f.)

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(Ansa) Boy George ha fatto il dj a Roma alla discoteca Alien, con un pubblico quasi tutto gay, a partire dalle due di notte. George O'Dowd, questo il suo vero nome, il dj lo faceva anche prima di diventare famoso. Ora non e' piu' l'icona quasi trans del pop Gb, il successo non e' durato molto e il viale del tramonto e' stato travagliato.
Si e' presentato con un cilindro rosso in testa, 20 kg in piu' rispetto agli anni '90, abito nero con ricami d'oro, un tatuaggio sul collo.

Il video.

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"Amici di Maria": Antonino ci riprova.

l_679e824ddc691841653e85a02e178ea7(River-blog) Il suo primo album era uscito nel 2006.
Il nome del cd fu quanto di più banale si potesse scegliere: “Antonino“, una scelta analoga a quella fatta dai produttori dell’album di Federico Angelucci (”Federico“). Ma la voce di questo ragazzo è riuscita a conquistare diverse persone al di fuori della scuola di Amici, il programma vinto nel 2005.
Quando si esce da quella pseudo-accademia, è difficile non perdersi in spettacolini/serate/cene e amenità varie.
Soldi facili, ma nel lungo termine ti lasciano col sedere per terra. Antonino ha avuto alti e bassi, ma ha sempre continuato a scrivere canzoni e, soprattutto, a continuare a lavorare. So che in passato se l’è presa per alcune cose scritte su questo blog, ma gli auguro di cuore in bocca al lupo.

Il nuovo singolo, “Resta come sei”, uscirà domani nelle radio italiane, mentre sarà messo in vendita il 4 gennaio. Il video del singolo è stato girato ad Amsterdam.
Antonino sogna di entrare nella categoria Giovani del prossimo Festival di Sanremo.
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Bari. State Ballet Of Siberia al Teatroteam. Il 20 dicembre in scena con lo spettacolo Aurora Boreale.

Giovedì 20 dicembre, presso il Teatroteam di Bari, per la rassegna Folk of The World, lo State Ballet of Siberia presenta lo spettacolo di danza “Aurora Boreale”, per la direzione artistica di Vitalij Butrimovich. Dopo essersi esibito nei più importanti teatri dei cinque continenti del mondo, arriva al Team il Balletto Nazionale della Siberia, protagonista di uno spettacolo fantastico, acrobatico, stupefacente. La magia della natura e la ricchezza della cultura dei tanti popoli della Siberia sono protagonisti delle coreografie di questa Compagnia di Krasnoyarsk.

L’atletismo dei ballerini, la grazia e la bellezza delle ballerine, lo splendore di costumi sontuosi, la coralità e teatralità delle coreografie si fondono dando vita ad un grande spettacolo. La Compagnia Statale di Balletto della Siberia è considerata una delle più importanti Ensamble coreografiche folcloriche della Russia. Inizio spettacolo ore 21. Biglietti € 34 (poltronissima), € 28 (poltrona) e € 22.

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Ghiaccio: GP Torino, oro a Lambiel.

Nel libero danza vince coppia russa Domnina- Shabalin.

(Ansa) Prime medaglie al Grand Prix Isu di pattinaggio. Fra gli uomini l'oro e' andato allo svizzero Stephane Lambiel davanti al giapponese Takahashi. Il belga Kevin Van Der Perren dopo una brutta caduta ha accusato dolore alla gamba destra ed e' stato portato al Cto per un controllo. Nel libero della danza si e' imposta la coppia russa, vicecampione d'Europa, formata da Oksana Domnina e Maxim Shabalin, secondi gli americani Tanith Belbin e Benjamin Agosto, terzi i francesi Delobel-Schoenfelder.

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Google lancia "Knol", l'enciclopedia online.

Il progetto ricorda quello della più famosa "raccolta del sapere" su internet, Wikipedia.

(La7) Dall'alto del prestigio e del suo essere il motore di ricerca più cliccato al mondo, Google ormai può permettersi anche il lusso di copiare. Lo ha fatto con "Knol", l'ultimo progetto lanciato dal colosso di Mountain View. "Knol", che è l'abbreviazione della parola inglese knowledge, conoscenza, è un'enciclopedia online interamente curata dagli internauti. A questo punto è chiaro a quale altro gigante di internet Google si sia ispirato. Naturalmente a Wikipedia, l'enciclopedia online creata nel 2001 e che 60 milioni di utenti ogni giorno in tutto il mondo consultano e aggiornano. Wikipedia è uno dei 10 siti più cliccati della Terra e evidentemente è proprio questo successo che Google punta ad intaccare. Dall'azienda di Sergey Brin e Larry Page spiegano che no, "Knol" non è un'imitazione di Wikipedia. Google, infatti, inviterà gli internauti a firmare i propri articoli, che saranno affiancati alla fotografia di ciascun autore. Il mondo della rete deciderà se è abbatsanza per evitare le accuse di plagio.
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Di Pietro: Onore alla Val di Susa ma che ci azzeccano i gay e i disoccupati?

Ridurre sprechi enornmi ma infrastrutture vanno fatte.

(Apcom) - Al popolo della Val di Susa "va rispetto e onore" e la necessità di "rassicurali" ma "le infrastrutture, la tav, vanno fatte". Lo ha detto il ministro dell'Infrastrutture Antonio Di Pietro nel corso di 'In mezz'ora'.

Secondo Di Pietro "gli sprechi enormi vanno ridotte ma le infrastrutture vanno fatte. Io al popopolo della Val di Susa do il mio rispetto ma quando vado lì e trovo i disoccupati napoletani o il movimento gay di Monaco di Baviera che si oppongono mi chiedo: che ci azzecca?"
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Ndr. Tonì... si chiama solidarismo, non lo sapevi?

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"A Roma non si parli di coppie di fatto", In consiglio comunale il "registro delle unioni" ma la Chiesa protesta.

Articolo sul settimanale della Cei.
Il Pd: "Il dibattito in aula però si farà".


(Giovanna Vitale - La Repubblica) Quel dibattito sulle unioni civili non s´ha da fare. Al Vaticano la moral suasion operata sul sindaco Veltroni e vari ministri della Repubblica non basta più. E, alla vigilia del voto sulle coppie di fatto previsto per domani in consiglio comunale, scende in campo il Vicariato di Roma, come dire il cardinale Camillo Ruini in qualità di arcivescovo della città: con un editoriale pubblicato su Sette, il magazine diffuso ogni domenica con il quotidiano della Cei Avvenire, critica la decisione di discutere un tema che «nessun effetto concreto» può produrre sui cittadini. «L´ennesima battaglia ideologica insomma».
Nelle scorse settimane le gerarchie ecclesiastiche l´avevano fatto capire in mille modi che l´istituzione di un registro delle unioni civili, così come proposto in due delibere all´esame dell´aula Giulio Cesare, era inopportuno. «Siamo nella città del Papa», aveva tuonato la senatrice teodem Paola Binetti, sostenendo l´opzione rinvio lanciata da Veltroni. Subito fallita per l´ostinazione della Sinistra, pronta a rischiare una bocciatura pur di non sacrificare la sua battaglia. Tanto più sicura alla luce dell´ordine del giorno alternativo presentato dal Pd per disinnescare la mina. Contromossa vana. Nell´articolo di ieri, il Vicariato ricusa anche il documento dei democratici, sottolineandone l´inutilità riconosciuta dagli stessi promotori quando affermano che si tratta «di materie indisponibili ai Comuni» e dunque, in assenza di una normativa nazionale, non avrà effetti pratici. Un testo contraddittorio, secondo Sette: prima sostiene che la «città è punto di riferimento dei cattolici di tutto il mondo», ma poi chiede «al Parlamento di affrontare con urgenza le diverse proposte di legge presentate, affinché sia finalmente possibile per gli enti locali individuare strumenti efficaci che diano alle diverse "comunioni di vita" presenti nella moderna società una risposta concreta e soddisfacente». Un punto non negoziabile per la Chiesa: «Non è sufficiente l´intenzione di opporsi a una decisione profondamente negativa, come sarebbe l´istituzione di un registro delle cosiddette unioni civili, per giustificare un odg che alla fine tende al medesimo risultato», spiega. Invitando infine «i cattolici che siedono in consiglio comunale, e tutti coloro che considerano la famiglia fondata sul matrimonio come la struttura portante della vita sociale, da non svuotare di significato attraverso la creazione di forme giuridiche alternative», a «mostrare la propria coerenza».
Una nota che spiazza, ma non fa retrocedere il Pd. «Noi andiamo avanti», taglia corto il capogruppo Pino Battaglia. «Chi ci accusa di subalternità alle gerarchie è stato smentito. Il dibattito in consiglio comunale contribuirà al dialogo sul tema dei diritti delle persone». Ma An avverte: «L´appello del Vicariato non può essere ignorato», esortano Gianni Alemanno e Andrea Ronchi. «Ci affidiamo alla coscienza dei consiglieri comunali di fede cattolica e, più in generale, a quella di tutti i consiglieri di buon senso per non mettere in votazione un Odg contrario all´identità della nostra città e tale da spaccare profondamente la nostra comunità nazionale».

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«Con le campagne pro-gay vince il mondo dell’irreale».

(Andrea Tornielli - Il Giornale) «Leggendo la notizia che il Giornale ha pubblicato sulla campagna olandese in favore dell’omosessualità non ho potuto fare a meno di ricordare una frase di San Girolamo, che scriveva: «Il demonio scimmiotta Dio e vuole creare un’altra realtà...». È duro il commento del vescovo di San Marino e Montefeltro, Luigi Negri. Il prelato, che ha appena dato alle stampe un libro dedicato al magistero sociale della Chiesa («Per un umanesimo del terzo millennio», edizioni Ares) critica la decisione dell’Olanda di spendere 2,5 milioni di euro per una campagna finalizzata a «catechizzare» chi segue «stili di vita religiosamente ortodossi» per far comprendere la «normalità» dell’omosessualità.

«Si impiegano soldi – spiega – per ribadire la dignità intellettuale, morale e sociale di un fenomeno che anche una concezione naturale, non cristiana, considera complesso, difficilmente presentabile come “positivo” e “normale”. Attenzione, è giusto combattere l’omofobia e la discriminazione delle persone omosessuali. La dignità di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni, come insegna la Chiesa. Ma qui si tratta del riconoscimento statale del valore della pratica omosessuale e la pretesa di convincere con soldi pubblici chi la pensa diversamente. Davvero il mondo anticristiano vuole l’eliminazione radicale della concezione cristiana della vita attraverso la costruzione di un mondo dell’irrealtà, che si pretende essere l’unico vero, da imporre a tutti come l’unico possibile».

Immagina che ci possano essere ricadute in Italia? Come giudica la situazione nel nostro Paese?

«In Italia vedo un clima di acceso anticristianesimo, come dimostrano i recenti attacchi a qualsiasi segno che richiami al Natale per ciò che esso è, la nascita di Gesù. Nelle scuole lo si sostituisce con favole sui marziani o gli animaletti, si dice per non offendere le religioni diverse. La mentalità laicista però dimentica che l’islam non si è mai offeso per le nostre celebrazioni religiose. Sotto sotto c’è la volontà di eliminare la tradizione cristiana, considerata un’anomalia per l’attuale concezione tecno-scientista».
La Chiesa come risponde?

«La mia risposta è un’altra domanda, e cioè se coloro che guidano il popolo cristiano sono consapevoli della radicalità della sfida. Quando sono in grado di rimettersi di fronte alle domande fondamentali dell’uomo offrendo la strada del Vangelo, si sente vibrare attorno a noi una consapevolezza profonda. Quando invece non si segue la strada dell’evangelizzazione, ci si perde in pseudo-problemi di tipo ideologico».

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Manager spregiudicati: ormai la cronaca è a pagamento.

Patrick Lumumba, coinvolto nel giallo di Perugia

(Annalia Venezia - Panorama) Gialli intricati? Scandali di provincia? Assassini che diventano star? Ecco un manager per ogni esigenza. E preparate il carnet degli assegni, se volete partecipare all’asta e aggiudicarvi gli ultimi protagonisti della cronaca. C’è chi lo chiama il borsino dell’orrore, chi parla di febbre da cronaca vera, chi di mercato impazzito (come si fa con le bolle finanziarie) e chi infine alza le spalle e ricorda che, quando ogni cosa ha un prezzo, è difficile distinguere tra prezzi buoni e prezzi cattivi. Così i casi di cronaca che si trasformano in gossip e quindi in affare grazie a questi press agent spericolati ormai stanno diventando numerosi. Vi dice niente il nome di Fabrizio Corona? Ebbene, non è più solo.
“Io mi occupo di comunicare l’immagine dei miei personaggi. Punto” dice l’ex pupillo di Lele Mora, Francesco Soprani Chiesa. L’ultimo “dei suoi personaggi” è don Sante Sguotti, l’ex parroco di Monterosso Abano, diventato padre. È apparso in studio a Buona domenica per raccontare la sua storia e tornerà altre due volte. Prezzo chiesto: 6 mila euro a puntata.
E se quella era cronaca rosa, la cronaca nera non è da meno. Patrick Lumumba viene scarcerato dopo essere stato accusato dell’omicidio della studentessa Meredith Kercher e Chiesa bussa alla sua porta. “Sei un personaggio, la tua storia vende, fidati di me. E firma qui”. Zac, il gioco è fatto.
“La prima intervista di Lumumba al giornale inglese Daily Mirror ha fruttato a Chiesa 70 mila euro” racconta il direttore di Oggi Pino Belleri. E per la prima in tv, a Matrix, il tariffario indicava 25 mila.
Lumumba sul mercato dell’informazione oggi non vale più molto perché ormai ha detto tutto. Però sa fare il dj e presto terrà serate nei locali: costo per i gestori, 3 mila euro a esibizione. La prima sarà in un noto locale milanese.

Don Sante Sguotti, innamorato di una parrocchiana, da cui avrebbe avuto un figlio

Tra i due, al momento, il prete è meno inflazionato e frutta di più. Solo pochi giorni fa si è conclusa l’asta tra i settimanali di cronaca rosa. Ha vinto Gente e sulla rivista ora sorride tutta la famiglia al completo: il parroco, la compagna e il bambino. Costo del servizio con intervista: altri 15 mila euro.
“Dopo un’esclusiva deve passare almeno una settimana prima che io possa permettere al mio personaggio di parlare con un altro giornalista” spiega il manager, contratto alla mano. “Per Panorama potrei fare un’eccezione perché non è un giornale di cronaca rosa”. Anche sul cachet? “Sì, il compenso per don Sguotti lo chiediamo solo ai giornali di gossip”. Ma l’ex prete ha già parlato con tutti. E presto, come Lumumba, avrà esaurito le richieste.
“Il manager ha proposto anche a me l’intervista al prete, ma io non ero interessato” racconta il direttore di Oggi Belleri. “Non c’era chiarezza sul servizio fotografico: avrei dovuto comprare un pacchetto a occhi chiusi senza sapere che cosa ci fosse dentro”.
Chiesa è un esperto nel settore. Appena fiuta che un personaggio ha il giusto appeal lo blinda con un contratto di 10 mila euro. E tutto quello che arriva extra è suo. Ma l’impresario piacentino non è il solo a trattare casi di cronaca. Prima di lui il re del mercato era Fabrizio Corona. Sono passati 2 anni dall’intervista che Donato Broco, in arte Patrizia, il transessuale che era con Lapo Elkann la notte dello scandalo, rilasciò al giornale Chi. L’intermediario Corona era riuscito a portare a casa un assegno di molte migliaia di euro, di cui una parte era andata al trans.

Il giovane tunisino si è presentato al funerale della moglie e del figlio, morti nella strage di Erba, con il manager Corona

Azouz Marzouk, la moglie e il figlio sono morti nella strage di Erba

Un anno dopo Corona aggancia Azouz Marzouk, il giovane tunisino divenuto famoso per la strage di Erba, quando Olindo Romano e Rosa Bazzi gli hanno ucciso la moglie e il figlio. All’epoca Corona aveva ingaggiato Azouz (ingiustamente sospettato del duplice delitto) nella sua scuderia e il 24 gennaio si era presentato ai funerali in Tunisia con maglietta griffata “Corona’s” e fotografi al seguito. Oggi il tunisino è finito in prigione per spaccio di droga ma Corona continua a occuparsi di lui.
Chi spera in un’intervista dal carcere deve preparare almeno 5 mila euro. E mettersi in fila se desidera le dichiarazioni il giorno della scarcerazione. In tv, un’esclusiva con lui oggi la si offre per 30 mila euro.
Corona ha comunque superato tutti dopo essere finito in manette nell’ambito dell’inchiesta Vallettopoli: appena tornato a casa, ha monetizzato la sua stessa vita. Prima personalizzando una linea di biancheria intima e poi offrendo interviste esclusive a pagamento (alcune sulla sua vita matrimoniale gli sono valse 50 mila euro) e serate in discoteca dove chiedeva 10 mila euro per 2 ore.
Nel mercato della cronaca da vendere si è affacciato anche Alessio Sundas, manager fiorentino di vip e presunti tali. Il suo ultimo acquisto in scuderia è Marco Ahmetovic, il romeno che ad aprile ha investito e ucciso da ubriaco quattro sedicenni di Appignano del Tronto. Per garantirselo gli ha offerto 8 mila euro. E per far capire di essere un rampante emergente è andato a insidiare anche il campo di gioco di Corona, contattando Azouz.
Sundas ha in mano la bozza del contratto che ha consegnato all’avvocato Roberto Tropenscovino, difensore di Marzouk. “Gli ho offerto 55 mila euro per scrivere un libro e lui ha accettato” assicura. Corona non l’ha presa bene. “Sundas non è un manager, specula sulle disgrazie altrui per farsi pubblicità” attacca. “Ha messo sotto contratto uno che ha ucciso perché guidava ubriaco. Sono scandalizzato”.
Risentita la replica di Sundas: “Da che pulpito, parla il re degli speculatori”.
Ed è una escalation quando il manager fiorentino mostra le raccomandate inviate agli indagati Alberto Stasi, Raffaele Sollecito, Amanda Knox e persino a Luca Delfino, l’assassino ligure della sua ex fidanzata Maria Antonietta Multari (accoltellata in strada perché non voleva tornare con lui). A tutti ha offerto 50 mila euro per le loro memorie. Non ha lasciato in pace neanche le gemelle Cappa di Garlasco, corteggiate da Corona già mesi fa. A loro ha proposto un contratto di 20 mila euro per una linea di occhiali.

Il romeno che ha investito e ucciso quattro ragazzi ha lanciato una linea di abbigliamento

Marco Ahmetovic, ha investito e ucciso quattro ragazzi

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Natalia Aspesi e i gay della tv trash.

Natalia Aspesi, forse oggi la più grande giornalista italiana, tiene da anni una rubrica sul settimanale "Il Venerdì" allegato appunto del venerdì di Repubblica. Molte volte la Aspesi ha risposto a lettere a tema omosessuale, non solo per affari di cuore ma anche di costume. Questa settimana ha voluto toccare il tema del gay-trash televisivo che infuria nei nostri palinsesti ogni qualvolta ci sia di mezzo un gay dichiarato e che ha scelto la sua omosessualità come professione.
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(da Il Venerdì di Repubblica)
Quei gay della tv, tutti gossip e gridolini. Che non rendono giustizia ai gay della realtà.


La lettera

A parte alcune rarissime eccezioni, in quanto gay non mi sento rappresentato dalla schiera di personaggi grotteschi e isterici che in televisione passano da un varietà a un salotto televisivo proponendo il solito insopportabile repertorio di gridolini, travestimenti carnevaleschi, pettegolezzi da rotocalco. Ci mancava l'ultimo reality con il giornalista «impegnato» che all'improvviso si trasforma in pagliaccio di corte, sbandierando nel modo più banale e volgare la sua bisessualità. Lei mi dirà che la televisione è un mondo finto, espressionista, ma penso che il modo migliore per normalizzare ciò che si distacca dalla morale comune è trasformare il «diverso» in una macchietta. Non so se l'omosessualità fa ancora paura, di certo il personaggio della checca strillante è rassicurante per tutti, grandi e piccini. Mi piacerebbe vedere più spesso in televisione qualcuno che mi assomigli: un uomo sobrio, che non strilla, non parla di gossip, non si traveste, non ascolta Mina e Rita Pavone, non ha una vita sessuale promiscua da sbandierare: insomma una persona impegnata in ambito culturale e sociale. Temo che uomini come noi in televisione potrebbero turbare qualche coscienza. È anche vero che l'ambiente gay, dal quale mi tengo il più possibile lontano, è il primo a ricorrere in continuazione a linguaggi e atteggiamenti caricaturali: forse per sdrammatizzare, forse per bisogno di accettazione. Non è un caso che il tipo di uomo che mi attrae e mi fa star bene è quasi un miraggio, ma io cerco una perla rara e sono capace di aspettare.
spiritolibero2007@hotmail.it
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La risposta di Natalia Aspesi.

Vorrei ricordarle che le donne, in quanto tali, in televisione, in mezzo a uomini completamente vestiti, sono spesso seminude, sorridono e lanciano gridolini. Altrimenti il video non le riconosce come donne, il cui dovere è quello di arrapare. Dovere cui si sono adattate anche le nuove donne della politica, di destra, vistose, di coscia scoperta e capigliatura fiammeggiante. Anch'io mi infastidisco quando vedo i gay, veri o finti, fare i gay ormai finti, ma mi chiedo se è necessario quando in televisione parlano uno storico, uno scienziato, un sindacalista o un metalmeccanico, sapere se sono gay. Perché se la risposta è sì, la persona dovrà conformarsi all'immagine stereotipata dell'omosessuale, altrimenti la televisione non riesce a trasmettere la sua scelta sessuale, oppure dovrà presentarsi dicendo sono il professor X, antropologo e gay.

Io penso che per quanto sia stato, sia importante il coming out, uno storico delle religioni, o un ingegnere, o un idraulico, o un attore, o un sociologo o un architetto sono tali al di là della loro sessualità. Non c'è ragione di nascondersi, ma neanche, se non è essenziale, di dichiararsi.

Nella vita la maggior parte degli omosessuali ha abbandonato ogni atteggiamento stereotipato e lo stesso dovrebbero fare in televisione, siano essi comici o ballerini o altro. Altrimenti quei semplificatori degli autori di programmi continueranno a sfruttarli e ridicolizzarli e a tener lontano dal video chi non si adatta a questa estetica fasulla e ghettizzante.

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Omofobia e libertà di pensiero. L'opinione de "L'Osservatore romano".

L'orizzonte etico del confronto

(Adriano Pessina - L'Osservatore romano) L'attuale dibattito, italiano e no, sull'omofobia apre una serie di questioni teoriche che hanno anche risvolti pratici. Il tema dell'omofobia è di solito presentato all'opinione pubblica all'interno del tema dell'intolleranza e dell'ingiusta discriminazione attuata nei confronti di persone che compiono scelte di tipo omosessuale. Se la questione fosse ricondotta entro questi termini si dovrebbe incoraggiare ogni iniziativa che tenda a combattere la cosiddetta omofobia.

Già nel 1986 la Congregazione per la Dottrina della Fede, nella Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica per la cura pastorale delle persone omosessuali si era chiaramente espressa in questi termini: "Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevoli e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei Pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev'essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni" (art. 10).
Ogni convivenza umana, infatti, non può che basarsi sul rispetto reciproco e dovrebbe (ma non sempre è così) riconoscere che la dignità personale è intrinseca ad ogni persona umana, in tutte le fasi della sua vita. Questo riconoscimento, in fondo, non è altro che la traduzione in termini etici del principio di uguaglianza. Ma questo principio non determina di per sé il riconoscimento del valore della pratica omosessuale, né basta per affermare una sorta di indifferenza nei confronti delle scelte delle persone, omosessuali o eterosessuali. L'omosessualità, maschile e femminile, resta, infatti, una questione aperta laddove diventi motivo per negare le differenze e per soffocare il dialogo pensante. Questione che, sul piano clinico, oggi vorrebbe essere chiusa. Infatti, benché Freud e la sua scuola abbiano interpretato l'omosessualità come un disturbo della personalità, nel 1973 l'associazione psichiatrica americana, a maggioranza, ha deciso di togliere l'omosessualità dall'elenco delle malattie psichiatriche, scelta confermata nel 1984 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Da quel momento in poi si è ritenuto che definire malata una persona omosessuale significasse recarle un'offesa e, quindi, esercitare, nei suoi confronti, un atteggiamento intollerante. Il termine omofobia - che di per sé significa paura dell'identico - viene, quindi, introdotto per indicare un atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone omosessuali e viene equiparato al razzismo. Il 18 gennaio 2006 il Parlamento Europeo adotta una Risoluzione contro l'omofobia; il 25 giugno 2006 il Parlamento Europeo approva una Risoluzione per combattere il razzismo e la violenza omofobica. In quel testo, l'omofobia viene definita "come una paura irrazionale o un'avversione contro l'omosessualità e il lesbismo, i gay, le persone bisessuali e transessuali basata sul pregiudizio e perciò simile al razzismo, alla xenofobia e al sessismo". Il Parlamento europeo "sollecita vivamente gli Stati membri e la Commissione a intensificare la lotta all'omofobia mediante un'azione pedagogica, ad esempio attraverso campagne contro l'omofobia condotte nelle scuole, le università e i mezzi d'informazione, e anche per via amministrativa, giudiziaria e legislativa". Ora, si deve notare che tra gli atti che vengono considerati discriminanti c'è il fatto che i "partner dello stesso sesso non godono di tutti i diritti e le protezioni riservati ai partner sposati di sesso opposto, subendo di conseguenza discriminazioni e svantaggi".
Queste affermazioni meritano qualche pacata riflessione. In primo luogo va detto che si potrebbe condividere la condanna dell'omofobia senza per questo condividere l'affermazione che l'omosessualità non sia una patologia. Da un punto di vista logico, infatti, non si capisce perché definire qualcuno malato significhi offendere qualcuno: la malattia, di per sé, non è una colpa e non può essere annoverata tra gli insulti, ma tra le definizioni. Se qualcuno mi dicesse, per esempio, che sono cardiopatico, potrei rispondergli che si sbaglia, ma non che mi offende. Di fatto, per lungo tempo, purtroppo, c'è stato un uso indegno della definizione di una patologia come mezzo per stigmatizzare le persone, identificate con la loro patologia, come è avvenuto per le persone affette da sindrome di Down. Togliere lo stigma sociale alle patologie è un compito che resta da attuare e che non può mai dirsi esaurito. Una patologia non definisce una persona e una persona non è mai la sua patologia.
Si potrà dire che è sbagliato il giudizio clinico formulato fino agli anni Settanta, ma non si potrà concludere che quella valutazione era soltanto una forma di discriminazione o di intolleranza. Ora, poiché la psichiatria e la medicina ufficiale tendono ad escludere che l'omosessualità sia una malattia, non resta che annoverare l'omosessualità nell'ambito degli atteggiamenti personali, delle scelte, delle decisioni di stili di vita.
Ma se l'omosessualità è una scelta libera, uno stile di vita, un certo modo di essere e di esistere, allora resta aperta la questione, che vale per qualsiasi scelta di vita e di modo di essere - come quello eterosessuale, per esempio - di come debba essere valutata, di come, e se, debbano essere socialmente e giuridicamente tutelate le relazioni di tipo omosessuale.
Non basta, infatti, che una scelta sia libera, che un certo modo di essere sia autentico, perché debba essere tutelato, difeso e promosso socialmente e giuridicamente. Il rispetto delle persone va al di là dei loro stili di vita, ma non implica che si debbano apprezzare e condividere anche i loro stili di vita. Si possono "comprendere" certe scelte anche se non le si condividono e anche se si ritiene che non debbano godere di una particolare promozione, senza per questo essere giudicati intolleranti. Discriminare, di per sé, significa distinguere, distinguere significa differenziare e il differenziare e il distinguere non costituiscono alcuna ingiustizia fintanto che non si è dimostrato che queste differenze non esistono. Ora, che l'omosessualità non sia identica all'eterosessualità è evidente: una volta appurato che omosessualità ed eterosessualità sono scelte o modi di relazione, resta aperta la questione teorica della loro valutazione.
Qualsiasi comportamento, infatti, può essere valutato, lodato, biasimato, incoraggiato o no. Un conto, infatti, è il giudizio sulle persone, un altro, invece, è la valutazione dei comportamenti. Così, per esempio, si può dissentire nei confronti della poligamia o, per esempio, della poliandria e ritenere che essa non debba venire tutelata o difesa socialmente. Si può apprezzare l'amicizia e la si può praticare, ma si può anche ritenere che non debba essere giuridicamente tutelata, a differenza di altre relazioni che si ritiene, invece, per vari motivi, di tutelare o vietare (come, per esempio la poligamia o la poliandria).

Il fatto che l'omosessualità non sia né una colpa, né una devianza, né una malattia comporta semplicemente che, come ogni scelta, decisione, pratica relazionale, venga valutata, apprezzata o biasimata. C'è chi non apprezza la pratica della castità, la difesa della verginità, ma non per questo si fanno leggi per tutelarle socialmente e per rieducare chi non condivide questi stili di vita.

Se negli orientamenti sessuali non c'è confine tra normale e patologico, c'è però confine tra ciò che si ritiene moralmente legittimo o no.
Che, storicamente, si siano commessi abusi e ingiustizie nei confronti di persone omosessuali è vero: che oggi questo non deve più accadere è giusto. Ma assimilare quelle ingiustizie alla formulazione di valutazioni etiche che non condividono l'esercizio delle prassi omosessuali, che non condividono l'equiparazione del matrimonio alle unioni omosessuali, è ingiusto ed è lesivo della libertà di pensiero, di opinione e di valutazione. La stessa nozione di omofobia lascia perplessi: l'omofobia sarebbe una nuova forma di patologia socio-culturale da controllare e punire? Nei confronti degli omofobi sarebbe giusto praticare forme di correzione e di biasimo, analoghe a quelle che un tempo alcuni invocavano per le persone omosessuali? E chiunque non condivida l'esercizio della prassi omosessuale può essere definito omofobo?
Ma se l'omosessualità è prassi normale come l'eterosessualità, se è scelta libera e volontaria, perché non può essere discussa e valutata alla stregua dell'eterosessualità? Non tutte le scelte e le relazioni eterosessuali sono da lodare e da incoraggiare: perché mai si può discutere di queste, mentre sarebbe un tabù discutere delle relazioni omosessuali? Qualsiasi persona omosessuale non si sentirebbe in realtà discriminata proprio dal fatto che le proprie azioni godrebbero, a differenza delle azioni e delle scelte degli eterosessuali, di una sorta di tutela preventiva? La persona omosessuale non sarebbe, ancora, posta in una condizione di minorità visto che le sue scelte, i suoi stili di vita, le sue decisioni sarebbero, per definizione, per legge, sottratte a qualsiasi valutazione? L'omofobia, se è ingiustizia, non è né paura né patologia, è un errore che va discusso e corretto nel libero confronto tra persone: i campi di rieducazione di chi ha valutazioni non corrispondenti al pensiero dominante dovrebbero essere storia passata. Alcuni aspetti delle risoluzioni sull'omofobia rischiano di essere simili alla logofobia, cioè alla paura del pensiero, del confronto, della libera discussione. E alla logofobia dovremmo sottrarci tutti, eterosessuali e omosessuali, gay o lesbiche, transessuali o no, se vogliamo prima di tutto riconoscerci come persone, cioè come amanti del lògos che è garanzia per la libertà del valutare, del giudicare, del vivere insieme.
Ma per discutere e per praticare il rispetto reciproco, che è molto di più della semplice tolleranza, occorre riconoscere un terreno comune, bisogna condividere un orizzonte di valori.

Non è vero che il puro soggettivismo etico garantisce il rispetto reciproco. Per rispettare gli altri è necessario comprenderli e per comprenderli bisogna riuscire ad usare, per così dire, un linguaggio comune. Il riconoscimento sociale richiede che si riesca a motivare il valore che viene espresso nella scelta personale, richiede, pertanto, che si costruisca un orizzonte di significati condivisi e condivisibili, richiede un dialogo e un confronto che vada ben al di là della semplice opzione personale.

Un puro soggettivismo etico impedisce questo dialogo proprio perché esclude la commensurablità delle valutazioni e delle scelte. Se il fondamento del valore fosse la pura scelta, in nome di che cosa si potrebbe biasimare la scelta di essere omofobi, intolleranti, razzisti, sessisti qualora fosse, appunto, una libera scelta? Nessuno stato laico o aconfessionale può usare la nozione di giustizia, può appellarsi al rispetto dei diritti e dei valori senza introdurre esso stesso valori e criteri che permettano di distinguere il giusto dall'ingiusto, il lecito dall'illecito. Il dibattito sull'omofobia potrebbe costituire un'occasione per riaprire un dialogo serio e argomentato sulle ragioni e sui valori che permettono una convivenza umana dotata di senso e di rispetto, capace di non trasformare una legislazione contro l'intolleranza in una nuova forma di intolleranza verso chi pensa in modo diverso.

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E’ facile avere un autografo di Johnny Depp.

(The Gossipers) Autograph Magazine, che come il nome suggerisce è esperta in materia di autografi, conosce bene i vip e sa quali sono gentili nel concedersi e quali sono invece più riluttanti a fermarsi per firmare qualcosa ad un fan.

La rivista ha così stilato una sorta di classifica dove Johnny Depp si aggiudica il primo posto come la celebrità che concede più facilmente autografi senza farsi pregare. Oltre che un bravissimo attore Johnny si conferma per l’ennesima volta una persona alla mano e con i piedi per terra.

Altre persone gentili nel fare autografi, sempre secondo Autograph Magazine, sono George Clooney, John Travolta, Jack Nicholson, Katherine Heigl, Russell Crowe e Dakota Fanning. Tra i peggiori ci sono invece Will Ferrell, Tobey Maguire, Joaquin Phoenix, Renee Zellweger, Julie Andrews, Scarlett Johansson e Teri Hatcher.

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Beckham ce l’ha come un “tubo di scappamento”. Altre foto della campagna underwear di Armani.

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(River-blog) Un altro bel proposito natalizio che mi ero fatto, era quello di non postare le foto della pubblicità di David Beckham per Giorgio Armani. Primo perché nello scatto con gli slip bianchi è palesemente photoshoppato, nei “punti giusti”; secondo perché sono foto banali, che nulla aggiungono a quello che si è visto del calciatore; terzo perché non sopporto il fatto che le foto vengano fatte uscire col contagocce, tanto per ottenere, ad ogni uscita, un po’ più di pubblicità.

Contravvengo al mio proposito, perché la signora Beckham ha rilasciato una dichiarazione per mettere a tacere quanti sostenevano che il pacco del marito fosse stato photoshoppato:

Sono fiera di poter avere ancora un’ottima vita sessuale con David. E’ molto proporzionato. Ce l’ha grosso. Davvero. Si vede nella pubblicità. E’ tutto suo. E’ come un tubo di scappamento di un trattore“.

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La soap spoglia il protagonista.

Una telenovela brasiliana ha escogitato un sistema molto semplice per incrementare l'audience: svestire l'attore principale. E lo share vola.
Chissà se ci stanno pensando anche i nostri network e decidano di spogliare chissà... Berruti della noiosissima figlia di Elisa di Rivombrosa... saremmo (si mi ci metto pure io) tutti incollati al televisore...

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Trans-calendario.

(River-blog) L’unico calendario che merita di essere comprato è quello di Amanda Lepore, divino transessuale americano. Costa 30 dollari senza l’autografo; 50 con. Si compra qui.

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A Berlino il numero delle persone che vivono da sole sono la maggioranza. Il tramonto del partner.

(Natalia Aspesi - La Repubblica) Berlino è diventata la capitale sperimentale degli uomini che hanno imparato a rifarsi il letto da soli e delle donne che il Principe Azzurro lo vogliono ogni tanto, perché sanno che nella quotidianità potrebbe diventare un Cavaliere Noiosissimo o addirittura un Dittatore Manesco. Fa impressione: un milione e settecentomila persone che vivono senza un partner (ma molti, è probabile, con figli), più della metà degli abitanti della città.

In tutto il mondo, qualunque sia la lingua, questi solitari dalla vita desolata o sfolgorante, si chiamano single, un marchio abbastanza recente per una nuova popolazione di egoisti o di sfigati che cercano affannosamente qualcuno disposto a sposarli o comunque a far loro compagnia, o che con altrettanto affanno si difendono da qualunque intrusione nella loro pace solitaria o nella loro sfrenata promiscuità. Single è una parola che dà una connotazione positiva e allegra alla scapolaggine e allo zitellaggio, ne fa una scelta ardita di modernità, mette nell´angolo la coppia con prole, ridicolizza i family day, spinge le industrie alimentari a produrre confezioni individuali per chi ritiene inutile sbattersi in cucina solo per se stesso, crea un nuovo mercato per un nuovo consumatore in bilico tra disordine e malinconia, convincendolo della sua fortuna, come se la solitudine fosse un privilegio raro: un mercato di giovani momentaneamente soli, di non più giovani e di anziani con poche possibilità di non esserlo più.

Single è onnicomprensivo: uomini e donne, non sposati, separati, vedovi, divorziati, (che la legge italiana chiama "liberi di stato"), persone non legate ad altre, non conviventi, sole per diverse ragioni; sono tutti single. E gli scapoli, e le nubili, e le zitelle? Appartengono al passato, e per esempio i giovanotti che un tempo vivevano soli, scapoli per eccellenza, inutilmente molto bramati da signorine e loro madri ingenue, erano talvolta omosessuali impossibilitati a dichiararsi tali: oggi anche loro vivono spesso in coppia (o con la mamma) e se imborghesiti, si sposano tra uomini (in Inghilterra o Spagna) o anelano a leggi che in qualche modo sanciscano la loro unione (in Italia, con Binetti e Mastella noiosamente contrari).

Un tempo la capitale degli scapoli maturi e contenti era Londra, vedi Gli scapoli di Muriel Spark, pubblicato da poco da Adelphi. E comunque l´Inghilterra era, o è, la patria di uomini di discreto fascino e possibilità economiche, terrorizzati dalla sola idea di una possibile convivenza con una creatura di sesso femminile: figura esemplare quella creata da Edward Frederic Benson negli anni Venti del secolo scorso per la magnifica serie dedicata alla imperiosa Lucia; Georgie Pillson, il molto corteggiato ma inafferrabile dandy dedito al ricamo, al collezionismo e alla pittura all´acquarello. Abbondanti, nella letteratura inglese, anche le zitelle contente e ficcanaso, come la famosissima Miss Marple creata da Agatha Christie. Cose anglosassoni, di simpatica saggezza, totale indifferenza erotica, discreto conto in banca e marmoreo egoismo.

Da noi tutto diverso, nessuna parità per esempio tra scapolo e zitella. Nei secoli scorsi era più facile trovare vedovi che scapoli, uomini cioè la cui prima signora se ne andava al creatore dopo qualche parto, sicché a lui era possibile sostituirla con una più giovane, in attesa che anche lei spirasse consentendo all´uomo di ricominciare da capo. Scapolo era una bella parola e lo è tuttora, a trovarne: già giovanissimi da noi oggi i maschi si impegnano, con una lei o un lui, mancano quindi se non per qualche eccezione, quei bei quarantenni mai sposati, fascinosi ed etero che occupavano le operette di Offenbach o le commedie di Oscar Wilde.

In ogni caso adesso non si trovano neppure più vedovi, tanto sono veloci a risposarsi. Una signora non giovane ma molto giovanile raccontava come nel giro di pochi mesi tre suoi coetanei avevano perso l´amata sposa, e lei, vedova, ci aveva fatto un pensierino. Peccato che in un baleno gli inconsolabili si erano risposati, naturalmente con signore più giovani di almeno vent´anni. In Italia le ragazze che non riuscivano ad accaparrarsi un marito (impresa, nei dopoguerra, di estrema difficoltà data la scarsità di uomini sopravvissuti ai conflitti), entravano in uno strano non luogo, in una vita non vita, diventando un fastidio, un peso in famiglia, non avendo accesso a un lavoro che non fosse servile.

C´erano le nubili e le zitelle: le prime anche se non maritate, meritavano rispetto almeno apparente, in quanto sufficientemente provviste di denaro ereditato, vedi Eugenie Grandet come la raccontano appassionatamente il romanzo di Balzac e il film di Soldati. Le zitelle, un disastro. L´idea era quella che una donna privata dal magico potere taumaturgico del sesso maschile, (non essendo immaginabile che pur senza marito, una signorina di buona famiglia potesse fornicare) e della ancora più indispensabile maternità, doveva subire orribili conseguenze, diventando isterica o pazza. La zitella poteva essere indicata dagli studiosi come "disastro per l´umanità" o più semplicemente come "donna superflua". Siccome, non procreando, aveva più possibilità di vivere e invecchiare rispetto alle spose che morivano come mosche partorendo (sino almeno alla fine del XIX secolo per ignoranza medica), il suo calvario era lunghissimo. E visto che zitella era anche sinonimo di cattiveria, sempre a causa della mancanza del maschio, molte diventavano cattive sul serio, per difesa o vendetta; come La cugina Bette di Balzac, interpretata nel film da una ultracattiva Jessica Lange.

Zitella, zitellona, e anche zitellone (usato raramente, per uomini assolutamente impresentabili), divenne un insulto dei più virulenti. Danno e beffe, in passato, e adesso? Si è almeno eliminata la parola offensiva, sostituita dall´amabile e neutro single: per educazione, per buon gusto, ma anche perché almeno formalmente le cose sono molto cambiate.

Le donne sono diventate autonome economicamente, possono vivere come vogliono, restare, o tornare zitelle. Non è l´inferno se non si sposano, non è la fine se divorziano: essere single può essere una condizione vivace e serena soprattutto per le donne che magari ci restano a lungo o per sempre, per scarsità di uomini disponibili ma anche perché loro stesse sono diventate più esigenti e cercano certe perfezioni che non esistono, non sono mai esistite (ma in passato si chiudeva un occhio, adesso più): essere sole non è più un fastidio familiare e un anatema sociale, anche se ancora devi avere almeno un gentile amico meglio se gay che ti fa da cavaliere ai pranzi eleganti dove è obbligatoria la coppia per ragioni di etichetta e posti a tavola.

La zitella, quella che non si sposa, è rara, ma c´è invece un fiume di separate, di divorziate, che si confrontano con un rivoletto di separati, divorziati, molto sfuggenti, e molte di loro, dopo una rovinosa esperienza matrimoniale, se la godono. Per le signore chiamarsi single può essere una consolazione, addirittura un ardimento, come racconta Maria Rita Parsi nel suo libro Single per sempre. Storie di donne libere e forti in cui dieci donne raccontano come hanno smesso di farsi illusione sul maschile e hanno quindi rinunciato alla presenza fissa di un uomo nella loro vita.

Ma non sono poi così tante quelle che scoprono i piaceri della solitudine: molte sono ancora lì ad aspettare una nuova anima gemella, e scrivono alle rubriche del cuore, entrano nelle chat, si danno da fare e spesso prendono nuove fregature. L´Italia non è Berlino: anche se la coppia è un disastro, se non si è un´eroina, la si sopporta meglio della beata solitudine.

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La reazione di "Libero" al Trattato Europeo firmato a Lisbona.

L'Europa si rifà il look e strizza l'occhio agli omosex.
Europa: nuovo Trattato e solite ideologie
Il Trattato europeo si firma, per la seconda volta in tre anni, senza nominare i simboli. E nemmeno le radici giudaico-cristiane, per non scandalizzare i filo-massoni…

(Libero) Scompaiono dalle istituzioni europee la bandiera con le dodici stelle e l'Inno alla gioia di Beethoven. Sopravviveranno ufficiosamente ma, per far contenti tutti, il Trattato europeo si firma, per la seconda volta in tre anni, senza nominare i simboli. E nemmeno le radici giudaico-cristiane, per non scandalizzare i filo-massoni à la Chirac. Ora sono ventisette i Paesi comunitari che dovranno ratificarlo. Per evitare sgradite sorprese, come quelle uscite nel 2005 dai referendum francese e olandese, stavolta si aggirerà l'ostacolo del consenso popolare. Dovunque, tranne che in Irlanda, dove la Carta fondamentale impone il ricorso al referendum, si passerà dai Parlamenti nazionali, con l'obiettivo di far approvare il documento prima delle elezioni Europee 2009. Dopo la firma della Carta dei diritti fondamentali dell'Ue, avvenuta mercoledì a Strasburgo, anche il Trattato va incontro, con la stessa formulazione, alle aspettative dei gay con l'articolo 5, che recita: «Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione mira a combattere le discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale». Con la differenza che il riferimento all'orienta mento sessuale, già contenuto nella Carta dei diritti, lanciata come documento non vincolante dal Trattato di Nizza, con quello di Lisbona diventa vincolante. Una frasetta, che obbligherà ad adeguare gli ordinamenti nazionali ad applicare le orme anti-omofobia. A meno di una petizione popolare.

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Omofobia, Elisabetta Gardini (FI): Mai pronunciate parole offensive.

(Il Velino) "Le parole fanno male, soprattutto quando possono, anche involontariamente, incitare all'odio e trasformare l'avversario politico in 'nemico' da additare all'insulto e alla gogna mediatica, trasformandolo in bersaglio di una sorta di 'stalking'. Per questo vi chiedo di rettificare quanto erroneamente riportato dall'articolo 'Ddl omofobia quasi via libera. L'Udeur vota con la Cdl', pubblicato su Repubblica.it giovedi' scorso". Lo ha detto Elisabetta Gardini, segretario di Forza Italia della commissione Affari sociali della Camera dei deputati, in una lettera aperta inviata a Repubblica.it."Il virgolettato che mi viene attribuito ('persino Freud odiava gli omosessuali') non e' mai stato da me pronunciato. Cosi come non e' mai avvenuto il 'battibecco' tra me e Franco Grillini, cui lo stesso articolo fa riferimento. È tutto facilmente verificabile prendendo visione del Bollettino relativo ai lavori della commissione Giustizia di giovedi' 13. La preoccupazione che ho espresso nel mio intervento, condivisa da tanti colleghi anche di maggioranza, e' che con il Ddl contro l'omofobia - ha concluso Gardini - si introduca nel nostro ordinamento il reato di opinione, lesivo del principio della libera manifestazione del pensiero, garantito dalla Costituzione. Su un punto cosi delicato sarebbe auspicabile abbandonare ogni tentativo di delegittimazione dell'avversa e favorire, invece, l'approfondimento e il confronto nel merito della questione".

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Teatro. “Il principe azzurro è gay” in scena fino al 23 dicembre.

Un natale di risate al Teatro Campo D’Arte.

(Cristina Colaninno - Abitarearoma.net) Per chi è cresciuto con le favole di Walt Disney ed i libri di Jane Austen, in attesa di un principe azzurro e di un Mr Darcy che non arrivano mai la commedia in scena al Teatro Campo D’Arte: “Il principe azzurro è gay” è un serbatoio si sane risate catartiche, che esorcizzano deliziosamente le amarezze nelle quali, dall’adolescenza in poi, tutti sono incorsi.

Scendendo le scale ci si sente un po’ come Alice quando precipita nella tana del coniglio bianco per poi sbucare nel paese delle meraviglie; i divanetti piccoli, le sedie imbottite e il pianoforte danno la sensazione di trovarsi in un’ epoca non bene identificata. Quando lo spettacolo ha inizio ci si trova proiettati nella quotidianità di un’infanzia vissuta agli inizi degli anni ‘80 alle prese con la casa di Barbie ed il suo storico fidanzato…il mitico Ken, che solo nelle case più progressiste poteva venir sostituito dal moro e statuario Big Gym.

La storia ha inizio poco prima del matrimonio di una delle tre protagoniste con il super-bello, super-ricco e super-americano Bob, un uomo teoricamente perfetto se non esistesse ancora nella mente e nel cuore della sposa Giangiacomo; l’ex. La loro storia è finita da quattro anni ma, come si sa, ciò che non abbiamo è sempre di gran lunga migliore di ciò che possiamo tranquillamente avere e questo genera i famosi ripensamenti dell’ultimo minuto destinati a confluire in un finale a sorpresa.

In un'atmosfera da cartone animato, con colori acidi, dall’incontro delle tre donne emergono le paure, i fantasmi, i sogni, che animeranno i preparativi, rendendo l’evento un matrimonio fuori dal comune. Un atto unico esilarante, giocato su tre personaggi al limite tra la realtà ed il grottesco. La trasformazione di una semplice commedia quotidiana in un concentrato di ironia con un ritmo incalzante, che fino all'ultimo non lascia presagire l'epilogo. Uno spaccato autoironico sulle relazioni, sulla difficoltà di diventare grandi e sulla paura di restare sole.

Questa creazione, tutta al femminile riserva al principe azzurro l'unico ruolo, importante ma fittizio, di musa ispiratrice.
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Il Principe azzurro è gay, una storia al femminile
con Rita Gianini, Graziella Salerno, Francesca Venturi
regia di Graziella Salerno

Teatro Campo d'arte
Via dei Cappellari , 93
Dal martedì al sabato ore 21.00
Domenica ore 17 - Lunedì chiuso
Costo biglietti: 10 euro
Info e prenotazioni: 3881106537 - 347.2926032

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L’Olanda lancia la campagna «gay è bello».

(Andrea Tornielli - Il Giornale) Due milioni e mezzo di euro, quasi 5 miliardi di vecchie lire, da destinare a una campagna contro l’omofobia, per convincere chi «segue uno stile di vita religioso più ortodosso» della «normalità» dell’omosessualità. Li investirà dal 2008 al 2011 il governo olandese, che nei giorni scorsi ha annunciato il finanziamento. Dunque, chi segue uno stile di vita religiosamente «ortodosso» dovrà essere catechizzato e convinto che non c’è nulla di male o di riprovevole nel comportamento omosessuale.
Ronald Plasterk, dallo scorso febbraio ministro dell’Educazione, proveniente da una famiglia cattolica, presentando il progetto ha ammesso che gli omosessuali godono in Olanda degli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino, ma ha spiegato che «dal punto di vista sociale l’accettazione dell’omosessualità non è così automatica soprattutto presso alcune minoranze etniche o presso persone che seguono stili di vita religiosamente ortodossi».
Nel mirino del governo sono innanzitutto i giovani musulmani, nelle scuole, nelle palestre e nelle associazioni. Ma è evidente che anche qualche cattolico potrebbe rientrare nelle categorie «a rischio», come chiunque altro abbia nel suo subconscio qualche obiezione alle pubbliche manifestazioni di omosessualità. L’attivista gay Franc van Dalen, presidente nazionale dei gruppi gay olandesi (Federazione delle associazioni per l’integrazione dell’omosessualità in Olanda), ha ricordato che un recente sondaggio tra la popolazione del suo Paese ha dimostrato che il 48% dei cittadini rimane scioccato nel vedere due uomini che si baciano e che questa percentuale sale al 75 fra gli immigrati.
L’Olanda è stato il primo Paese al mondo a istituire il matrimonio tra persone dello stesso sesso e a consentire a due partner gay di adottare un bambino. Il governo olandese, ha spiegato il ministro per l’Aiuto allo sviluppo olandese, Bert Koenders, «promuoverà al massimo l’uguaglianza dei diritti per i gay, e su ciò non si discute». Per questo sono state date istruzioni agli ambasciatori di aumentare le pressioni nei confronti di quelle nazioni che criminalizzano l’omosessualità.

Dalle dichiarazioni dei ministri olandesi, si comprende però chiaramente che l’obiettivo della campagna non sono i diritti dei gay, quanto il tentativo di convincere chi ha sull’omosessualità opinioni diverse – in base a credenze religiose – per «rieducarli».
«Usare denaro pubblico per questo tipo di campagne – dichiara al Giornale Carlo Casini, parlamentare europeo, docente di diritti umani e di bioetica, presidente del Movimento per la vita italiano – mi sembra qualcosa che si avvicina al totalitarismo. Oggi si dibatte molto sulla possibilità che hanno i governi di influenzare gli stili di vita dei loro cittadini, ad esempio con campagne per una corretta alimentazione o contro il fumo. Io mi domando – continua Casini – se non vi sia da parte dei governi una responsabilità precisa nel promuovere campagne per il rispetto dei diritti umani, primo fra tutti quello alla vita, dal suo concepimento al suo fine naturale».
«Nessuno vuole negare diritti agli omosessuali, che in quanto persone godono degli stessi diritti di tutti i cittadini. Ma i rapporti tra di loro, la loro compagnia, non è qualcosa che abbia un pubblico interesse. L’interesse pubblico, come sancito nella Dichiarazione dei diritti umani, è rappresentato dalla famiglia, nucleo fondamentale della società. I gay non possono pretendere che i loro privati legami affettivi diventino di pubblico interesse. Il caso olandese, va oltre. Oltre il Grande Fratello di orwelliana memoria: si pretende di colpire, di “rieducare” chi la pensa diversamente sull’omosessualità!».

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