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mercoledì 2 luglio 2008

Liberata Ingrid Betancourt dopo sei anni nelle mani delle Farc.

betancourt
(Panorama) La senatrice colombiana, Ingrid Betancourt, è stata liberata oggi da un blitz dell’esercito, dopo sei anni in mano alle Forze armate rivoluzionarie (Farc). Con lei anche altri 14 ostaggi: tre americani e undici soldati colombiani. Secondo le prime informazioni le sue condizioni di salute sono buone, anche se il lungo peridodo di prigionia nella jungla l’ha molto debilitata. La notizia è stata riferita dal ministro della Difesa, Juan Manuel Santos.

Le numerose campagne condotte in tutto il mondo per la sua liberazione, hanno trasformato la Betancourt nel simbolo di tutte le persone prese in ostaggio nella lunga crisi colombiana. Nel video e nella lettera inviate dalla guerriglia nel novembre 2007 come prove della sua sopravvivenza, la senatrice appariva come una donna senza speranza, praticamente allo stremo, solo l’ombra della leader politica combattiva e di carattere, che aveva retto con coraggio i primi anni di prigionia.

Nata il giorno di Natale del 1961, ha studiato a Parigi, dove il papà, Gabriel Betancourt, era ambasciatore presso l’Unesco.
Che avrebbe fatto strada lo predisse il poeta cileno Pablo Neruda, che un giorno, dopo aver letto una sua poesia, sentenziò: “Questa bambina andrà lontano”. Sposata in prime nozze con Fabrice Delloye, diplomatico e padre dei suoi due figli, Melanie e Lorenzo, ha divorziato per tornare a unirsi in matrimonio con un manager colombiano di origine francese, Juan Carlos Lecompte.
A 33 anni è entrata alla Camera, e quattro anni dopo ha varcato le porte del Senato con il partito Verde Oxigeno, con cui, senza alcun apparato, ha ottenuto nel 1998 158.184 preferenze, il maggior numero mai raggiunto da un candidato colombiano. La sua carriera politica è stata rapida, grazie all’impegno pacifista e alle battaglie parlamentari contro la corruzione, fino alla pubblicazione nel 1996 del libro Sì sabia (Sì, lo sapeva) sul finanziamento della campagna del presidente Ernesto Samper da parte del Cartello di Calì della cocaina.

Il suo sequestro, e quello della vice-candidata presidenziale e amica, Clara Rojas, era avvenuto durante un rischioso viaggio fra le città di Florencia e San Vicente del Caguan, capoluogo della “zona di distensione” nel sud della Colombia, controllata all’epoca dalle Farc, appena cinque giorni dopo la rottura del negoziato di pace con l’allora presidente Andres Pastrana.
Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, si è proposto più volte come mediatore con le Farc per la liberazione degli ostaggi, incontrando sempre l’opposizione del presidente Alvaro Uribe. La sua mediazione il 10 gennaio scorso ha portato alla liberazione di Clara Rojas e di un altro ostaggio, Consuelo Gonzales De Perdomo. Il 28 febbraio scorso le Farc hanno lasciato andare un’altra ex parlamentare rapita, Gloria Polanco, 49 anni, sequestrata nel 2001 insieme a due dei suoi tre figli, poi liberati nel 2004. Le Farc nel 2005 avevano ucciso suo marito in un’imboscata.
Ingrid Betancourt era stata dichiarata nel dicembre 2003 cittadina onoraria di Roma dall’allora sindaco Walter Veltroni, ed è stata anche candidata al premio Nobel per la pace.
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Si iscrive a gruppo gay su Facebook a nome di un amico: Querelato.

Il popolare sito di Networking teatro di uno scherzo che finisce in tribunale.
(4minuti.it) Un ex compagno di scuola ha aperto un account a suo nome su Facebook, noto sito di scambio foto e social networking, e si è iscritto a un gruppo gay. In Gran Bretagna scoppia così il primo caso giudiziario di diffamazione su Facebook. A rivolgersi alla giustizia un uomo d'affari. Il profilo falso e diffamatorio conteneva il suo nome e la sua data di nascita, ed è rimasto online per 16 giorni, nei quali è stato iscritto a un gruppo gay. L'ha scoperto il fratello della vittima.

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Lettera di Casini e Veltroni a Fini: “Il governo sta espropriando il Parlamento”.

Veltroni e Fini

(Panorama) Il governo sta tentando “di espropriare di fatto il Parlamento delle sue prerogative” attraverso la presentazione della Manovra sotto forma di decreto. &EGrave; quanto scrivono, in una lettera indirizzata al presidente della Camera, Gianfranco Fini, i leader dell’Udc e del Pd, Pier Ferdinando Casini e Walter Veltroni. La lettera a FIni è firmata anche dal capogruppo del Pd, Antonello Soro e dal vicecapogruppo vicario dell’Udc, Michele Vietti.

La lettera ricorda che “in questi giorni la Camera è impegnata nell’esame di un complesso di provvedimenti di grande rilievo, sia sul piano dell’ordinamento costituzionale, sia sul piano dei conti pubblici”, sui quali “è fondamentale che i parlamentari possano esprimere compiutamente i loro giudizi ed esercitare responsabilmente la funzione che la Costituzione assegna loro”.
“Il rischio estremamente grave” sottolineano Veltroni e Casini “è che questo possa non accadere. E il motivo è nella evidente volontà del Governo di comprimere, con le procedure scelte, i tempi della discussione, fino al punto di cambiare in corsa le regole del gioco e di espropriare di fatto il Parlamento delle sue prerogative. Se si manca di rispetto al Parlamento si colpisce il primo diritto che in democrazia è dato alla minoranza: quello di veder discusse le sue ragioni. Un diritto inviolabile quanto quello del rispetto della legittimità della maggioranza”.
Pd e Udc chiedono pertanto a Fini “di salvaguardare in questo difficile passaggio il ruolo e la dignità del Parlamento, garantendo i tempi e le modalità necessarie ad affrontare alla Camera, come è giusto e doveroso, temi e concrete questioni che riguardano da vicino la vita di milioni di famiglie italiane”.
“La manovra economica del Governo di cui in queste ore si sta discutendo alla Camera” proseguono Veltroni e Casini “si configura, con i suoi ottantacinque articoli, come una vera e propria legge finanziaria, cosa peraltro riconosciuta dallo stesso Governo nel Dpef. L’opposizione da noi rappresentata ritiene che questa manovra debba essere fortemente corretta.
Ritiene che non sia adeguata ad affrontare la crisi in cui versa il Paese e a rispondere alle domande ed ai bisogni degli italiani”. In particolare Pd e Udc sottolineano l’aumento delle tasse dello 0,2 per cento nel 2010, nonché i tagli alla sicurezza e alla scuola”. Inoltre “mentre le spese delle famiglie aumentano, nulla viene fatto di concreto per tutelare i risparmi e il potere d’acquisto di salari e stipendi”. Non lo è certo “la ’social card’, finanziata per soli 200 milioni ed esclusivamente per il 2009, a fronte di maggiori entrate tributarie, con la cosiddetta ‘robin tax’, pari a circa 5 miliardi”.
“Da parte nostra, signor Presidente” proseguono Casini e Veltroni “c’è la volontà di svolgere il ruolo di opposizione che l’esito delle elezioni ci ha assegnato in un modo netto e incalzante, entrando sempre nel merito delle questioni, privilegiando il dibattito, la critica e la definizione di proposte alternative. Non saremo noi a tornare al passato, a ricadere nel clima rissoso e sterile di questi ultimi quindici anni, a guardare troppo indietro o troppo a se stessi per occuparsi delle riforme e delle scelte di innovazione necessarie al nostro Paese come l’aria che respiriamo”.
“Noi crediamo” si legge infine nella lettera “che esattamente di questo l’Italia abbia bisogno. Si ristabilisca dunque la giusta gerarchia delle priorità, mettendo al primo posto i problemi degli italiani, e si garantisca che su di essi si possa svolgere, nelle istituzioni e in ogni ambito politico, quel confronto aperto e approfondito che è l’unico modo per assicurare al Paese crescita ed equità sociale”.

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Bolognapride. Facciamo Breccia, Arcigay, Arcilesbica: vergognatevi!

(Livingston, il blog di Marco Mazzei) Da tempo penso che i “dirigenti” del “movimento” omosessuale italiano siano inadeguati. Lo penso a bassa voce perché altrimenti dovrei anche chiedermi: perché non fai qualcosa tu?
Ho rispetto per chi, comunque, si impegna e lavora anche per me. Però a tutto c’è un limite. Quello che è accaduto durante i discorsi dal palco del Pride di Bologna è vergognoso: dai due comunicati che pubblico qui sotto di capisce benissimo una cosa, cioè che così non andiamo da nessuna parte.
Secondo me hanno torto tutti e hanno il torto gravissimo di non essere riusciti a ricomporre questa frattura prima che diventasse un comunicato e poi un controcomunicato. Per litigare in questo modo infantile non servono dirigenti, bastano quattro bambini delle elementari.

Comunicato di Facciamo Breccia sui fatti avvenuti al Pride di Bologna.
Facciamo breccia esprime sconcerto e preoccupazione politica per quanto avvenuto ieri, 28 giugno 2008, alla conclusione del pride di Bologna, a Graziella Bertozzo, nostra compagna di lotta e figura storica del movimento lgbt italiano.
Durante gli interventi conclusivi, mentre parlava Porpora Marcasciano, vicepresidente del MIT e attivista di Facciamo Breccia, il nostro coordinamento saliva sul palco per aprire uno striscione con la scritta: “28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia” per rivendicare la storia del movimento lesbico, gay e trans che in quella data aveva ottenuto il Cassero di Porta Saragozza, prima sede assegnata da un’istituzione pubblica al movimento, poi restituita nel 2001 alla Curia. Graziella Bertozzo, a differenza delle altre e degli altri attiviste/i di Facciamo Breccia, viene fermata all’ingresso del palco da una volontaria del Comitato Bologna Pride e da questa additata ad un uomo in borghese che non si è qualificato in nessun modo e che solo dopo avremmo appreso che era un funzionario della Digos. Graziella viene spintonata a terra e quindi cerca di rialzarsi (non sapendo che l’uomo che l’aveva fermata era un funzionario di polizia), intervengono allora altri poliziotti in divisa, la ammanettano e la trascinano fuori dalla piazza tenendole una mano sul collo, abbassandole la testa verso terra, la caricano a forza su un cellulare e la portano via a sirene spiegate. Altri compagni di Facciamo Breccia cercano di intervenire e altre persone presenti al pride o affacciate alle finestre gridano che la “signora” non aveva fatto niente e che la situazione era incomprensibile. Graziella viene rilasciata dopo tre ore di fermo, indagata per “Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni finalizzate alla resistenza”.
Graziella stava partecipando ad un’azione di comunicazione politica con altri/e compagni e compagne che rientrava nei contenuti che Facciamo Breccia ha scelto di portare in piazza al pride di Bologna, mostrando uno striscione che due ore prima, durante il corteo avevamo aperto davanti al Cassero di Porta Saragozza, per rivendicare la storia del movimento lgbt che in questo periodo le destre e il Vaticano stanno tentando di oscurare e criminalizzare in ogni modo, per ridurre nuovamente le nostre soggettività al silenzio.
Il Cassero è stato simbolicamente circondato di drappi rosa e arricchito di cartelli di rivendicazione politica, la polizia ha lasciato svolgere l’azione del tutto pacifica che ha riscosso molto riconoscimento dai/dalle partecipanti al corteo che hanno festosamente preso parte.
Siamo sconcertate/i che, alla conclusione di un grande corteo che pacificamente e festosamente voleva rivendicare diritti e cittadinanza per tutte/i, sotto il palco sia potuto accadere un simile fatto ai danni di Graziella Bertozzo, una delle prime lesbiche visibili del nostro movimento, per anni alla direzione di Arcigay – Arcilesbica, da sempre impegnata in tanti percorsi per i diritti di lesbiche, gay e transessuali e, tra le altre cose, una delle organizzatrici del Forum Sociale Europeo di Firenze del 2002.
Non si era mai vista la polizia legittimata sul palco di un pride: il concetto di “sicurezza” messo in opera, - in una manifestazione dal clima del tutto pacifico - è risultato un’azione violentemente repressiva e diffamatoria contro un’attivista riconosciuta da tutte e tutti.
Chiediamo oggi a tutte le componenti del movimento lgbt italiano e a tutte le soggettività politiche che si riconoscono nelle istanze di autodeterminazione, cittadinanza, diritti di assumersi la gravità di quanto avvenuto e di prendere posizione in merito ad accuse paradossali comminate ad una nostra compagna. Chiediamo a tutte e tutti, ed in particolare al Comitato Bologna Pride, di spendersi affinché la questione giudiziaria si chiuda immediatamente rendendo chiaro che l’azione di polizia è stata causata da un abnorme “equivoco”.
Dal sito facciamobreccia.org

Presa di posizione di Arcilesbica ed Arcigay nei confronti di Facciamo Breccia
ArciLesbica e Arcigay denunciano che la rete Facciamo Breccia, che non ha aderito al Bolognapride, ha imposto con la forza e il dolo la sua presenza sul palco, con uno striscione recante la scritta “28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia” ed esibito durante l’intervento di Porpora Marcasciano a nome del Mit e non di Facciamo
Breccia. In questo senso ci stupisce e ci addolora l’atteggiamento avuto da Marcella Di Folco, presidente nazionale del Mit e portavoce del Pride, che non si è opposta a che ciò accadesse.

ArciLesbica e Arcigay giudicano assolutamente inqualificabili le provocazioni di Facciamo Breccia nei confronti degli organizzatori del Pride nazionale di Bologna. Graziella Bertozzo di Facciamo Breccia, anche lei animata da una ostinata volontà di lasciare un segno negativo su un Pride peraltro stupendo, ha creato un incidente di cui è la sola responsabile.

Facciamo Breccia ora strumentalizza l’episodio attribuendone la responsabilità agli organizzatori e ai volontari del Pride, colpevoli di non sapere chi è Graziella Bertozzo. Non è una colpa non conoscere lei, i suoi passati o attuali ruoli. E’ invece un dato di fatto cheBertozzo non aveva diritto di salire sul palco, e come lei non hanno parlato altri. Graziella Bertozzo non è nuova ad azioni ed atteggiamenti alterati e aggressivi, l’uso della violenza verso le volontarie del Pride e gli agenti di Polizia hanno portato al fermo e alle conseguenti denunce. Per non alimentare scoramento nella piazza che dimostrava la capacità del movimento lgbt di continuare a lottare, dal palco abbiamo fatto appello alle forze dell’ordine perché rilasciassero la Bertozzo. Oggi però in nessun modo vogliamo esprimere solidarietà nei confronti di una militante sempre in cerca dello scontro.

Nondimeno, il presidente del Comitato Organizzatore (nonché presidente di Arcigay Emilia-Romagna) si è recato in Questura, accompagnato dagli avvocati contattati dagli organizzatori, da Vladimir Luxuria, Francesca Polo e Paola Brandolini (segreteria nazionale Arcilesbica) e ha caldeggiato che la Bertozzo fosse rilasciata, così come sempre
avvenuto in situazioni analoghe.

Ciò che è gravissimo è che Facciamo Breccia ometta di dire che Riccardo Gottardi è stato preso a schiaffi da Elena Biagini e altri militanti gli hanno messo le mani addosso in segno di sfida. Il Segretario nazionale di Arcigay è stato minacciato e tutta l’associazione insultata, nella migliore tradizione del fascismoviolento.

Arcigay ed ArciLesbica dichiarano che d’ora in avanti non intratterreanno più alcun rapporto politico con Facciamo Breccia, una rete che usa la pratica della slealtà, della ricerca dell’incidente, della manipolazione dei processi decisionali, della contrapposizione aprioristica con l’organizzazione di un Pride nazionale in quanto sostenuta dalle principali associazioni lgbt italiane.

La nostra rivoluzione è gioiosa, mentre le pratiche di Facciamo Breccia sono tristi e maschiliste, intrise in qualche caso di astio e problemi personali di personaggi inaffidabili; nei casi in cui si tratta di pratiche politiche, suscitano il nostro disaccordo profondoper la loro autorefernzialità e mancanza di prospettive.

Per quanto ci riguarda la non violenza è la discriminante per poter appartenere a pieno titolo al movimento lgbt e non intendiamo in alcun modo retrocedere né farci intimidire. Denunciamo, quindi, davanti a tutto il movimento ciò che è realmente accaduto, che per quanto ci riguarda avrà immediate e ferme conseguenze in tutte le sedi politiche e giuridiche.

Tutta la nostra solidarietà va a Riccardo Gottardi e alle persone ed ai volontari che hanno lavorato incessantemente e si sono adoperate a che la natura festosa e non violenta del Pride non venisse snaturata, per questo fatti oggetto di insulti, minacce, aggressioni verbali e fisiche.

Aurelio Mancuso Presidente nazionale Arcigay
Francesca Polo Presidente nazionale Arcilesbica

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Aids. Il governo pensa ad una nuova campagna di prevenzione.

Il sottosegretari Fazio: "Nei paesi occidentali l'Aids non e' piu' un'emergenza".
(Ansa) Una nuova campagna di prevenzione dell'Aids e' allo studio del Ministero di Lavoro, Salute e Politiche sociali. Lo ha detto oggi a Roma il sottosegretario Ferruccio Fazio, intervenendo nell'incontro organizzato dall'Istituto Superiore di Sanita' per annunciare l'avvio della Fase 2 della sperimentazione del vaccino italiano.
Oltre alla campagna anti-Aids, e' allo studio una nuova campagna contro il fumo.

Sulla campagna per la prevenzione dell'Aids, ancora tutta da definire, Fazio ha osservato che l'obiettivo e' 'mettere a conoscenza del rischio reale'. E' vero, ha aggiunto, che nei paesi occidentali l'Aids non e' piu' un'emergenza, 'ma si osserva una ripresa delle infezioni fra eterosessuali e omosessuali, segno di una ridotta percezione del rischio.

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Pirati e sodomia? Una fantasia.

Pirati, armi improprie dei potenti.
(Valerio Evangelisti - Il Corriere della Sera) Philip Gosse riesce in un'operazione apparentemente impossibile: condensare in un numero limitato di capitoli un tema ampio che abbraccia diversi secoli e differenti quadranti del mondo, come la storia della pirateria. Lo fa con onestà, capacità di sintesi e chiarezza narrativa. Soprattutto, evita le seduzioni a cui si è prestata di recente certa saggistica, di matrice soprattutto libertaria, che ha scorto nelle «repubbliche dei pirati» (secondo la definizione di Hakim Bey, Le repubbliche dei pirati, Shake 2008) il regno dell'utopia, o addirittura della rivoluzione sessuale. Pure sciocchezze, visto che dai Fratelli della Costa fino a Jean Lafitte e oltre, per non parlare di tempi più remoti, i fuorilegge del mare hanno sempre unito, alle attività consuete di rapina, quella altrettanto fruttuosa di mercanti di schiavi.

Quanto alla libera sessualità, coincideva con quella dei bordelli. Le donne pirata, di cui tanto si è favoleggiato, furono in Occidente due sole, Anne Bonnie e Mary Read, trascinate in quella vita dai loro uomini e accettate perché si fingevano maschi (non dovevano essere tanto belle). E nemmeno è vero che tra pirati si praticasse liberamente l'omosessualità, come ha sostenuto B. R. Burg in uno studio pochissimo documentato ( Pirati e sodomia, Eleuthera 1994). La sessualità era libera con le prostitute, le schiave, le indigene caraibiche vendute dai loro mariti. Donne acquistabili, dunque. Si manifestava in forma di violenza carnale nelle città che i pirati riuscivano a conquistare, fossero barbareschi oppure filibustieri del Nuovo Mondo. Quanto alle pratiche omosessuali, erano quelle comuni alla vita di bordo, sotto tutte le latitudini. Ne facevano le spese soprattutto i mozzi, cioè ragazzini e adolescenti provenienti dai brefotrofi e imbarcati a forza. I filibustieri erano a volte omosessuali al largo, eterosessuali a terra.

Eppure la leggenda di una pirateria «liberatrice» ha preso piede, sull'onda di film di successo e dei vecchi romanzi salgariani. Va comunque detto che la composizione della Filibusta vi si prestava. Canaglie di tutto il mondo, certamente. La definizione di Marcus Rediker, autore del libro omonimo (Eleuthera 2007), è di sicuro appropriata. Rematori evasi dalle galere, eretici perseguitati, ex detenuti, disertori, contrabbandieri, fanatici e delinquenti. Un'umanità turbolenta, stretta da un solo ideale: arricchirsi in fretta, sperperare in fretta, e poi morire in fretta.

Philip Gosse evita le secche dell'idealizzazione a oltranza e, con rapidi cenni, riconduce il fenomeno piratesco alla sfera che gli compete: il banditismo. Al tempo stesso, non cade nell'anglocentrismo proprio di tanti autori inglesi e americani. Costoro hanno definito i primi decenni del '700 come l'«età d'oro della pirateria» soprattutto in virtù di un volume, firmato Capitano Johnson e da taluni attribuito a Daniel Defoe ( Storia generale dei pirati, edizioni Cavallo di ferro 2006), ricco di documentazione sulle gesta degli ultimi filibustieri inglesi della Giamaica. In realtà, se di «età d'oro» si vuole parlare, ci si dovrebbe riferire alla seconda metà del secolo precedente (come ha dimostrato Cruz Apestegui, in Piratas en el Caribe, edizioni Lunwerg 2000). Fu allora che i ladrones del mar del Nordamerica smisero di limitarsi a depredare i galeoni spagnoli di passaggio, e cominciarono a prendere d'assalto le più ricche colonie costiere, travolgendone le difese.

Fu l'epoca dell'Olonese, di Henry Morgan, di Roc il Brasiliano, di Laurens de Graaf. Forti, anzi fortissimi, perché incoraggiati dal Re Sole, in guerra con la Spagna. Nel XVII secolo venne meno, di fatto, la distinzione mai troppo chiarita tra pirata e corsaro. Se il secondo, all'epoca di sir Francis Drake, aveva goduto di una «patente di corsa» che quasi lo aggregava alla marina militare del suo Paese, i pirati, lungi dall'essere «liberi professionisti» della rapina in mare, quasi sempre godevano di una lettera d'incarico del governatore francese dell'isola di Tortuga o di quello inglese della Giamaica. A loro consegnavano, solitamente, il dieci per cento di quanto predato.

In definitiva, i pirati furono spesso strumento di guerre politiche combattute a distanza e con mezzi non convenzionali, e i loro momenti di declino coincisero con le fasi in cui le potenze committenti ritenevano di non avere più bisogno dei loro servigi. Il declino definitivo e irreversibile si ebbe poi agli albori del XX secolo, quando le navi, meglio difese, diventarono una preda troppo difficile per essere redditizia. Ciò non impedì che episodi di guerra da corsa si avessero anche durante il secondo conflitto mondiale, sia attorno all'Europa che in Asia, con comandanti di navigli militari o di sommergibili autorizzati dai comandi a navigare liberamente e ad affondare e depredare qualsiasi imbarcazione nemica incontrassero. L'introduzione del radar mise fine anche a questa estrema appendice, poco romantica, della pirateria.

Rimasero sul mare, invece, i contrabbandieri. A essa si può ascrivere la pirateria ancora esistente, che ha visto nel 2007 centinaia di assalti a yacht, cargo e persino petroliere, a opera di
gang organizzate dedite principalmente al contrabbando e attive sulle coste africane, cinesi, malesi oppure, ancora una volta, nei Caraibi. Sconcerta, in questo revival piratesco, l'estrema ferocia dei protagonisti, armati adesso di AK 47 e degli strumenti della moderna tecnologia.

I pirati del passato non erano meno crudeli degli attuali, e forse lo erano di più. L'Olonese che fa tagliare mani e piedi agli spagnoli catturati e, in un caso, divora il cuore di uno di essi sotto gli occhi dei compagni; Roc il Brasiliano che fa arrostire alcuni prigionieri e obbliga gli altri a nutrirsi dei loro corpi; Montauban che si diverte a sfilare le budella dal ventre di nemici ancora vivi. Non sono precisamente gesta da eroi libertari, né da Che Guevara in pectore; anche perché il fine, ossessivo, di tanta ferocia è uno solo: la sete di denaro.

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Michele Serra: La chiesa si abitui agli slogan del pride.

"Se si scende in campo, può capitare di sporcarsi la tonaca".
(Michele Serra - La Repubblica) La Curia bolognese si è molto risentita per alcuni slogan ostili risuonati nel corso del Gay Pride. Volgari o solamente irridenti che fossero, quegli slogan (e altri simili) sono tipici della dialettica politica di piazza: la Chiesa ci si dovrà abituare per il semplice fatto che di quella dialettica, negli ultimi anni, è parte attiva e anzi attivissima. Chi sceglie di fare politica non può pretendere di farlo senza pagare pegno a ciò che la politica è: scontro di idee, non sempre educato, non sempre edificante, tra fazioni in lotta.

Con l´eccezione della breve stagione del Sessantotto, che non risparmiò alcuna istituzione e alcun potere, gli slogan anticlericali nei cortei sono una novità piuttosto recente. La Chiesa era considerata anche dai non credenti altra cosa rispetto alla politica. Le si faceva credito di una certa universalità, la si collocava fuori dall´agone pubblico, si dava per scontato il canale privilegiato con la Dc ma l´onda d´urto della polemica non riguardava mai il clero, riguardava direttamente i democristiani. Se tutto questo è cambiato, e piuttosto bruscamente, è perché i vescovi italiani parlano moltissimo di politica e molto meno di religione: oppure parlano di religione solo per derivarne le loro esternazioni politiche. Se si scende in campo, può capitare di sporcarsi la tonaca: lo sanno bene i preti di quartiere, ci si abituino anche i vescovi.

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Respinto a Firenze il ricorso dela coppia gay che intende sposarsi.

Secondo il giudice il matrimonio non è un diritto fondamentale.
(AdnKronos) La corte d'appello di Firenze ha respinto il ricorso presentato da Matteo Pegoraro e Francesco Piomboni, la coppia omosessuale che aveva chiesto di potersi sposare civilmente. Il tribunale d'appello ha rilevato che il diritto a sposarsi non e' fra i diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, non essendo inserito nella prima parte della Carta repubblicana.

Il tribunale di Firenze, nell'autunno scorso, aveva gia' rigettato in primo grado il ricorso presentato dai due dopo che, nel marzo 2007, il Comune di Firenze aveva respinto la loro richiesta di pubblicazioni di nozze.

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Paola Concia segue la linea di Grillini e fà del "pettegolezzo parlamentare" su chi è o non è gay.

In Parlamento il 7/10% dei parlamentari è gay ma non fa outing. E' scelta personale. Io mi sento sola ma non sono sola.

(Apcom) "In Parlamento mi sento sola, ma non sono la sola", racconta Paola Concia a "Gioia in edicola domani 3 luglio, unica deputato omosessuale della legislatura eletta nelle liste PD: "Siamo tra il 7 e il 10 per cento. Il Parlamento rispecchia l'Italia, almeno in questo caso".

"La paura della diversità sessuale si scioglie solo con la conoscenza - spiega Concia -. Se mi avvicino ad una deputata i colleghi si preoccupano della concorrenza e hanno la faccia tosta di farmelo sapere" e ai leghisti dice: "Sono pavidi. Venissero a dirmi di persona, in Parlamento, non sui giornali, che sono culattona, e poi vediamo".

Quando si affronta il dibattito sui diritti dei gay non risparmia né la destra "fa leva sui peggiori istinti e sulle paure irrazionali, accomunando i diversi nella figura del nemico", né la sinistra "è stato lo zero assoluto, è venuta fuori l'omofobia pure nella mia parte politica".

"L'omosessualità non è una malattia, ma una condizione umana che puoi reprimere o assecondare, non mi piace la caccia all'omosessuale , il coming out è una scelta personale. Qualcuno mi corteggia? C'è una bella deputata di Forza Italia che mi guarda con insistenza. Le piaccio? Oppure mi detesta? Ah saperlo".
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Ndr. Intanto correggiamo il titolo battuto dall'Apcom puntualizzando che semmai chi si dichiara fa coming-out e non outing (quanto è ignorante la stampa in materia) e poi prendiamo atto che anche la Concia percorre il solco del "pettegolezzo parlamentare" con messaggi dal sapre quasi "intimidatori" (quel "(...) bella deputata di Forza Italia (...)" la dice lunga...) rivolto ai suoi onorevoli colleghi. Evviva il nuovo modo di fare politica... (Aspis)

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Da Gad Lerner "In lode di Alfonso Signorini".

Nella foto di River, la pubblicità del programma radiofonico di Alfonso Signorini che indossa una scarpa bucata.

(Vanity Fair) L’Italia è un paese in cui televisione e politica tendono a coincidere. Non fingiamo stupore, quindi, se un anziano capo del governo si rivela ottimo conoscitore di attrici e soubrettes esordienti. L’avversario che gli dà del magnaccia non si è forse esibito a torte in faccia con le medesime signorine sul palco del Bagaglino, facendosi volentieri beccare dai settimanali del gossip a spasso per Roma con una di loro?
Diverso è lo schieramento, ma i due galli spelacchiati che insistono nel presentarsi come seduttori hanno in comune qualcosa di più importante: l’idea che quelle donne lì, col mestiere cui aspirano, volete forse che non la diano agli uomini di potere? Non a caso deteniamo il doppio record della politica più maschile del mondo occidentale, e della televisione più scollacciata in cui la donna viene esibita senza dignità come mero oggetto del desiderio.
L’intreccio tra spettacolo e politica ha raggiunto il suo culmine nell’Italia berlusconiana, necessitando ormai di appositi specialisti in grado di gestirne le capricciose evoluzioni. E’ per questo che seguo con speciale ammirazione la carriera di un giornalista, Alfonso Signorini, divenuto in pochi anni figura cruciale al vertice del caravanserraglio. Così potente da permettersi di esibire ormai la confidenza tributatagli dal capo, che lui ricambia decantandone il fulgore con la perizia di un cortigiano rinascimentale.
Esagero? Non credo. Sono mosso da simpatia per quel furetto che sprizza intelligenza e anche se ferisce lo fa con garbo: l’allievo Signorini sta rivelandosi più coraggioso del suo peraltro ottimo maestro Carlo Rossella. Di recente la casa editrice Mondatori lo ha insignito di un doppio incarico senza precedenti, vista l’importanza strategica dei settimanali che viene chiamato a dirigere contemporaneamente: la rivista popolare del gossip, “Chi”; e adesso in più la rivista che divulga le idee e le produzioni del piccolo schermo, “Sorrisi e canzoni tv”.
Dal mio punto di vista ciò ne fa poco meno che un ideologo dell’odierno marchettificio italiano. Una posizione meritatamente conquistata rendendosi col tempo indispensabile al proprietario, tramite ideale fra lui e quanto ha di più caro: l’esteriorità invidiabile del benessere.
I futuri studiosi di questo nostro periodo storico non potranno prescindere dalle raccolte di “Chi” diretto da Alfonso Signorini. Per il dosaggio perfetto, tra foto ufficiali e (apparentemente) rubate dei vari rami della famiglia Berlusconi, celebrata come prima cerchia dell’Italia che conta. Quando Tremonti teorizza la necessità di una rilegittimazione spirituale del potere politico, non sa che già da tempo il monarchico Signorini ha provveduto con ritratti in posa della sacrada famiglia curati meticolosamente nella loro regalità. Ma “Chi” va ben oltre. E’ un termometro sensibilissimo del chi sale e chi scende, soprattutto del chi verrà favorito e chi cancellato nel rilievo mediatico. Imprescindibile per chi voglia decifrare il vigente regime italiano così come lo fu per i cremlinologi –negli anni del comunismo sovietico- riclassificare ogni anno la posizione dei burocrati sugli spalti della piazza Rossa durante la sfilata del 7 novembre.
Venire epurato da “Chi” naturalmente anticipa ben altre disgrazie. Ma può capitare pure che Signorini si limiti a lanciare un monito a persona congiunta del capo, rievocandone antiche intemperanze, tanto per ricordarle che l’appartenenza a quel mondo dorato implica un minimo di cura delle apparenze. La galleria dei nuovi favoriti e dei precipitati nel cono d’ombra è sempre aggiornatissima, ma soprattutto ufficiale. Valorizzata da un’estetica dell’apparire impeccabili come piace a lui e quindi per forza anche a noi. Naturalmente quando arriva la politica, sulle pagine di “Chi”, ci arriva secondo i gusti identici di Berlusconi e Di Pietro. Il questionario per le donne candidate alle ultime elezioni indagava soprattutto le loro preferenze in materia di calze e biancheria intima: e le sciagurate risposero.
Spero che Alfonso Signorini accetti i miei migliori auguri, sebbene inviati da un giornale concorrente, perchè da un simile esegeta della contemporaneità –non a caso un gay dichiarato che però si oppone ai Dico, cioè un teorico del “si fa ma non si dice”- ho ancora molto da imparare.

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Sono psicotici e sono gay. E' "Watch out".

E' ormai alle ultimi fasi il montaggio di "Watch out" e da tempo il mondo gay in rete è invaso dai suoi trailers. La sceneggiatura è tratta dall best-seller di una storia autobiografica di Joseph Suglia che, nei panni del suo doppio, Jonathan Barrow, sperimenta la sua sessualità, ma andando incontro anche a una discesa nel più terribile degli inferni della società.
Particolarmente interessante il cast, che vede fra i protagonisti anche Matt Riddlehoover, il regista che ha esordito con la commedia gay “To a Tee” e Peter Strickles visto in “Shortbus”.
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Il papa a Sydney in Italia diventa un caso. Papaboys contro il Corriere a causa di un bordello.

E il bordello apre le porte ai "Papa boys".
Nuove ragazze nello staff per soddisfare tutti. Ma i prezzi non sono popolari. Sydney, aumentato l'organico del club «Xclusive» in vista delle Giornate mondiali della gioventù.
(Alessandro Sala - Il Corriere della Sera) Saranno anche dei «Papa boys», ma per la responsabile dell'«Xclusive», un bordello di lusso del quartiere Bondi Junction, a Sydney, sono soprattutto dei «boys», adolescenti e giovani, nel pieno del loro vigore ormonale. E, per questo, potenziali clienti di cui occuparsi in occasione delle Giornate mondiali della gioventù, il tradizionale appuntamento organizzato dalla Chiesa cattolica che quest'anno si svolgerà in terra australiana. Sarà la capitale del Nuovo Galles del Sud ad ospitare, dal 15 al 20 luglio prossimi, la grande kermesse culturale e religiosa, un evento in grado di richiamare centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze dai cinque continenti.
LE NUOVE LADIES - Ed è proprio ai maschietti che guarda con interesse Sindy, così si firma la tenancière del club, che nel sito web della propria casa di piacere spiega che sono state inserite nello staff nuove «ladies» per fare fonte alla maggiore richiesta di prestazioni a cui presumibilmente il locale sarà chiamato. «In questo modo - si legge nell'annuncio - i nostri clienti tradizionali non saranno delusi». Nessun rischio, insomma, di lunghe attese o di tutto esaurito, grazie ai «rinforzi» di cui l'Xclusive si è ultimamente dotato. La ricerca di personale, peraltro, è continua. «Cerchiamo ragazze di tutte le nazionalità per completare il nostro organico - si spiega nella sezione "work opportunities" -. Offiramo potenziali guadagni illimitati, ambiente sicuro, una lounge per le ragazze con armadietti e docce, turni flessibili e un training completo». Alle aspiranti operatrici del sesso - a cui è richiesto di essere donne, carine, pulite, vivaci e motivate - viene garantito anche un accesso Internet via Adsl, considerato evidentemente un benefit in questo privé «a sei stelle» caratterizzato da un «management al femminile» e da un «ambiente amichevole».
PIACERI SENZA FRONTIERE - «Siamo aperti da pochi mesi ma ci siamo già conquistati una grande reputazione per la soddisfazione che garantiamo al cliente, per le nostre belle e sexy ragazze e per le nostre fantastiche camere». Che in effetti ricordano molto da vicino quelle dei grandi hotel di lusso, con bagni ricoperti di marmi, televisori maxischermo, letti king-size e altre amenità all'insegna del confort e del lusso. Ed è proprio in questi luoghi di «perdizione» che nelle intenzioni dello staffi di Xclusive dovrebbero confluire molti «Papa boys». «Altri bordelli hanno deciso di non prepararsi a questo evento - dice ancora Sindy -. Devono essere matti. Noi invece siamo così eccitati all'idea che tante persone dall'Australia e dal mondo possano godere dei piaceri che siamo in grado di offrire». Piaceri senza frontiere: «Le nostre ragazze parlano diverse lingue, tra cui inglese, coreano, greco, thailandese, italiano, nepalese e cinese». E presto le loro foto saranno disponibili online così i potenziali clienti potranno anche consultarle in anticipo e, eventualmente, procedere con una prenotazione.
PREZZI NON POPOLARI - Ma forse non saranno probabilmente poi così tanti i giovani cattolici che busseranno alle porte del lussuoso «brothel» di Bondi Junction. Il popolo che partecipa alle giornate della gioventù, principi morali a parte, di solito compie questi pellegrinaggi all'insegna della spartanità, alloggiando presso famiglie che ospitano volontariamente i ragazzi o in campeggi, ostelli o alberghi low cost. Una filosofia decisamente lontana dal tariffario dell'Xclusive dove, tanto per fare un esempio, intrattenersi per tre quarti d'ora in una «standard suite» costa la bellezza di 235 dollari, a cui aggiungere eventuali extra per l'utilizzo di attrezzature erotiche, per l'acquisto di giochi e materiale trasgressivo, per l'utilizzo della spa o del centro massaggi.
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I Papa boys: «Nessuno andrà in quel bordello di Sydney».
«I ragazzi reputano schiave le donne che sono costrette a prostituirsi».
(Il Corriere della Sera) L'associazione «Papa boys» italiana reagisce indignata alla notizia di un bordello che, a Sydney, in Australia, intende aumentare il numero di prostitute in occasione della Giornata mondiale della gioventù che si terrà, in presenza del Papa, questa estate (ndr. vedi sopra). «Non soltanto i ragazzi non andranno in questo bordello a Sydney, ma non vanno nemmeno in altri bordelli, non vanno nemmeno sulle strade della prostituzione, perché reputano quelle ragazze, che sono lì a prostituirsi, schiave», afferma il presidente dei Papa boys Daniele Venturi in un videomessaggio pubblicato sul blog dell'associazione.
ETICA - «Smettete di trattare le donne come schiave e merce di scambio e probabilmente riscoprirete qualche cosa di importante, l'etica, la capacità di fare libera informazione, svincolata da tutti i vostri potentati e poteri economici, politici e tutto ciò che volete aggiungere, e ritrovate la strada dell’etica e della verità», afferma Venturi, che critica chi presenta le prostitute come «merce, merce in vendita, merce di piacere, merce di libero scambio».
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Il papa a Sydney. I papaboys invitano a non comprare più il Corsera.

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A margine del Gay Pride 2008.

Gay Pride Bologna

(Foto Emmevì - dal Corriere della Sera)

(Cadavrexquis) Ieri sera, leggendo online i primi reportage dal Gay Pride nazionale - che quest'anno si è tenuto a Bologna -, ho provato una punta d'invidia per chi c'era e di malinconia per non esserci potuto andare. Ho letto che ci sono state manifestazioni molto più imponenti a Berlino e Parigi, dove siamo nell'ordine dei cinquecentomila partecipanti, mentre qui da noi c'è qualcuno che ancora discute di "esibizionismo sì / esibizionismo no". Tra parentesi, ancora non capisco perché in Italia ci si ostini a organizzare ogni anno un Gay Pride Nazionale "itinerante", quando nei principali paesi europei si tiene sempre nella capitale. Credo che anche in Italia dovremmo manifestare sempre a Roma, che è la capitale e il luogo in cui risiedono il potere politico e - guarda caso - anche i nostri principali avversari. Organizzarlo altrove - ogni anno in una città diversa e magari in realtà di provincia - significa correre il rischio della marginalità: si è poco visibili, si attraggono meno persone e, soprattutto, ci si allontana troppo dai luoghi fisici - come il Parlamento e il Vaticano - in cui avrebbe più senso e forza la contestazione. E in questo momento storico, in Italia, occorre che la presenza dei gay e la rivedicazione di pari diritti sia il più dirompente possibile. Ovviamente questo non impedisce che, poi, si possano organizzare anche delle manifestazioni locali.

Ho letto anche dei Gay Pride più "esotici" che ci sono stati a Brno e a Sofia, dove per la prima volta hanno sfilato un centinaio di persone, aggredite da estremisti di destra. Ed è proprio in Bulgaria, apprendo dal sito di Repubblica, che "il leader della Chiesa ortodossa bulgara ha definito 'immorale e peccaminosa' la marcia e il Gran Mufti musulmano ha definto l'omosessualità 'una malattia' ". Anche a Gerusalemme ci sono state contestazioni di ebrei ortodossi, che hanno gridato "Vergogna" e "Non sodomizzate Israele!". Ancora una volta vedo che le grandi religioni monoteistiche si compattano intorno all'odio contro gli omosessuali: ormai penso abbia ragione il ragazzo della fotografia che ho riprodotto qui sopra e che riprendo dal sito del Corriere della Sera.

Per continuare la mia piccola "rassegna stampa", oggi ho dato un'occhiata anche ai maggiori quotidiani nazionali. Solo il manifesto e l'Unità hanno un richiamo in prima pagina. Gli altri ne parlano esclusivamente nelle pagine interne - quando ne parlano. Avvenire, per esempio, passa tutto sotto silenzio: non c'è il minimo cenno a una manifestazione tanto indigesta alla proprietà editoriale. Stupisce, in negativo, la copertura che ne dà Repubblica: bisogna arrivare a pagina 19 per trovare un riferimento al Gay Pride, ed è solo un trafiletto sotto una fotografia in una pagina di cronache varie ed eventuali, riguardanti per lo più disgrazie: "Si fotografava nuda per comprare abiti firmati", "Benevento, giovane drogata e violentata e a Vibo stupratore si uccide in cella", "Si tuffa da gommone muore tranciato da elica", "Due escursionisti morti sul Gran Sasso", "Maturità, professore minacciato di morte". Se il contesto conta ancora qualcosa e quello che "sta attorno" contribuisce a passare un certo messaggio, il messaggio che arriva da Repubblica è chiaro e ben poco lusinghiero. Al Gay Pride sono dedicate in tutto 42 parole (49 con il titolo): tanto per avere un termine di paragone, alla notizia del professore minacciato di morte sono dedicate 66 parole. Interessante anche l'articolo sull'edizione online della Stampa, in cui il paragrafo più lungo è dedicato all' "opinione" - e lascio immaginare quale opinione - della parlamentare forzitaliota Isabella Bertolini, una cretina notoria, oltre che fondamentalista cattolica: chi vuole, può leggerselo qua.

Molto meglio delle solite fotografie riportate dai maggiori quotidiani online - che sembrano scattate apposta per épater les bourgeois - sono quelle dei partecipanti al Gay Pride: me ne sono guardate un po' su Flickr - il che ha alimentato la mia malinconia - e, tra le mie preferite, ho trovato quella che riproduco qui sotto, scattata da lei. E' una di quelle fotografie che mi piacerebbe vedere pubblicate sui quotidiani a grande tiratura, ma soprattutto è una di quelle scene che vorrei vedere, tutti i giorni, per le strade delle nostre città, senza che suscitassero più scandalo o curiosità.

(1° luglio: su richiesta, sostituisco la fotografia originaria con un'altra fotografia della stessa autrice, altrettanto significativa. Per spiegazioni, rimando al commento di Silvia).

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Pedofilia. Il sacerdote arrestato a Roma era tra i “saggi” di Alemanno.

(Il Messaggero) «È stato un grande dolore. Chiedo ai magistrati e agli inquirenti di fare tutta la chiarezza possibile e non fare sconti a nessuno». Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno commentando l’episodio di pedofilia che ha visto protagonista un sacerdote 55 anni, C.R. le sue iniziali, della parrocchia romana Natività di Maria Santissima, in via di Selva Candida, che lo stesso sindaco aveva inserito, nel periodo della campagna elettorale, in una commissione speciale di «saggi».«Quando si parla di pedofilia - ha continuato Alemanno - bisogna essere estremamente rigorosi e netti, perché questo è un male che va combattuto in tutti i modi».

Dopo l’arresto il vescovo della diocesi di Porto-Santa Rufina, monsignor Gino Reali, aveva espresso «piena fiducia» nell’operato della magistratura e vicinanza a quanti «sono feriti da questa vicenda».

Parla di complotto «per gelosia e cattiearia» ordito ai suoi danni per screditarlo il sacerdoe finito in carcere a Regina Coeli. Assistito dagli avvocati Anna D’Alessandro e Riccardo Olivo, il religioso è stato interrogato dal gip Andrea Vardaro che ha firmato l’ordine di custodia cautelare e a lui ha chiesto di essere rimesso in libertà o quantomeno di ottenere gli arresti domiciliari. Una decisione, comunque, sarà presa dopo che un accertamento medico legale, sollecitato dai difensori, stabilirà se, come sostengono i due penalisti, lo stato di salute del religioso non è compatibile con la detenzione in carcere. Nel caso di rigetto i difensori, ai quali stanno giungendo molti attestati di stima verso il sacerdote, decideranno se rivolgersi al Tribunale del Riesame.

L’accusa I legali di R.C. hanno detto di avere ricevuto numerose telefonate attestanti dichiarazioni di stima nei confronti del loro assistito. Secondo l’accusa, R.C., approfittando delle fragilità caratteriali dei ragazzi affidati alle sue cure, negli ultimi 10 anni avrebbe abusato ripetutamente di minorenni. L’accusa è di violenza sessuale continuata e aggravata, compiuta tra il 1998 e il marzo scorso. Sette, al momento, le vittime accertate (tutti maschi); per l’accusa, però, potrebbero esserci state altre violenze. Tant’è che starebbero sentendo anche altre presunte vittime. A dare il via all’indagine è stata la denuncia di un altro sacerdote. R.C., secondo gli inquirenti, si era accattivato le simpatie di alcuni bambini, e li aveva convinti a subire gli abusi, spesso attirandoli nella propria abitazione dietro la promessa di soldi, cd, dvd o capi d’abbigliamento. In casa, nel corso di una perquisizione, furono trovati anche film pornografici. Secondo quanto si è appreso, già in passato il sacerdote era stato sospeso per un mese dal suo incarico proprio in relazione ad alcune voci su presunti abusi sessuali commessi.

I radicali: il comune si costituisca parte civile. «Nella drammatica vicenda degli abusi su minori nella parrocchia romana di Selva Candida colpisce la scelta del sacerdote che con la sua denuncia ha dato il via alle indagini, in aperto e prezioso contrasto con la politica pluridecennale delle gerarchie della Chiesa cattolica volta a secretare le notizie criminis all’interno dell’ordinamento canonico. Sono ancora in vigore, infatti, le norme della Santa Sede che, a partire dalla Crimen sollicitationis del 1962, hanno l’effetto di evitare l’accertamento della verità da parte dell’autorità giudiziaria di fronte a reati sessuali compiuti da esponenti del clero». Lo afferma in una nota Mario Staderini, della direzione nazionale di Radicali Italiani.

«Al vescovo di Roma, anche alla luce delle recenti, gravi condanne di altri preti operanti nelle parrocchie romane, mi permetto di porre la questione urgente del pubblico superamento della politica di oggettiva copertura sin qui tenuta dal Vaticano, indispensabile anche per affrontare il problema strutturale della libertà, della responsabilità, dell’amore, e quindi anche della sessualità, dei religiosi - aggiunge -. Al sindaco Alemanno, del cui programma per le politiche sulla famiglia l’indagato era garante, chiedo di passare dalle parole di oggi ai fatti: il Comune si costituisca parte civile nel procedimento penale per meglio assicurare assistenza a chi è doppiamente debole, così come il precedente sindaco ha ripetutamente fatto nei casi di violenza sessuale a danno delle donne».

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Erezioni d'estate. Dopo Fini, i paparazzi sorprendono Ronaldo e Borriello "armati".

Estate, tempo di erezioni, almeno così sembrerebbe. I paparazzi, sempre in agguato dopo aver beccato Gianfranco Fini hanno sorpreso in pieno stato d'eccitazione Cristiano Ronaldo ed il nostro Marco Borriello. Eccoveli.




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8 luglio. C'è anche l'Arci con Di Pietro. E l'Arcigay che fa'?


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Ogni giorno nuove adesioni alla manifestazione indetta per l’8 luglio a Roma a piazza Navona alle ore 18 da Furio Colombo, Pancho Pardi e Paolo Flores d’Arcais per protestare contro le leggi-canaglia con cui il governo Berlusconi vuole distruggere il libero giornalismo e la legge eguale per tutti.

Dal palco, oltre ai tre promotori, prenderanno la parola anche Rita Borsellino, capogruppo dell’opposizione all’Assemblea regionale siciliana, lo scrittore Andrea Camilleri, che leggerà alcune delle sue “poesie incivili” appena pubblicate su MicroMega, il giornalista Marco Travaglio che spiegherà la nuova “Costituzione ad personam”, lo scrittore e attore Moni Ovadia, notissimo per la sua costante rivisitazione della cultura ebraica.

Sul fronte politico fin qui solo l’Italia dei valori di Di Pietro ha aderito alla manifestazione e si sta impegnando concretamente alla sua realizzazione. Ma una decina di parlamentari Ds hanno fatto sapere informalmente che concordano con i promotori. Anche l’Arci per bocca del suo presidente ha informalmente dichiarato al senatore Pardi che sosterrà la manifestazione, e si attende un comunicato ufficiale nei prossimi giorni.

Il mondo gay, fatta eccezione per Mgl, movimento gay liberali di Milano non si è ancora fatto sentire. Lo farà? Staremo a vedere.
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Reality show per aspiranti preti.

(TGCom) L’idea è venuta alla diocesi francese di Besançon e dovrebbe servire a far fronte alla crisi delle vocazioni: un reality show per aspiranti sacerdoti. E’ nato così “Prêtres Academy”, scuola per preti. Va in onda su Internet. E naturalmente non poteva mancare l’angolo del confessionale.
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Gay geloso taglia il pene del compagno e lo getta nel water. Lo tradiva con una donna.

Poi tenta di uccidersi ma viene fermato dal compagno evirato.
(AdnKronos) Un uomo di 35 anni in preda alla gelosia ha evirato il suo compagno mentre dormiva e ha gettato il pene nel water di una camera d'albergo a Quezon City, nelle Filippine.

Ne ha dato notizia la polizia locale, secondo cui Jose Feliciano Valderama ha in seguito cercato di uccidersi con lo stesso coltello usato per il compagno, che lo ha fermato in tempo. Al momento dell'arresto l'uomo a confessato di aver agito per gelosia nei confronti del suo amante Marvic Manquera, 21 anni, che da tempo avrebbe una relazione con una donna.

Il caso di Quezon City fa tornare alla mente quello del 1993 accaduto a John Bobbit, evirato durante il sonno dalla moglie Lorena con un morso. Bobbit, dopo un intervento chirurgico, e' diventato un attore porno esibendosi anche in un bordello. Quello delle Filippine sarebbe pero' il primo 'incidente' del genere fra una coppia di omosessuali.

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Sesso. Piu' infezioni d'estate.

Ci sono piu' occasioni per socializzare.
(Agi) "Con l'estate aumentano tra i giovani ed i giovanissimi (dall'adolescenza sino ai 30 anni) i casi di malattie sessualmente trasmissibili (MST). Su una stima di 1 milione di casi l'anno, 100 mila sono concentrati nei mesi estivi". Lo afferma il professor Giampiero Carosi, direttore dell'Istituto malattie infettive dell'ospedale di Brescia e presidente della Simast (Societa' Interdisciplinare per lo Studio delle Malattie Sessualmente Trasmissibili). "Con il caldo si esce di piu', quindi ci sono piu' occasioni per socializzare, si frequentano locali notturni e soprattutto si viaggia - spiega Carosi. - In questo modo ci sono piu' probabilita' di assumere atteggiamenti promiscui e a rischio, dimenticandosi della protezione". Indubbiamente la malattia a trasmissione sessuale piu' conosciuta rimane l'HIV, ormai non piu' legata agli ambienti della tossicodipendenza, presente in egual numero tra gli etero e gli omosessuali - continua il Professore, - ma ci si deve ricordare che esiste una lunga serie di infezioni trasmissibili solo sessualmente che spesso non vengono prese in considerazione". "Per esempio, l'epatite B colpisce 100 volte di piu' dell'HIV - aggiunge Carosi - soprattutto per le persone che non sono rientrate nella vaccinazione del 1991, e gli immigrati che hanno soggiornato nei paesi endemici". La Simast, dichiara Carosi, "insiste perche' una volta diagnosticata un'infezione trasmessa sessualmente, si facciano le analisi anche per le MST meno conosciute, sia dai medici che dai pazienti". La cosa piu' difficile e' avere una stima ufficiale ed esatta dei dati. la legge obbliga a notificare solo i casi di Aids, ma purtroppo, spiega il presidente della Simast, "non sono rappresentativi perche' ora l'HIV si puo' tenere sotto controllo con le cure senza arrivare all'Aids". La difficolta' che si incontra nello stimare questo fenomeno, sta anche nel tabu' che ancora lo circonda. Nonostante le leggi sulla privacy, molti preferiscono non recarsi nei centri MST delle Asl, ma andare a fare le analisi in centri privati, sfuggendo cosi' alla quantificazione del fenomeno.

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Usa, i gay di destra approvano la decisione della Corte Suprema. Si alla libera vendita di armi.

I gay di destra si sa' sono un pizzico reazionari, conservatori e forse anche un poco ottusi dappertutto, ovviamente non fanno difetto quelli americani che si sono immediatamente schierati a favore dell’autodifesa armata, bandiera della civile e democratica america.

Il “Log Cabin Republicans”, associazione gay di destra americana, approva a pieni volti la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di istituzionalizzare all'interno della costituzione il diritto di ogni "buon americano" a possedere un’arma.

«E’ una buona notizia per tutti gli americani, gay e eterosessuali», ha detto il presidente del Log Cabinet Patrick Sammon, rincarando la dose della sua dichiarazione, ha aggiunto: «Sfortunatamente troppi americani glbt affrontano ancora violenze antigay. Siamo felici che la Corte Suprema abbia affermato il diritto di proteggere noi stessi e le nostre famiglie dagli attacchi. La difesa personale non è un privilegio, ma un diritto».

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Adesso all’arte ci pensa la moda.

(Stefano Pirovano - Panorama) L’arte contemporanea in Italia è trascurata? Nessun problema, ci pensa la moda, che in cambio chiede buone idee, progetti che abbiano ricaduta sul tessuto sociale e un po’ di discrezione, per riaversi dall’epilettica pioggia di flash delle sfilate.
Così il 27 giugno, nell’ambito del Festival di Ravello, sulla Costiera Amalfitana, apre al pubblico Mediterraneo 2008, mostra che inaugura la neonata Fondazione Perna, istituzione non profit dedicata all’arte contemporanea del mare nostrum, voluta dall’imprenditore e collezionista molisano Tonino Perna, presidente di It Holding, società che controlla, tra gli altri, marchi come Ferrè e Malo. A dirigere la Fondazione è la moglie, Giovanna Palumbo Perna, che ha ragionevolmente deciso di avvalersi di un comitato scientifico di cui fanno parte anche Alanna Heiss, direttrice del museo Ps1 di New York, centro di arte contemporanea, e Vincente Todoli, direttore della Tate Modern di Londra. Nel frattempo, Giovanna Furlanetto, presidente della Furla, apporta un restyling al premio che porta il nome del suo marchio, tra le più importanti gratificazioni per giovani artisti italiani, ma soprattutto annuncia la costituzione della nuova Fondazione Furla, che diventerà operativa nel 2009, in concomitanza con la Biennale di Venezia, occupandosi di arte e moda con l’obiettivo di sostenere e internazionalizzare la giovane creatività italiana.
Sullo sfondo, poi, c’è il superprogetto di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli per gli spazi di via Isarco, a Milano, già sede operativa di Luna rossa, dove nell’arco di un triennio, con un investimento di 25 milioni di euro, nascerà un’area museale di oltre 17 mila metri quadrati per raccogliere le diverse identità della Fondazione Prada, tra collezionismo, nuovi progetti, cinema, design e architettura. «Sarà una macchina espositiva adatta a qualsiasi tipo di opera» ha detto Bertelli, che ha affidato la ristrutturazione dell’area all’architetto Rem Koolhaas e la direzione artistica a Germano Celant.
Continua la sua attività la Fondazione Nicola Trussardi, anch’essa milanese che da lunedì 30 giugno fino al 27 luglio, sul megaschermo montato in piazza Duomo per gli Europei di calcio, manderà in onda Tarantula, rassegna di video d’artista che raccoglie firme dell’arte contemporanea come Pipilotti Rist e John Bock, accanto a quelle di giovani promesse mantenute della scena italiana come Roberto Cuoghi e Patrick Tuttofuoco. Dice Beatrice Trussardi: «Abbiamo scelto di pensare all’arte contemporanea come a qualcosa che può comparire all’improvviso in città e per questo può utilizzare anche canali non tradizionali. L’obiettivo della fondazione è mettere alcune opere a disposizione di tutti».
Quello dell’arte contemporanea sembra essere un campo sempre più interessante anche per chi, come Alberta Ferretti, non sostiene direttamente un museo o una fondazione, ma colleziona opere e frequenta costantemente musei, fiere e gallerie.
«In un momento in cui nemmeno le analisi di mercato e gli specialisti del marketing riescono a dare indicazioni precise, la sensibilità degli artisti è la lente migliore attraverso la quale guardare al futuro». A parlare è Renzo Di Renzo, sino allo scorso anno direttore artistico di Fabrica, il laboratorio creativo di Benetton, oggi a capo della Fondazione Buziol di Venezia, presieduta da Paola Dametto Buziol, la moglie dell’imprenditore trevigiano che ha portato nel mondo il marchio Replay e ispirato un laboratorio di idee aperto a tutte le discipline. Dello stesso avviso è Giovanna Furlanetto. Che aggiunge: «Sono gli artisti la punta di diamante della creatività, in Italia come all’estero. Lavorando con loro credo di aver compiuto un percorso importante imparando a guardare ai giovani e al futuro con una mentalità più aperta».
Certo, investire nell’arte richiede grosse disponibilità finanziarie ma i risultati poi arrivano, non solo sul piano economico. Chi lavora con la creatività l’ha capito e ormai da qualche anno colma lo spazio lasciato vuoto dalle istituzioni pubbliche, in Italia concentrate soprattutto sulla conservazione del patrimonio storico.
A volte sono gli stessi creativi ad avere una doppia identità, come il designer cipriota Hussein Chalayan, che passa con disinvoltura dalle passerelle del prêt-à-porter agli spazi delle gallerie d’arte, coltivando in eguale misura prodotti destinati al mercato della moda e opere d’arte per i collezionisti. O come il vulcanico e raffinato Hedi Slimane, già delfino di Yves Saint-Laurent, che dalla visione inedita della silhouette maschile formulata per Dior qualche anno fa è passato all’installazione e alla fotografia, traducendo nell’immagine d’arte il rigore formale della moda. Una sua mostra personale è aperta sino al 7 settembre al Musac di León, in Spagna.

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Aveva aggredito un italiano che lo aveva apostrofato come gay, condannato uno sceicco.

(Ansa) Lo sceicco Falah ben Zayed ben Sultan Al-Nahyane, fratello del presidente degli Emirati Arabi, e' stato condannato con la condizionale al pagamento di un'ammenda per l'aggressione compiuta nei confronti di un italo americano, Silvano Orsi. E' quanto si legge in una copia della sentenza.
Lo sceicco dovra' pagare 540.000 franchi svizzeri (337.500 euro), oltre ad altri circa 13.000 di spese legali e di procedura. L'ammenda sostituisce una condanna di tre anni con la condizionale.
L'episodio risale al 19 agosto 2003, quando lo sceicco si trovava all'Hotel La Reserve in veste di accompagnatore del padre, l'ex presidente degli Emirati Arabi, in visita ufficiale in Svizzera. Al-Nahyane, che ora ha 37 anni, aveva offerto una bottiglia di champagne a Silvano Orsi, che l'aveva rifiutato apostrofando lo sceicco come omosessuale. Lo sceicco aveva quindi aggredito l'italoamericano causandogli 'lesioni fisiche semplici' e rompendogli, tra le altre cose, gli occhiali.
Al-Nahyane è già apparso nelle colonne della cronaca sempre per un'aggressione ma questa volta nei confronti di un uomo che aveva rifiutato le sue avances.

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Di Pietro: "Caro Walter, il Pd sia con noi l'8 luglio". E i gay moderati ci saranno.

Di Pietro scrive a Veltroni: «Partecipi alla manifestazione anti-premier, senza alzare steccati».
«Carissimo Walter, è un momento cruciale per il nostro Paese, sono a rischio la democrazia e il futuro economico e sociale degli italiani. E proprio per questo, tutta l'opposizione deve essere unita e bloccare la deriva di chi abusa del proprio ruolo al fine di tutelare solo gli interessi personali (..) L'8 luglio l'Idv sarà a piazza Navona per manifestare e sarà senza bandiere, insieme a tante altre forze politiche, associazioni, comitati e liberi cittadini. Siamo stati chiamati ed abbiamo risposto. E chiediamo anche al Pd di esserci, di partecipare e di non alzare steccati». Antonio Di Pietro insiste, torna a rivolgere un invito al leader del Pd Veltroni e lo fa in una lettera pubblicata sull'Unità. Il leader dell'Italia dei valori chiede al segretario del Pd di partecipare alla manifestazione anti-premier dell'8 luglio a Piazza Navona.

«NON MANIFESTIAMO A GRATIS» - Un invito rilanciato dall'ex pm malgrado le reticenze espresse lunedì dal segretario del Pd. «Non partecipiamo a manifestazioni che non abbiamo contribuito a promuovere e i cui contenuti non condividiamo. Non ci invitiamo a quelle degli altri. Se partecipiamo, visto che siamo un partito di una certa dimensione, discutiamo della piattaforma. Non manifestiamo a gratis» ha detto Veltroni, specificando,a proposito dei toni usati «da Di Pietro nella sua opposizione» che «sono un regalo coi fiocchi a Berlusconi» e che «aiutano la destra».
«NON POSSIAMO ATTENDERE» - «La democrazia non si baratta - sostiene però Di Pietro nella lettera - ma si difende in ogni sede e con tutte le energie. Questo non è il momento di soffermarsi a riflettere, nè di rimandare a tempi che verranno. È il momento di chiamare a raccolta i cittadini, di scendere in piazza, perché domani sarà sempre troppo tardi. Non possiamo attendere inermi che i provvedimenti 'salvapremier' e tutte le disposizioni vergogna divengano legge, pur essendo l'unico esito possibile, a fronte dei numeri schiaccianti che questa maggioranza ha in Parlamento». Per questo, secondo il pm di Mani Pulite «bisogna assumersi la responsabilità, dare la parola ai cittadini e spiegare loro quello che sta accadendo». «Il Paese - prosegue Di Pietro - ha bisogno di un'opposizione unita, coesa e senza nessuno che rivendichi una sterile primogenitura. Anche per questo l'Italia dei Valori sarà con il Pd in piazza in autunno, per denunciare l'emergenza sociale, democratica ed economica, affiancandolo in quella azione di protesta e di proposta al Paese. Il progetto del Pd - conclude Di Pietro - di un'alternativa forte e credibile a un governo che sta portando l'Italia al collasso, ha avuto già la nostra adesione».
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Ndr. Arriva alla nostra redazione un comunicato che dice:
"Il movimento gay liberali di Milano, accoglie l'invito dell'on.le Di Pietro a scendere in piazza l'8 luglio per protestare contro la politica antidemocratica del Pdl e del suo leader on.le Silvio Berlusconi. Siamo pochi ma ci saremo per testimoniare il nostro disagio ad una politica che assume toni sempre più golpisti e liberticidi. Sono valori e diritti comuni quelli che vengono continuamente messi in gioco e non possiamo far finta di niente.
Non possiamo che auspicare una numerosa partecipazione del mondo Glbtq del nostro paese, non importa se convocati o no dalle organizzazioni di riferimento, oggi è l'ora di tirare fuori una propra coscienza politica e civile e lasciare da parte schemi politici sorpassati ed anacronistici".


Francesco Casella
Mgl Movimento gay liberali di Milano
info@gayliberali.com

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