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mercoledì 3 settembre 2008

Patacche a Venezia. Quel film porno che di porno non ha niente.

(Adnkronos/Cinematografo.it) "Un altro pianeta" doveva essere il film scandalo delle Giornate degli Autori, "un low porno", l'aveva definito qualcuno, ma non e' stato cosi''. "Un equivoco nato da una chiacchierata con un giornalista -spiega Antonio Merone, il protagonista- gli avevo detto che all'inizio del film c'era una scena di sesso forte".

"Ma solo per quel misto di non partecipazione e durezza con la quale era stata girata -prosegue Merone- in realta' non si vede nulla". Merone, nel film e' Salvatore, 'il vaso di pandora' che fara' saltare le proprie contraddizioni e quelle di tutti gli altri. Ovvero un gruppo di persone che Salvatore incontra una mattina in spiaggia, trascorrendo con loro un'intera giornata, tra incidenti e rivelazioni.

"Il tema forte del film e' proprio l'incontro con l'altro. -aggiunge il regista Stefano Tummolini- grazie al confronto e all'esperienza reciproca, ogni personaggio e' costretto alla fine di quella giornata a gettare la maschera, rivelando cosa si nasconda dietro la scorza dura dell'apparire. Un tema centrale in un'epoca, quella televisiva, dominata dal travestimento".

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Milano, giornalista adescava e stuprava badanti straniere.

Violenza sulle donne

(Panorama) Vestiva con giacca e cravatta, diceva di essere un giornalista televisivo e attaccava bottone con le ragazze alla fermata dell’autobus. Sceglieva quasi sempre badanti o infermiere straniere, cui proponeva di fare un servizio per un canale locale o un’intervista per un quotidiano nazionale. In realtà l’adescamento aveva ben altri fini. Una donna ucraina di 37 anni ha denunciato che Fadil S., bosniaco 42enne, l’ha rapita e poi violentata. Gli agenti del commissariato Greco-Turro, a Milano, lo hanno sottoposto a fermo con l’accusa di sequestro di persona a scopo sessuale.

Nel telefonino dell’uomo sono stati trovati i numeri di altre 18 ragazze, con gli sms che aveva inviato a ciascuna. Tutti con tono maniacale, di chi controlla e perseguita la propria vittima. Per questo la polizia le vuole interrogare, per capire se anche loro hanno subito il terribile trattamento della 37enne ucraina. Pare che il bosniaco studiasse e seguisse le donne che voleva adescare e che le incontrasse soprattutto alla metropolitana di piazzale Loreto e sugli autobus 91 e 92.

Una lunga storia di ossessione alle spalle, quindi. E anche dei precedenti penali per reati sessuali, estorsione, furto, minacce e lesioni risalenti a una decina di anni fa. Nonostante ciò, e nonostante fosse in Italia da clandestino, Fadil S. era riuscito realmente a collaborare con alcune tv locali e a scrivere per alcune testate, anche nazionali. Usava un nome falso e si faceva chiamare Fabio o Frederick.

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Milano. De Corato: Vigile a concorso gay in divisa senza autorizzazione.

(Asca) ''Un agente della Polizia Municipale, come qualsiasi altro dipendente comunale, che voglia partecipare ad una pubblica manifestazione con la divisa, deve prima chiedere l'autorizzazione al proprio superiore. In questo caso, il comandante del Corpo della Polizia Municipale, Emiliano Bezzon. Pertanto il comportamento del vigile che ha partecipato in divisa ad un concorso di bellezza senza il permesso del suo superiore sara' valutato in sede di commissione disciplinare comunale''. Lo dichiara il vice Sindaco di Milano e assessore comunale alla Sicurezza, Riccardo De Corato, a proposito della vicenda di Fabrizio Caiazza, il 33enne vigile milanese, gay dichiarato, che ha partecipato in divisa a un concorso di bellezza in Usa riservato ad omosessuali.
''Le regole della Polizia Municipale sono chiare - aggiunge De Corato - e invariate da piu' di un secolo, ovvero dalla fondazione del Corpo. Non c'entra la manifestazione gay, avrebbe potuto trattarsi di qualsiasi altra circostanza. Resta il fatto che non e' stata chiesta l'autorizzazione. Tra l'altro, il vigile ha anche messo a disposizione di alcune riviste del materiale fotografico della Polizia Municipale, che lo ritraggono sempre in divisa, senza il permesso del comandante''.

Ecco perche', conclude il vicesindaco di Milano, ''la commissione disciplinare valutera' il rapporto del comandante Bezzon e decidera' quale provvedimento adottare. Senza dubbio si fara' riferimento alla prassi, visto che ci sono stati casi simili in passato''.
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Ndr. De Corato non ci piace, con quell'aria da sceriffo di paese non è particolarmente apprezzato da molti. Ma se il simpatico "reginetto" Fabrizio ha sbagliato, e così pare, è giusto che paghi. Le regole sono regole per tutti! Speriamo non sia preso per l'ennesimo atto di omofobia e, strumentalmente, tra oggi e domani non saltino fuori le solite solidarietà contro un'ideologia "omofoba e fascista" da parte di Grillini Totò-Mancuso e compagnia cantante... La celebrità molte volte ha un prezzo.

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Marco Carta e Francesco Mariottini: da "Amici" a conviventi...

I due reduci dall'ultima edizione di "Amici" di Maria De Filippi hanno preso casa insieme a Roma come rivela in settimane TV Sorrisi e Canzoni.

Finite le vacanze estive in molti sono alla ricerca di una nuova casa. Studenti fuori sede, lavoratori a tempo determinato, stagisti ultime ruote del carro e fuggitivi di casa senza arte nè parte. Partiamo tutti alla disperata ricerca di una stanza, una doppia, una singola, un bilocale in condivisione, cercando da Facebook alle Pagine Gialle dei coinquilini. Speriamo in cuor nostro che ad aprirci la porta di casa sia un roomate bello da morire. Uno che durante la nostra assenza ci ha stirato le camicie e ci ha preparato la cena, uno che esca dalla doccia solo con uno striminzito asciugamanino in vita come Dante in "Sex and the City". In fondo sono queste le gioie della convivenza: quel "vedo non vedo", quel "mi chiudo nella mia stanza a fare chissà cosa"...

Continua su Telereality

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"Il sangue e la rosa" nasce un nuovo genere quello del kolossal-patacca.

Il Sangue e i Medici, tra kolossal (?) e sitcom.

(Televisionando) “Avete mai partecipato a un’orgia?“: così si è chiusa la prima puntata de Il Sangue e la Rosa, miniserie definita kolossal con un super cast di attori, al debutto ieri su Canale 5, mentre Italia1 ironizzava sul Dr. House con Enzo Iacchetti in camice verdino alle prese con gare di sedie a rotelle e un’equipe di Medici Miei da ‘brivido’. E’ iniziata la fiction Mediaset, ma forse è il caso di fare ordine tra generi ed etichette della produzione fictional. Intanto Il Sangue e la Rosa vince la serata con 4.700.000 telespettatori e uno share del 22,9%.

Prima di affrontare nel merito Il Sangue e La Rosa, vediamo i risultati dell’Auditel: come detto Garko & co vincono la serata con uno scarto di 500.000 spettatori nei confronti di un evergreen di tutt’altro spessore, Pretty Woman, su RaiUno. Ottimo risultato per Medici Miei, che supera gli obiettivi di ascolto di Italia1 con uno share del 12% e un ascolto di 2.700.000 telespettatori.

Ma veniamo alle due fiction.
Due anni di prepararazione, tre registi, centinaia di comparse, costumi, cavalli, un cast che annovera Virna Lisi, Giancarlo Giannini, Ornella Muti, Alessandra Martines, Franco Castellano, Maurizio Mattioli, Brando Giorgi, oltre ai tre protagonisti Isabella Orsini, Gabriel Garko e Mirco Petrini: se tutto questo basta a fare un kolossal allora forse Il Sangue e la Rosa potrebbe rientrare nella categoria, nonostante la recitazione approssimativa, i dialoghi infarciti di un romanesco folk, la sceneggiatura inquietante, i personaggi (già visti) scolpiti con l’accetta, i primi piani insistiti sui begli occhi dei protagonisti. Non che ci aspettassimo molto di più, a dire il vero: la cifra realizzativa della Janus International è ben nota, anche se stavolta si è cimentata con il costume, e forse questa ‘novità’ ha ’stimolato’ una campagna promozionale da ‘evento televisivo dell’anno‘, così come del resto è stato definito nei promo di Canale 5.

In realtà Il Sangue e la Rosa si inserisce perfettamente nel filone del classico feuilleton ottocentesco. E’ vero che tutta la fiction deve molto al feuilleton, prodromo della narrativa popolare seriale, ma in questo caso si riscontra una precisa aderenza ai temi e alle storie classiche del genere. Scontro di classe, figli illegittimi di nobili orgini cresciuti da popolani, nonne desolate che partono alla ricerca della nipote perduta, matrimoni di comodo conclusi con omicidi ed eredità contese (memorabile la scena della Martines che soffoca il marito morente per paura che cambi il testamento a favore della figlia illegittima e poi si lascia andare ad un rapporto amoroso con l’amante ai piedi del defunto), il tutto condito da un triangolo poco credibile tra i tre protagonisti.
A qualcuno potrà sembrare un’eresia, ma a noi ha ricordato tanto il cartoon Georgie (ricordate?) figlia di nobili, ma consegnata a contadini, contesa dai due fratelli adottivi.

Come poi accade spesso nelle fiction di costume con eroine femminili si fa di tutto per ‘modernizzare’ la figura della protagonista, per facilitare l’immedisimazone con il pubblico. Ecco che l’Isabella Malvolti del 1835 diventa una sessantottina ante litteram: studentessa fuori sede (il padre, oste, fa tanti sacrifici per mantenerla agli studi in un collegio di suore a Roma (?)), convinta della partità tra uomini e donne, spegiudicata nelle relazioni con i maschi fin dalla tenera età, maliziosa al punto da servirsi delle sue gambe per sedare una rissa tra i suoi amici adolescenti (”siamo donne, oltre le gambe c’è di più!”).
Insomma, un melodrammone in costume che su di noi ha avuto un effetto a dir poco irritante, fin dalle prime battute, quando il precettore del nobile Giulio cerca di convincere il suo allievo dicendogli “Dovemo studia’ ir De Bello gallico!”.

Potremmo descrivere scena per scena tutta la puntata, ma non sarebbe certo corretto: in fin dei conti stiamo esprimendo un giudizio, per cui sarà meglio che vediate da voi la seconda, in onda martedì prossimo su Canale 5 alle 21.10.

Su Italia1, invece, andavano in onda i primi due episodi della sitcom Medici Miei. La coppia protagonista, Enzo Iacchetti e Giobbe Covatta, non delude, così come simpatici è il contorno di ‘caratteristi’ che completa la squadra della clinica Sanabel. Con un po’ di difficoltà abbiamo riconosciuto Silvano (Alessandro Sampaoli) di Camera Cafè, senza occhialoni e senza capello leccato, nell’anestesista Francesco, ma carino anche il dottore di colore dai capelli rasta milanesissimo e di cognome Brambilla (Bedlu Cerchiai), così come il chirurgo Impastato, dalla voce sottile e dai modi simil militari (Gianluca Impastato).
Carino soprattutto il secondo episodio, con l’impossibile intervento di riduzione del seno di Melita, guest star, e la fissa di Iacchetti che crede di essere House e mette a confronto il suo staff con quello di Gregory.

Ma anche qui la definizione di sitcom si attaglia poco al programma. La dominanza, inevitabile, delle gag e degli sketch rapidi tra Covatta e Iacchetti, l’inconsistenza delle tracce narrative, avrebbe forse reso consigliabile una formula alla Camera Café, tutta incentrata sulle singole gag e di durata raramente superiore ai 5 minuti, piuttosto che cercare di legarle ad una sorta di motivazione narrativa che dovrebbe reggere per 25′ e che comunque sfugge. Insomma situazioni e protagonisti sarebbero più adatti ad una fiction cosiddetta interstiziale che alla foruma sitcom, che mantiene, in ogni caso, una sua struttura narrativa e dei suoi schemi realizzativi.

Per carità, tra i due prodotti c’è un abisso: indovinate quello che ci è piaciuto di più e soprattutto diteci che ne pensate. E per forrtuna stasera va in onda la seconda e ultima puntata de O’ Professore.

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Radcliffe sogna di fare la drag queen.

Daniel Radcliffe on Details.

(River-blog) Daniel Radcliffe è sul numero di ottobre della rivista Details, in un’intervista in cui continua a volersi scrollare di dosso l’immagine dell’eterno pupo harrypotteriano. Nella foto di copertina mi sembra vagamente truccato intorno agli occhi. Il massimo è quando dichiara che professionalmente vorrebbe interpretare una drag queen: “Solo perché sarebbe una scusa per ricoprirmi di trucco”. Tanto per alimentare ancora di più il gossip secondo il quale sarebbe gay. Qui l’intervista completa.
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Gattinoni, il made in Italy nel mondo con i materiali di recupero.

Beautiful Recycle Garbage

(Panorama) Si chiama Beautiful Recycle Garbage, l’abito di Guglielmo Mariotto per Gattinoni che verrà esposto alla mostra Gothic: Dark Glamour, organizzata e curata dal direttore del FIT Fashion Institute of Technology di New York City dal quattro settembre 2008 al 21 febbraio 2009. L’abito, realizzato con materiali di riciclo, è uno dei pezzi forte della Maison Gattinoni che partecipa in qualità di ambasciatrice del Made in Italy alla mostra statunitense. Annunciata la partecipazione di tutto il gotha della moda internazionale, già presente all’esclusivo opening inaugurale di domani 4 settembre, in concomitanza con l’apertura del Fashion Week della Grande Mela. Grande l’interesse internazionale per la singolare mise in esposizione. L’eleganza della Maison Gattinoni sarà protagonista anche in Grecia, ospite della manifestazione “Cinquant’anni di moda italiana” tutta dedicata allo stile made in Italy. Palcoscenico Salonicco, in occasione della “Expò Salonicco” che si apre l’otto settembre. Lo stesso giorno, al Palais des Sport si inaugura la mostra il cui fine è raccontare la storia dei protagonisti del made in Italy attraverso una singolare esposizione di capi storici. In questo contesto, per la prima volta nella città greca, sarà possibile ammirare anche il leggendario abito indossato da Audrey Hepburn nel film del 1956 Guerra e pace. La Maison Gattinoni realizzò per la pellicola diretta da King Vidor tutti i costumi di scena e conquistò una nomination all’Oscar, sfiorando la conquista della statuetta. In passerella, a Salonicco, anche la collezione Gattinoni haute couture per l’autunno inverno 2008-2009. L’ultima sorpresa sarà l’abito “Omaggio alla Grecia”, con morbidi drappeggi e plissé su candidi chiffon. La mise vuole rappresentare il proprio omaggio alla cultura ellenica da parte della Maison Gattinoni fondata da Fernanda Gattinoni nel 1946.

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Bologna. Cambia sesso, da vigile a vigilessa. "I miei colleghi mi hanno accettato".

La storia L'esperienza di un bolognese di 31 anni operato al Sant'Orsola.

(Benedetta Boldrin - Il Corriere della Sera, edizione di Bologna) «A Bologna si sta meglio che in altre città: se ti spieghi la gente può capire». Stefano ha 31 anni e fa il vigile in un comune del bolognese. Ma fino a cinque anni fa si chiamava Katia. Aveva 21 anni quando ha chiamato il consultorio del Mit per la prima volta e 25 quando è stato operato al Sant'Orsola, diventando uomo. Con una storia travagliata alle spalle, e una psicanalisi ancora da seguire, dice di essere «riuscito a farsi accettare dai colleghi». E, superate le difficoltà con i genitori, ora vive vicino a loro. Con due cani, che gli servono «per sublimare il fatto di non avere figli».

Quando ha capito che non si sentiva una donna?
«Già a due anni, ricordo che quando giocavo con un'amica lei faceva la principessa e io il cavaliere. Poi mi hanno spiegato che ero una femmina e la sera mi addormentavo sperando di svegliarmi maschio».

Poi, l'adolescenza.
«Stavo male. Non sapevo bene chi fossero i trans, pensai di essere lesbica e a 18 anni lo dissi ai miei. La presero malissimo. Mi allontanai da loro».

Come decise, invece, la strada del cambio di sesso?
«Incontrai un ragazzo di cui mi innamorai: era una donna ma diceva di sentirsi un uomo. Mi resi conto che volevo essere come lui. Un giorno decisi di tagliare i capelli e mettermi solo jeans e maglie larghe».

Cominciava a sentirsi meglio?
«No, perché nessuno mi riconosceva come maschio. La prima volta che una persona si rivolse a me al maschile, fui felice per tre giorni: capii che andavo nella direzione giusta».

E decise di chiamare il Mit.
«Anche quello fu un momento di forte crisi: avevo faticato per accettarmi come lesbica, ora la mia vita prendeva un'altra piega. Il mio compagno mi lasciò, perché voleva stare con una donna. Dopo un po', dissi a casa e al lavoro della mia svolta».
Il suo cambiamento è stato accettato?
«I miei mi hanno ripreso in casa, anche se c'è voluto del tempo perché si rivolgessero a me al maschile».

E i suoi colleghi?
«Nel complesso mi sento accettato. Ho parlato con tutti, mi hanno fatto le domande più assurde. Ho venduto la mia privacy pur di aiutare gli altri a capirmi».

Poi, l'operazione.
«Mi hanno asportato utero, ovaie e seno. Non ho fatto la ricostruzione. Quasi nessuno la fa, anche perché questa chirurgia non dà ancora risultati ottimali».

Si è mai sentito discriminato?
«No. Ma credo dipenda molto da come ci si pone. Io ho parlato tanto con chi mi stava attorno. Manca la cultura, in genere, di cos'è un trans, ma a Bologna si sta meglio che altrove».

In che senso?
«Qui se ti spieghi la gente può capire».

Ha mai pensato di aver sbagliato tutto?
«Ogni tanto. Ma se sai chi sei, puoi anche metterti in discussione».

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Interviste a Fabrizio Caiazza, il vigile gay di Milano. Ma qualcuno bara, indovinate chi?

Nel giro di un ora sono apparse in rete due interviste diverse e con dichiarazioni diverse (Tuttouomini e Gay.it) rilasciate, a detta degli autori, da Fabrizio Caiazza -il vigile-reginetta di bellezza di Milano- in merito all'articolo pubblicato dal Corriere. C'è qualcosa che non quadra perchè in una dice delle cose e nell'altra il loro contrario. In cerca di fama e quindi confusionario oppure i soliti giornalisti o presunto tali che distorgono e peggio ancora mistificano.
Comunque è chiaro, lampante che uno dei due siti bara, indovinate chi, è talmente facile... e comunque che sia una notizia-patacca è evidente.

Leggi anche
Il caso del vigile Caiazza su Clubbing: Troppi omissis e poche verità.

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La Repubblica e i gay. Meno male che c'è Augias.

(Redazione) Con Repubblica ormai ci abbiamo messo una pietra sopra. Anche oggi di notizie Lgbt ce ne sono, e parecchie. E' ancora calda la notizia delle forze dell'ordine e dei militari gay (vedi l'intervista de Il Piccolo), c'è il vigile milanese gay mister bellezza sulla via della sospensione, ci sono i gay repubblicani che, al contrario di ciò che han fatto con Bush, sosterranno alla Presidenza Usa John Mccain, insomma di materiale ce ne, in compenso non c'è Repubblica ma meno male che c'è Corrado Augias. Eppure è la stessa Repubblica che in modo molto rindondante annunciava che al gaypride di Bologna c'erano in corteo almeno 200mila partecipanti mentre, a malapena si riuscivano a superare le 25mila presenza. Nei fatti il pride nazionale con meno presenze, un mezzo flop dell'attuale dirigenza dell'Arcigay, organizzatore dell'evento ed i cui due maggiori dirigenti, cioè Toto-Mancuso e Peppino-Gottardi, sono andati a prendere un caffè da Ezio Mauro. Bhe, grazie Totò e Peppino, ci avete fatto un bel servizio...

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"SE ANCORA PENSIAMO CHE I GAY SIANO MALATI"
Lettera a Repubblica.

Caro Augias, ho 19 anni, giorni fa ho passato una tipica serata tra amici, le solite chiacchiere fino a quando non si arriva all'argomento clou: le nozze "del gay". Anche se permissività e tolleranza sono le parole d'ordine della nostra generazione, ho dovuto constatare che si considera ancora un omosessuale alla stregua di un malato mentale che non ha più diritto di aggregazione, di socializzazione e soprattutto di rispetto delle sue scelte. Sentire frasi come «io tollero i gay? Però devono camminare almeno a 10 metri di distanza da me», fa rabbrividire. La scusa più frequente di chi vuol mascherare sotto una pseudo tolleranza ciò che in realtà è disprezzo sono i bambini. Perché, si dice, turbare la loro innocenza mostrando uomini e donne che scelgono di vivere e amare persone dello stesso sesso? Certo, meglio che i nostri innocenti bambini guardino scene di nudo esplicito e violenza gratuita in tv. Altro tema cruciale è stata l'eventualità, per le coppie omosessuali di crescere figli avuti da precedenti relazioni. «Cosa potrebbe mai insegnare di buono a suo figlio un genitore gay?» , ho sentito dire da un ventenne. Oppure «se mio figlio fosse gay lo chiuderei in una stanza senza cibo». La cosa peggiore che possa accadere giudicare una persona solo guardando con chi va a letto. E' questa la gente che crescerà le nuove generazioni?

Michela Casamassima casamassimamichela@virgilio.it

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Non so quanti lettori di Repubblica sarebbero d'accordo con i giudizi così primitivi dei ragazzi incontrati da Michela Casamassima. Se devo giudicare dai sondaggi disponibili sull'argomento penso che non siano la maggioranza, anche se coprono sicuramente una discreta percentuale dell'opinione. Dunque ci saranno dei bambini che verranno educati al disprezzo per gli omosessuali a costo di dover ricorrere al 'pane e acqua' minacciato dall'incosciente giovanotto di cui parla la lettera. Succede perché siamo un paese con ampie sacche di arretratezza non solo in campo industriale ma direi soprattutto civile, con esempi pessimi che discendono dall'alto, addirittura con uomini di governo penosamente ridicoli davanti all'Europa quando, ignari del mondo, manifestano la loro riprovazione per gli omosessuali. Mi ha scritto Cristina Cusumano (c. cusi@tele2. it): « Ho rivisto, dopo tanto tempo, Francesco e Giuseppe, una delle coppie più stabili che conosca. Vivono insieme a Milano. Hanno entrambi un lavoro di grande gratificazione emozionale. Da poco tempo hanno comprato casa insieme, a sancire un'unione che dal punto di vista formale è impossibile in Italia. Beviamo qualcosa, Giuseppe, all'improvviso, mi dice di aver fatto testamento. Naturalmente a favore di Francesco. Rimaniamo in silenzio per qualche secondo. Penso che serva un raggiro legale «per avere diritti basilari ed ormai acquisiti nella stragrande maggioranza dei paesi». Si tratta di problemi che sarebbe semplice avviare a soluzione, quanto meno sul piano legale, se non facessero da ostacolo preconcetti elevati a dottrina.

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California, anche i detenuti gay potranno sposarsi.

Il portavoce del dipartimento statunitense che si occupa della carceri ha annunciato che i detenuti gay nelle prigioni della California potranno sposare i loro compagni. "Non ci saranno richieste basate sull’identità sessuale, esattamente come accade fuori dalle mura delle prigioni" ha aggiunto. Lo scorso anno, gli istituti di pena della California avevano già data la possibilità per i detenuti gay di incontrare in prigione i propri conviventi.

In California, dopo una storica sentenza della Corte Suprema, sono stati legalizzati i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

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Nicola Cicchitti da Trieste, il finanziere che guida il coming-out dei poliziotti gay.

Il nostro timore non è quello di una ritorsione violenta ma di una discriminazione strisciante. Ci preoccupa il machismo quotidiano che chi è in divisa è costretto a vivere.

(Maddalena Rebecca - Il Piccolo) Lui il «coming out» l’ha fatto tanto tempo fa. E ora si batte perchè anche gli altri poliziotti, fiamme gialle, carabinieri e militari omosessuali d’Italia trovino il coraggio per uscire allo scoperto e abbandonare la clandestinità.

Nicola Cicchitti, finanziere trentenne in servizio da dieci anni a Trieste, ha fatto della lotta ai pregiudizi radicati nelle caserme e nelle questure del Paese una vera e propria missione. La porta avanti da presidente di «Polis aperta», l’associazione che sta per organizzare a Bologna il primo meeting nazionale di gay e lesbiche in divisa.

Un evento a cui Cicchitti, originario della Calabria ma ormai triestino d’adozione, laureato in economia aziendale e molto attivo nel mondo del volontariato, lavora da mesi. L’idea, maturata anche grazie ai suoi contatti con i rappresentanti delle altre 14 associazioni europee di gay con le stellette, è quella di riuscire a portare a fine settembre nel capoluogo romagnolo decine di uomini e donne appartenenti a forze dell’ordine ed esercito.

Omosessuali di ogni età e provenienza, accomunati dalla volontà di cambiare le cose e decisi quindi a partecipare alla stesura del nuovo statuto dell’associazione e a definire un programma di iniziative che aiutino a superare lo «stato medievale in cui versa il sistema dei regolamenti interni alle forze di polizia relativamente all’orientamento sessuale».

«Per molti di noi - spiega Nicola Cicchitti - il timore non è quello di una ritorsione violenta, quanto della discriminazione strisciante. A preoccupare è il disagio per il machismo quotidiano che chi è in divisa è costretto a vivere. Un disagio fatto di battute e linguaggi, lo stesso che le donne entrate nell’Esercito e in Polizia hanno contribuito a cambiare, senza tuttavia riuscire a cancellarlo».

Di qui l’appello lanciato dal presidente di «Polis aperta» ad unire le forze per reagire e cambiare una mentalità oscurantista ancora dura a morire. La stessa, ammettono alcuni dei 200 soci dell’associazione, che si traduce spesso in provvedimenti quanto meno sospetti, come cambi di mansioni e trasferimenti coatti.

Ed è proprio per evitare questo tipo di rischi che la stragrande maggioranza dei gay in divisa, a Trieste come a Palermo, rinuncia a manifestare liberamente il proprio orientamento, posticipando il momento dell’«outing» in reparto. «Non puoi mai sapere come reagiranno i tuoi superiori - scrive un poliziotto nel blog della comunità degli omosessuali con le stellette -. Ed è comunque sempre difficile dimostrare che un trasferimento punitivo è arrivato perchè si è scoperto che sei gay e non per ”esigenze di servizio” come dicono le motivazioni ufficiali».

L’impegno di Nicola Cicchitti, comunque, non è rivolto solo alla dimensione nazionale.
Il giovane finanziere, infatti, è attivo da tempo anche nel tessuto cittadino.
Vicepresidente del circolo Arcigay-Arcilesbica di Trieste è inoltre componente della direzione provinciale del Partito democratico e ha fatto parte della Costituente regionale dello stesso Pd. Di recente ha poi partecipato alla raccolta di firme a favore dei diritti civili e di cittadinanza a favore di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali.

La sua, insomma, è un’attività intensa e instancabile che, probabilmente, ha dovuto anche fare i conti con qualche ostilità e più di qualche mugugno.

Chissà se può aver dato a fastidio a qualcuno anche il blog che il finanziere Cicchitti aveva aperto lo scorso luglio con l’idea, si legge nel messaggio inaugurale di «creare uno spazio aperto, dove poter comunicare un mio pensiero, una mia idea, il mio modo di vedere le cose!». Inutile, infatti, tentare di aprire l’archivio del blog per leggere tutti i commenti inseriti dal finanziere trentenne nelle settimane scorse. L’operazione è resa vana dalla comparsa di un’eloquente scritta blu: «spiacenti, il blog all'indirizzo nicolacicchitti.blogspot.com è stato rimosso».

Impossibile chiederne ragione al diretto interessato. «Nico», come si firma nel blog, è partito qualche giorno fa per le vacanze. Vacanze vere, spiega nell’ultimo messaggio leggibile, vale a dire lontane da cellulari e computer, e caretterizzate solo da buone letture e ottime compagnie.

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Telefono Arcobaleno: la pedofilia on line cresce del 40 per cento.

(Panorama) Oltre 30 mila siti internet a contenuto pedo-pornografico denunciati da Telefono Arcobaleno nei primi otto mesi del 2008, con un incremento del 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007, che già presentava un dato record. L’organizzazione ha segnalato 3.790 siti al mese, 875 siti alla settimana, 125 siti al giorno. Con punte che hanno sfiorato i 5 mila siti in un mese e superato i 300 in un giorno. “Solo nel mese di agosto, abbiamo presentato 4.125 denunce in tutto il mondo - dichiara Giovanni Arena, presidente di Telefono Arcobaleno - Al di sotto della prima posizione, nella quale si conferma ancora una volta la Germania, si colloca la Cina, vera e propria novità nello scenario della pedofilia su internet, segno che la massiccia presenza internazionale in occasione dello svolgimento dei Giochi olimpici ha imposto l’apertura delle maglie della censura della rete internet”. Il report di Telefono Arcobaleno riguarda esclusivamente i siti con espliciti contenuti e materiali pedofili e pedo-pornografici che sono segnalati a Interpol e polizie nazionali, secondo le rispettive competenze, e sono resi immediatamente disponibili all’Autorità giudiziaria italiana e al Nucleo investigativo telematico, che ha accesso al database delle segnalazioni di Telefono Arcobaleno. Il rapporto può essere consultato e scaricato dal sito internet dell’associazione che da dodici anni in prima linea nel contrasto internazionale della pedofilia informatica.

Secondo un sondaggio di Eurobarometro, invece, nell’età compresa tra i 12 e i 15 anni, il 74 per cento utilizza giornalmente internet per almeno tre ore e praticamente tutti i bambini intervistati hanno risposto di essere stati esposti accidentalmente ad immagini pornografiche. Lo sfruttamento sessuale dei bambini on line ha un valore stimato di oltre 4 miliardi di dollari l’anno e la pedopornografia è un fenomeno prevalentemente europeo, il 61 per cento dei clienti e dei consumatori della pedofilia in rete proviene infatti dal Vecchio continente. Lo scorso luglio il Parlamento europeo ha presentato il nuovo programma comunitario “Safer internet”, per il periodo 2009-2013, di cui relatrice è la parlamentare italiana Roberta Angelilli, con l’obiettivo di promuovere un uso più sicuro di internet e delle altre tecnologie della comunicazione, in particolare a favore dei minori. Sono previsti 55 milioni di euro, 10 milioni in più rispetto all’edizione precedente, che serviranno per la creazione di un database europeo per la raccolta di immagini pedopornografiche, a disposizione delle forze di polizia ed operatori interessati; per la diffusione di software per le investigazioni di polizia, che supportino le operazioni di ritrovamento del minore sfruttato; per l’individuazione dei sistemi di tracciabilità dei movimenti finanziari legati allo scambio di queste immagini; per la diffusione di un marchio comune “children friendly”, attribuibile a siti considerati “sicuri” per i minori e per le famiglie.

In Italia, l’età media stimata dei bambini sfruttati passa dai 10 anni del 2003 ai 7 anni del 2007, con punte di età talora molto più basse. La fascia di età dei bambini maggiormente coinvolti va dai 7 ai 14 anni, ma è in aumento l’offerta pedopornografica con immagini di bimbi anche molto piccoli. I dati della Polizia postale italiana, aggiornati al giugno 2008, annunciano l’arresto di 205 persone e la denuncia di altri 4.007 individui, nel quadro di operazioni per la lotta alla pedopornografia on line. Inoltre la polizia ha fornito ai provider una lista nera di siti che, ad oggi, contiene 163 indirizzi. In Italia sono stati rilevati ed oscurati 177 siti pedopornografici, e altri 11 mila, la cui origine era di altra nazionalità, sono stati segnalati ai rispettivi organi di polizia all’estero. Le regioni più a rischio pedofilia sono quelle del nord con in testa la Lombardia (121 decreti di perquisizione nel 2007). Crescono, inoltre, secondo la Angelilli, i fenomeni di “grooming” e “cyberbullismo“. Secondo l’articolo 23 della convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei bambini contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali, si definisce grooming la manipolazione psicologica per scopi sessuali. In questo processo, ancora scarsamente studiato in Italia, colui che abusa, cura (”grooms”) la vittima, inducendo gradualmente il bambino a superare le resistenze attraverso tecniche di manipolazione psicologica. Il termine cyberbullying (bullismo in rete) è stato coniato dall’educatore canadese Bill Belsey e si distingue dalla cybermolestia, che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne. In Europa, studi recenti indicano che mediamente il 15 per cento degli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni sono stati già vittime di prepotenze on line, attraverso intimidazioni, minacce, maltrattamenti e sopraffazioni tra minori, anche utilizzando messaggi e foto via web, sms, mms o video su social network come You Tube.

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Londra, tory ostile agli omosessuali lascia la moglie e per un uomo.

Greg Barker ha infatti votato contro le adozioni per i single e ha votato a favore della "section 28".

(Il Giornale) Si è innamorato dell'arredatore venuto a riammodernargli casa, e non ci ha pensato due volte: ha lasciato la moglie, dopo 14 anni di matrimonio, ed è scappato col suo nuovo amore.

Peccato che il fuggitivo del caso sia il conservatore britannico Greg Barker, colonna dell'ala più radicale dei tories inglesi.

Barker ha infatti votato contro le adozioni per i single e ha votato a favore della «section 28», la legge che proibisce di parlare di omosessualità nelle scuole.

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Gruppo gay repubblicani dà proprio appoggio a McCain.

Nel 2004 rifiutò di sostenere George W. Bush.

(Apcom) Log Cabin Republicans, una delle più importanti organizzazioni omosessuali repubblicane, ha dato il proprio sostegno al senatore dell'Arizona John McCain, candidato alla Casa Bianca. L'annuncio, arrivato mentre a St. Paul si tiene la convention che darà al veterano del Vietnam l'investitura ufficiale, assume valore soprattutto alla luce del fatto che, quattro anni fa, l'organizzazione si rifiutò di appoggiare il presidente George W. Bush, in corsa per la rielezione.

McCain, cane sciolto del partito repubblicano, piace di più dell'attuale inquilino della Casa Bianca, perchè "è un repubblicano che si concentra sui principi unificanti del partito e va incontro agli elettori indipendenti", come ha sottolineato il presidente di Log Cabin Republicans Patrick Sammon (nella foto), convinto dal fatto che il senatore dell'Arizona "quando si è votato sull'emendamento relativo alla legge sul matrimonio è stato dalla nostra parte".

L'emendamento in questione (Federal Marriage Amendment), che non ottenne la maggioranza necessaria, avrebbe definito costituzionalmente il matrimonio come l'unione tra un uomo e una donna. McCain si oppose all'emendamento, contrariamente a quanto fecero i repubblicani e Bush. "McCain ha mostrato la volontà di instaurare e incoraggiare un dialogo con Log Cabin, prendendo in considerazione tutti i lati della questione e sappiamo che continuerà a farlo da presidente", ha detto Sammon.

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Alla gara gay in divisa, vigile nei guai. Vince un concorso di bellezza negli Usa. Ora rischia la sospensione.

Il comandante: doveva chiedere il permesso per indossare l'uniforme.

(Michele Focarete - Il Corriere della Sera) È il vigile gay più sexy del mondo. Ha sbaragliato più di 46 mila concorrenti arrivati a New York da 162 nazioni. È stato incoronato come il «più bello in uniforme». Adesso, però, rischia un provvedimento disciplinare.

Al suo rientro dagli States il comandante della polizia locale di Milano, Emiliano Bezzon, lo ha convocato dicendogli: «Lei avrebbe dovuto chiedere il permesso per indossare la divisa. Deciderà la commissione disciplinare del Comune». Protagonista della vicenda, Fabrizio Caiazza, 33 anni, napoletano di origine, milanese d'adozione, un fisico palestrato per un 1,80 di altezza. Le sue foto, che si possono trovare su Internet. L'avventura del «ghisa», in forza al nucleo radiomobile come motociclista da oltre sette anni, inizia lo scorso maggio quando, per la prima volta, decide di iscriversi al concorso per soli uomini. E vola in terra americana, nella Grande Mela. Il tramite è il sito internet www.gaydar.it che consente ai poliziotti a stelle e strisce e a colleghi come Fabrizio di mettersi in mostra. Il vigile di Milano sbaraglia tutti. Vince e si guadagna lo scettro del più fascinoso, un contratto come modello per Gaydar e un premio di 15 mila euro. Soldi che gli serviranno «per finanziarmi gli studi universitari». «Sono molto contento — aveva dichiarato Fabrizio subito dopo la premiazione — che un italiano abbia vinto. Ho tenuto alta la reputazione degli uomini italiani in tutto il mondo. Il fascino poi della divisa, credo abbia influito non poco sull'esito finale».

Ma è proprio a causa della divisa che adesso il vigile meneghino rischia un provvedimento disciplinare. Il regolamento, infatti, «impone agli agenti di comportarsi in modo dignitoso e decoroso anche fuori dal servizio...». «E fuori dal servizio — è il commento di molti suoi colleghi — avrebbe dovuto sfilare per conto suo, a suo nome e non usando la divisa, senza tra l'altro chiedere il permesso al comandante che rappresenta il corpo dei vigili urbani di Milano». Insomma c'è malcontento tra i 300 agenti che compongono il reparto. Qualcuno addirittura parla di «utilizzo improprio della divisa, in modo mercenario». «Ognuno è libero di avere le tendenze sessuali che più gli aggradano — spiega una vigilessa che conosce bene Fabrizio — ma quando si è un pubblico ufficiale non si può andare a un concorso per gay con addosso la divisa. È un modo per screditare l'intero corpo». Fabrizio Caiazza, una volta spenti i riflettori della kermesse e passata la sbornia della vittoria, era tornato a Milano e aveva esternato la propria gioia a colleghi e amici. Aveva anche continuato a correre sulla sua moto in giro per la città per far rispettare il codice della strada. Preparato e rigoroso come sempre. Senza fare sconti a nessuno. Fino all'altro giorno. Quando, accompagnato da un delegato sindacale, si è dovuto presentare davanti al suo capo per dare spiegazioni. Per giustificare il suo comportamento nella notte gay americana.

Il sindacalista ha parlato di «buona fede». «È la prima volta che ha partecipato a un concorso di questo tipo. Lo ha fatto quasi per gioco», ha spiegato al comandante. A questo punto la patata bollente è stata girata al Comune: finirà sul tavolo di chi si occupa di sanzioni disciplinari per i propri dipendenti. L'episodio rischia di mettere in imbarazzo il vicesindaco Riccardo De Corato, assessore anche alla sicurezza. Da lui, infatti, dipendono gli agenti di polizia locale. Fabrizio Caiazza non rischia il licenziamento, ma potrebbero sospenderlo dal servizio anche per sei mesi con relativa riduzione della metà dello stipendio. La brutta notizia per lui arriva proprio nel giorno in cui si è deciso che il 26 settembre si terrà il primo meeting dei poliziotti gay a Bologna, nel quale si decideranno statuto e iniziative. Per fare uscire i gay in uniforme dalla clandestinità.
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